Amsicora
Stando agli ultimi sondaggi, Monti accresce il proprio consenso. Merito anche delle promesse liberalizzazioni, ormai intese dalla gente comune come il meccanismo magico che farà fare economie alle famiglie, nella realtà falcidiate da aumenti e dalla dilagante disoccupazione. Pesa in questa vicenda l’idea che le professioni siano tante caste, decise e non perdere i loro privilegi. Ma è proprio così? I professionisti vivono tutti nella ricchezza e nell’agio? Hanno tutti vita facile? O si tratta di una rappresentazione di maniera e di comodo? In realtà, siamo in presenza di semplificazioni che colgono solo una parte di verità, mentre si omette di considerare le migliaia di professionisti, sopratutto giovani, che vivono ai limiti della povertà, con gravi difficoltà d’inserimento.
Per gli avvocati, ad esempio, c’è il problema di accrescere la concorrenza quando esistono a Cagliari un numero di cassazionisti superiore a quello dell’intera Francia? O ancora, se si considera che in Sardegna c’è un avvocato ogni 300 persone? Un legale per ogni 10-15 famiglie. E che fare di più per favorire l’accesso se l’esame di idoneità sforna migliaia di nuovi avvocati ogni anno?
Si pensa d’introdurre l’obbligo di compenso dopo sei mesi dall’inizio del praticantato. Può andar bene per i grandi studi, ma per i piccoli professionisti che tirano a campare? Questa misura scoraggerà l’apertura ai neolaureati degli studi che non possono sopportare ulteriori oneri oltre agli affitti e alle tante tasse e contributi dovuti nell’esercizio dell’attività.
E l’abolizione degli ordini? Migliorerà la situazione? O creerà una giungla nella quale alla fine a perderci saranno i cittadini, privi di un riferimento in caso di difficoltà nei rapporti col professionista?
Come si vede, più che di caste si tratta di un mondo molto variegato, nel quale tutto è possibile fuorché agire con la scure. Forse per i giovani bisogna ripensare al percorso degli studi e dell’accesso alle professioni. Si potrebbe forse ridurre di un anno la scuola superiore, ridurre il corso universitario, ormai artificiosamente gonfiato: in leggi si può tornare al vecchio corso quadriennale. Si può tornare per gli avvocati anche alla pratica della durata di un anno in luogo degli attuali due anni. Si accorcia così di tre anni l’ingresso alla professione sul presupposto che s’impara lavorando e che, mentre si lavora, si può studiare anche partecipando alle tante iniziative di formazione organizzate dagli Ordini professionali, dalle università o da centri privati. In proposito si tenga conto che il web mette a disposizione di tutti una massa enorme di informazioni. Una biblioteca così grande non è mai esistita in passato e mai è stata così diffusamente e facilmente consultabile. Saper ricercare sul web fa sì ormai che un normale professionista abbia a disposizione le informazioni un tempo riservate solo ai grandi studi o ai docenti universitari. Eppure, paradossalmente, oggi si tengono i giovani parcheggiati per anni in un’attività di formazione che, facilitata dall’accesso alla documentazione online, ben si potrebbe svolgere al lavoro.
Come si vede, i problemi sono tanti e complessi. Varrebbe la pena parlarne al di fuori dei luoghi comuni. Per questo si terrà oggi una manifestazione nazionale che sta raccogliendo ampi consensi fra i prodessionisti sopratutto nelle grandi città. Due gli obiettivi: riunire a Roma e in tutte le sedi collegate via web il più alto numeri di professionisti e presentarsi così compatti di fronte ai rappresentanti della politica e delle istituzioni per dire agli italiani che i professionisti rendono un servizio al Paese. E’ auspicabile che l’iniziativa, in sé positiva, non abbia carattere corporativo, ma si apra ai problemi generali del Paese in crisi.
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