Andrea Pubusa
Il dibattito dei giorni scorsi in varie sedi e in questo blog ha confermato una verità: la tutela di Tuvixeddu per i democratici cagliaritani (e non solo) è un punto fermo ed irrinunciabile. Il Colle ha già subito tanti sfregi e violenze nel corso degli anni. Un intero quartiere è stato costruito sopra di esso, comprese le facoltà che, per essere custodi e veicoli della scienza e della cultura, insegnano (o dovrebbero insegnare) la sensibilità verso i beni culturali e ambientali, e le modalità di tutela. Lettere, Ingegneria, Giurisprudenza, Scienze Politiche ed Economia affondano le loro mura sopra tombe e cisterne. Questo forse è simbolicamente il segno più chiaro del tradimento verso la città da parte di amministrazioni ed istituzioni, deputate invece a tutelarla.
Ma l’anno scorso c’è stato un sussulto, uno scatto d’orgoglio e di dignità. Cagliari ha finalmente voltato pagina. E lo ha fatto con un sommovimento politico profondo, eleggendo un sindaco e un’amministrazione fuori dagli schemi, dalle segreterie e dalle previsioni. Una rottura verso tutte le amministrazioni, le camarille, i modi oscuri della politica degli affari. In questa scossa tellurica hanno giocato un peso specialmente i giovani. I bamboccioni e gli sfigati hanno voluto rompere con la monotonia de su connottu cagliaritano per cercare ed indicare una nuova strada. Noi democratici che abbiamo superato gli anni verdi, ma non ne abbiamo abbandonato gli ideali, abbiamo seguito questo fiume in piena, con spirito critico e scetticismo, ma dando una mano.
Ora questo sommovimento ha acceso aspettative e speranze. E la prima riguarda proprio Tuvixeddu. Abbiamo pensato che finalmente il colle avesse trovato la pace. Lo pensiamo e lo speriamo ancora. Non abbiamo motivo di credere che Zedda e Frau la pensino diversamente.
La seconda attesa, senza gradazione, riguarda il modo di far politica. Noi democratici non possiamo non pensare che le nostre amministrazioni debbano svolgere le funzioni con metodo democratico, e cioè mediante il coinvolgimento dei cittadini e dei movimenti e che la giunta Zedda debba promuoverlo in ogni campo. Non è soltanto questione di correttezza o trasparenza, è che una politica popolare non può che fondarsi sulla partecipazione. Il pensiero democratico non ha mai creduto in processi di cambiamento senza il protagonismo organizzato dei soggetti, dei ceti, delle classi subalterne. Anche chi ha pensato che a dirigere i processi debbano essere avanguardie molto determinate, non ha mai creduto che il cambiamento possa essere frutto solo della loro azione, senza un innervamento in vasti e radicati movimenti di massa.
Ecco perchè la vittoria di Zedda ha creato l’aspettativa che su Tuvixeddu (e sulle altre tante gravi emergenze cittadine) avremmo avuto non solo soluzioni positive nel merito, ma anzitutto e, proprio per questo, partecipate. E se nei giorni scorsi intellettuali autorevoli e associazioni benemerite hanno lanciato un grido d’allarme su Tuvixeddu è perché si avverte una debolezza nel coinvolgimento, una opacità nell’esercizio delle funzioni. In fondo, quando Vito Biolchini ha rilevato nel suo bel blog che la Giunta Zedda ha un deficit di comunicazione, dice la stessa cosa che Giorgio Todde e Maria Paola Morittu hanno detto chiedendo conto del senso e delle finalità della delibera su Tuvixeddu. E tutti insieme muoviamo dalla constatazione - che è la massima preoccupazione di chi scrive queste righe - di un deficit democratico nell’azione di questa giunta.
Si dirà, i soliti rompiglioni che cercano pretesti per finalità diverse. Gridare su Tuvixeddu con altri fini. Criticare la mancanza di comunicazione, idest di democrazia, per chissà quali trame politiche. I soliti casinisti di sinistra! No, amici/e miei, convinciamoci tutti che gridare su Tuvixeddu vuol dire volere la tutela del colle e lamentare le imperscrutabilità dell’amministrazione Zedda è volere trasparenza e partecipazione. Non solo, abituiamoci a pensare che chi fra noi critica non lo fa per ostilità, ma per amore, non perché vuole indebolire ma rafforzare una politica. Ha ragione Giorgio Todde, il suo allarme è una sollecitazione a Zedda. E le critiche di Vito Biolchini, quando investono uomini della nostra parte, sono frustate mirate alla salvezza loro e nostra, alla cura degli interessi generali. Personalmente sono convinto che se Soru, anziché seguire le indicazioni dei suoi consiglieri servili e non disinteressati, avesse ascoltato quelle dei suoi critici di sinistra, oggi sarebbe ancora in sella. L’intellettualità libera è sempre il toccasana, l’ingrediente immancabile dei processi di rinnovamento. Anzi, la sua valorizzazione è l’indice più sicuro della positività della situazione.
Ora Zedda è a un bivio. Da un lato la routine della politica autoreferenziale o, peggio, di segreterie e di gruppi, dall’altro una politica di governo e di lotta radicata nei movimenti. Sono chiare anche le conseguenze: la prima strada porta alla delusione, all’abbandono e alla sconfitta, la seconda ad un percorso più complicato, ma di sicuro successo politico. Massimo, sai che non ti ho mai lisciato il pelo, ma oggi, di fronte alle tante domande di tanti amici, ti consiglkio di dare risposte forti e chiare. Massimo, se ci sei batti un colpo. Con coraggio e subito.
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