Giudici e non solo: sotto tiro i soggetti indipendenti

4 Febbraio 2012
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Andrea Pubusa 

Quali sono gli umori del Palazzo? La camicia di forza del governo Monti e della Grande Coalizione coatta impediscono a ciascuno di dire la propria, ma gli umori profondi filtrano dai tanti incidenti di percorso. Prima erano le barzellette del cavaliere a disvelare al Paese le reali intenzioni sue e della maggioranza, nonché, ahinoi!, anche di settori della “opposizione”. Oggi sono le esternazioni dei ministri o dello stesso Monti. e poi ancora qualche voto estemporaneo in Parlamento.
Si passa così dagli universitari sfigati di Martone, all’abolizione del valore legale della laurea nelle Università di Stato di Giarda, alla monotonia del posto fisso di Monti, all’insistenza sull’abolizione dell’art. 18 ed ora al voto sulla responsabilità diretta dei magistrati.
Che mondo vien fuori da questi incidenti? Qual’è l’idea di società della nostra classe politica? Un mondo in cui tutti sono precari, perché la soppresione dell’art. 18 nient’altro significa se non che tutti i contratti di lavoro sono a tempo determinato, ossia in balia della volontà del padrone, come prima del 1966. Una società in cui la gerarchia sociale si disvela senza il temperamento dei diritti dei lavoratori, del rispetto della dignità delle persone. Una gerarchia che si estende perfino alla scuola finora uno degli strumenti di pari opportunità e di promozione sociale dei “capaci e meritevoli” di modeste condizioni economiche. Varranno solo le università private costose e ancor più i master esclusivi per ricchi. E nei confronti dei ricchi anche la Magistratura dovrà essere prudente e timorosa, a scanso di domande di risarcimento milionarie. Come già sta avvenendo nel mondo della carta stampata, libri e giornali, dove le parole di verità vengono soffocate con la minaccia di cause per danni. Insomma, una società in cui i potenti la fanno da padroni mettendo a tacere chi forma le nuove generazioni liberamente (la scuola pubblica), che critica i loro eccessi (la libera stampa), o punisce le loro malefatte e  contiene il loro strapotere (la magistratura indipendente).
La responsabilità per gli errori giudiziari dello Stato è sacrosanta, così come risponde a principi giuridici generali ed accettati che lo Stato si rivalga sui singoli magistrati che abbiano mal deciso con dolo o colpa grave. Ma l’azione diretta è un’altra cosa. E’ un’intimidazione personale e permanente, un intralcio grave alla libertà del giudice. E’ un avvertimento ai giudici ad usare rispetto nei confronti dei potenti. Un vulnus permanente al principio di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge. L’interpretazione delle norme e dei fatti non può che essere rimessa alla scienza e coscienza del giudice nel contraddittorio delle parti. Ma l’emendamento del leghista Pini votato l’altro giorno stabilisce che “costituisce dolo del giudice il carattere intenzionale della violazione del diritto”. Ma cosa si vuol dire con questa formulazione? Che è responsabile anche il giudice che dà un’interpretazione innovativa della legge? Ma non è così che l’ordinamento si è sempre adeguato alla realtà, pur senza mutamenti legislativi? Chi conosce le diverse discipline giuridiche sa che grandi svolte nell’ordinamento sono nate da sentenze storiche, che hanno ribaltato vecchie interpretazioni non più rispondenti ai tempi. Decisioni controcorrente che hanno creato nuovo diritto. Chi si sentirà di farlo sotto minaccia di essere poi trascinato in giudizio? La natura più intima del diritto sta proprio nel dinamismo che ad esso imprime la realtà sotto lo stimolo degli avvocati audaci e dei giudici colti e sensibili alla realtà che avanza. E’ così che si muove la frontiera della giurisprudenza adeguandola alla realtà sempre in movimento e al mutare del senso comune della comunità. In fondo, è lo sperimentalismo che auspichiamo in tutti i settori che il voto della Camera vuole ora imbrigliare proprio nel campo della giurisprudenza, con un emendamento frutto d’incultura e rozzezza prima che di imbecillità e fastidio per una funzione importante della Repubblica, che in generale non si è piegata al volere della politica e dei potenti. Lo stesso attacco in fondo alla scuola pubblica, all’Università di Stato, che forma le persone in libertà e nel pluralismo. Le esternazioni di uomini di governo di questi giorni e il voto sui magistrati alla Camera contro questi vaalori di civiltà sono rivolti. Come sono diretti a colpire l’indipendenza e libertà dei lavoratori gli attacchi all’art. 18. E’ bene esserne consapevoli per reagire insieme. con forza.

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