Severino: i mali della giustizia italiana… e i rimedi

19 Gennaio 2012
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Red

La Severino è comparsa tempo fa davanti al GIP di Cagliari nel processo Saatchi. Difendeva Soru, poi sostituita dal Prof. Grosso. Fu un passaggio fuggevole, ma ha fatto un’ottima impressione. E del resto non solo nel Foro, ma anche nell’ambiente accademico si dice un gran bene di lei. E sta dimostrando il suo valore anche al ministero della Giustizia. Così l’altra sera dicendo parole di verità nella sua Relazione al Parlamento sulla giustizia italiana. E sopratutto iniziando a proporre rimedi. Anni luce da Angelino Alfano e dai suoi predecessori del centro-destra, chiamati a fare il lavoro sporco pro Berlusconi.

Ecco i capitoli della analisi del Ministro.

Giustizia lenta. Troppi processi da smaltire, con tempi per arrivare a conclusione che vanno dagli oltre sette anni nel civile ai quasi cinque nel penale. Un quadro generale che “desta forti preoccupazioni sia in ordine all’enorme mole dell’arretrato da smaltire che, al 30 giugno del 2011, è pari a quasi 9 milioni di processi (5,5 milioni per il civile e 3,4 milioni per il penale), sia con riferimento ai tempi medi di definizione che nel civile sono pari a sette anni e tre mesi (2.645 giorni) e nel penale a quattro anni e nove mesi (1.753 giorni)”. Severino sottolinea che con oltre 2,8 milioni di nuove cause in ingresso in primo grado l’Italia è seconda soltanto alla Russia nella speciale classifica stilata nel rapporto internazionale Cepej. “Ebbene proprio questo fenomeno determina un ulteriore intasamento del sistema conseguente al numero progressivamente crescente di cause intraprese dai cittadini per ottenere un indennizzo conseguente alla ritardata giustizia” sintetizza il ministro.

Ingiusta detenzione. Per ingiusta detenzione ed errore giudiziario nel solo 2011 lo Stato “ha subito un esborso pari ad oltre 46 milioni di euro”. In media ogni anno, continua il ministro, si celebrano 2.369 procedimenti per ingiusta detenzione o errore giudiziario. Non meno rilevanti sono le conseguenze dell’eccessiva durata del processo penale: “I detenuti in attesa di giudizio rappresentano il 42% dell’intera popolazione carceraria”. “E se è vero che la libertà personale può e deve essere limitata per tutelare la collettività - aggiunge la Severino - è incontestabile che una dilatazione eccessiva della durata del processo pregiudica questo delicato equilibrio tra valori di rango costituzionale ed aumenta la sofferenza di chi è costretto ad attendere, da recluso, una sentenza che ne accerti le responsabilità. Con la possibilità, non del tutto remota, che alla carcerazione preventiva segua una sentenza assolutoria”.

Emergenza carceri. “Sento fortissima, insieme a tutto il governo, la necessità di agire in via prioritaria e senza tentennamenti per garantire un concreto miglioramento delle condizioni dei detenuti, ma anche degli agenti della polizia penitenziaria, che negli stessi luoghi ne condividono la realtà e, spesso, le sofferenze”, scandisce il Guardasigilli. Spiegando che, al di là dei dati numerici, (sono “66.897 i detenuti che, salvo poche virtuose eccezioni, soffrono modalità di custodia francamente inaccettabili per un Paese come l’Italia”), “siamo di fronte a un’emergenza che rischia di travolgere il senso stesso della nostra civiltà giuridica, poiché il detenuto è privato delle libertà soltanto per scontare la sua pena e non può essergli negata la sua dignità di persona umana”. Ciò premesso, il ministro non fa riferimento alcuno a provvedimenti di clemenza, tipo l’amnistia, chiesta dai radicali. Se non per ribadire quanto già affermato in più occasioni: “L’amnistia richiede maggioranze qualificate e richiede l’attivazione del Parlamento. E ho già detto che se il Parlamento dovesse raggiungere delle intese su questo il governo, e io stessa come ministro, non avrebbe nulla da obiettare in ossequio alla volonta parlamentare”.

Secondo la Banca d’Italia “l’inefficienza della giustizia civile italiana può essere misurata in termini economici come pari all’1% del Pil” e questo dato “non deve meravigliare. E’ chiaro che l’andamento dell’economia è influenzato anche dall’inefficienza della giustizia civile”. Ma Paola Severino è ben consapevole che le crisi contengono anche potenzialità di cambiamento, di riforma: “Per quanto possa apparire paradossale, proprio oggi, in presenza di una drammatica congiuntura economica internazionale, si presenta l’occasione, forse irripetibile, di riformare davvero il sistema giudiziario italiano”. E un segnale di speranza: “Gli interventi messi a punto dal governo Monti per migliorare la situazione del sistema giustizia non sono ancora riusciti a determinare una svolta positiva e strutturale nel sistema giudiziario italiano” ma “non mancano né i segnali positivi, né le potenzialità che consentono di prevedere un miglioramento concreto”.

Ecco in sintesi le direttrici d’intervento.

Spese burocrazia. L’Italia “non può più permettersi oltre 2.000 uffici giudiziari allocati in 3.000 edifici”. Troppe spese e troppa burocrazia. Secondo il ministro occorre quindi “ridurre le spese di gestione” e “razionalizzare l’utilizzo delle risorse umane esistenti, in progressivo decremento a causa del blocco delle assunzioni e del numero medio dei pensionamenti annuali, pari a circa 1.200 unità. Il decreto che taglia il numero dei tribunali e prevede l’accorpamento di 674 uffici, consentendo di recuperare 2.104 unità di personale amministrativo e di risparmiare, a regime, 28 milioni di euro l’anno”.

Domiciliari. L’innalzamento da 12 a 18 mesi della soglia della pena detentiva residua per l’accesso alla detenzione domiciliare porterà quasi a raddoppiare il numero dei detenuti che potranno essere ammessi alla detenzione domiciliare. Severino si sofferma sulle misure previste dal decreto legge per contrastare il sovraffollamento delle carceri e spiega che la norma sulla detenzione domiciliare consentirà di aggiungere “agli oltre 3.800 detenuti sino ad oggi effettivamente scarcerati, altri 3.327, con un risparmio di spesa pari a 375.318 euro ogni giorno”.

Carenza toghe. “Al momento risultano presenti in organico 8.834 magistrati togati, con una scopertura di 1.317 posti”, dice il Guardasigilli. Per rimediare alla situazione “risultano completate le procedure per la nomina di 325 magistrati ordinari” vincitori del concorso bandito nel 2009. Per altri 360 posti, sono in corso le correzioni delle prove scritte del concorso bandito nel 2010 e altri 370 posti sono stati banditi nello scorso settembre e le prove scritte sono previste per il prossimo maggio.

Giustizia civile. Per il secondo anno consecutivo va registrato “un decremento delle pendenze nel settore civile con un calo, al 30 giugno 2011, di oltre 170.000 processi rispetto” alla stessa data dell’anno precedente, “mentre non si è ancora riusciti ad intaccare in modo significativo la durata media dei processi”. aggiunge Severino. Certo, ammette il ministro, “è una goccia nel mare degli oltre 5,5 milioni di processi civili pendenti ma è la conferma di una inversione nel trend in costante ascesa degli ultimi anni”.

Ispezioni. L’Ispettorato generale del ministero della Giustizia, nel 2011, “ha eseguito 42 ispezioni ordinarie e 14 inchieste”. L’azione disciplinare, prosegue il ministro, è stata esercitata nei confronti di 46 magistrati per violazioni di vario tipo compreso il ritardo nel deposito delle motivazioni delle sentenze che “talvolta, hanno determinato inaccettabili scarcerazioni di pericolosi criminali per decorrenza dei termini massimi di custodia cautelare”. Sono state inoltre, 234, le “ispezioni ordinarie” disposte dall’Ispettorato generale presso gli uffici giudiziari di ogni ordine e grado.

Neanche un accenno al cavallo di battaglia di Berlusconi: lo scontro tra toghe e politica. Al termine Pdl, Pd e Terzo polo hanno presentato una mozione comune alla Camera dove si accolgono le dichiarazioni e si approvano.

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