Rosamaria Maggio - V. Pres. Naz. CIDI
Qualche giorno fa il Ministro Profumo in una intervista rilasciata al quotidiano” Il Mattino” dichiarava: “L’obiettivo è evitare che i ragazzi lascino la scuola in età precoce, un traguardo che si può raggiungere prolungando il percorso dell’obbligo scolastico con le qualifiche professionali. Questo consentirebbe di far entrare i ragazzi nel mondo del lavoro più maturi e più robusti, riducendo così anche l’abbandono scolastico”.
I giornali titolavano “Obbligo scolastico fino a 17 anni”.
Le dichiarazioni del Ministro di fiducia nella scuola pubblica, di rispetto e rivalutazione per il ruolo dei docenti, di inversione di tendenza, almeno nelle intenzioni, per un maggior investimento nella scuola, sono dolci melodie per le orecchie di chi per anni è stato bistrattato, offeso, umiliato e soprattutto delegittimato nel suo ruolo di insegnante ed educatore.
Siamo però consapevoli che l’idea di obbligo scolastico sia molto vaga, anche fra le “forze parlamentari costituzionali”, e la convinzione che in fondo ci siano ragazzi che non ce la fanno è piuttosto diffusa.
Qualche giorno fà, ad un incontro con 350 studenti di un liceo classico di Cagliari, un giovane di terza liceo chiedeva che senso avesse tenere a scuola ragazzi che non vogliono studiare.
Si parlava di sviluppo economico ed istruzione, di costi e benefici, dell’importanza di investire nella scuola ed anche del maggior rendimento in termini economici di un maggiore investimento nella istruzione. Ecco la risposta allo studente, nella speranza che il Ministro la condivida.
La nostra Costituzione prevede l’obbligo di istruzione per almeno 8 anni (art. 34) e dopo un primo tentativo di innalzamento effettuato dal Ministro Berlinguer e vanificato dal Ministro Moratti alla quale dobbiamo la perla dell’introduzione, con la legge 53/2003, del diritto-dovere all’istruzione, abbiamo dovuto attendere il Ministro Fioroni per l’introduzione dell’obbligo di istruzione fino a 16 anni (L.296/06), del Regolamento per l’adempimento dell’obblig, e dell’allegato documento tecnico, emanati contemporaneamente alla Raccomandazione del Parlamento e del Consglio Europeo circa l’acquisizione delle competenze chiave di cittadinanza (18.12.06).
Con il Ministro Gelmini in combutta col Ministro Sacconi, questa sofferta conquistata che ci allineava anche agli orientamenti europei, è stata nuovamente scippata con l’approvazione della legge di riforma dell’apprendistato che consente di iniziare a lavorare a 15 anni, assolvendo contemporaneamente all’obbligo scolastico (non si sa ancora come).
L’apprendistato in bottega è da questa legge considerato equivalente al percorso scolastico.
Dall’anno scolastico 2011/12 i ragazzi che avranno conseguito la licenza media si potrà stipulare un contratto di apprendistato , perché di un contratto di lavoro si tratta, e anziché iscriversi a scuola il lavoro come apprendista potrà essere considerato a tutti gli effetti utile per l’assolvimento dell’obbligo scolastico.
Se volessimo dare uno sguardo a ciò che succede in Europa con riferimento a paesi simili a noi per dimensioni di sviluppo economico o comunque a paesi con elevati risultati scolastici in quella fascia d’età (ad es.Finlandia ), vedremo che in Finlandia appunto l’obbligo scolastico è di 9 anni, copre l’intero livello di istruzione di base (7-16 anni) ed è organizzato a struttura unica che copre l’istruzione primaria e secondaria inferiore.
In Francia l’istruzione obbligatoria dura 10 anni, inizia a 6 e finisce a 16 anni e si conclude dopo il primo anno di liceo o istruzione tecnologica o professionale.
Nei Paesi Bassi inizia a 5 anni e si conclude a 17 anni coprendo i primi due anni di istruzione secondaria superiore.
Mediamente in Europa l’istruzione obbligatoria si conclude a 16 anni ed in nessun caso abbiamo equipollenza tra apprendistato e scuola.*
Le dichiarazioni del Ministro in verità ci preoccupano, perché, lungi dal rimuovere questa grave anomalia nel sistema dell’obbligo, propone nella sua idea di scuola fino a 17 anni di indirizzare i nostri studenti verso la formazione professionale regionale dalla fine della scuola media, operando una ulteriore equiparazione tra istruzione (ancorché professionale) e formazione professionale regionale.
E’ vero che l’art.117 della Costituzione, nella riforma del titolo V, prevede che la formazione professionale sia di competenza regionale, e che molte Regioni hanno legiferato in materia creando un sistema di formazione professionale virtuoso. In alcune leggi regionali viene delineato un buon sistema di formazione professionale per preparare i ragazzi e dotarli alla fine di un percorso triennale o quadriennale di qualifiche o di una specializzazione, ma la Costituzione nulla dice a proposito del momento in cui la Formazione professionale possa essere una delle opzioni utili al percorso di istruzione e/o formazione del ragazzo.
La soluzione verso la quale si starebbe orientando il Ministro quindi non è vietata dalla Costituzione.
Ma noi crediamo che le norme debbano essere considerate all’interno di un sistema complessivo sia nazionale che europeo e quindi non possiamo ignorare che le indicazioni europee vadano verso un innalzamento dell’obbligo a 18 anni, che la stessa Costituzione negli artt. 3 e 2 metta in evidenza che la Repubblica da un lato rimuove gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e dall’altro riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo quale è il diritto all’istruzione.
Contemporaneamente non possiamo sottovalutare la complessità di questo mondo globalizzato, che porta ciascuno di noi a dover aumentare le proprie competenze, a modificarle sempre di più, sempre che siamo in grado, perché dotati degli strumenti culturali necessari, di modificarle .
Un bravissimo insegnante della formazione professionale emiliano che ora non c’è più, diceva che oggigiorno anche per smontare una batteria un meccanico ha necessità di competenze informatiche. E parliamo di una formazione professionale di livello e tradizione come quella emiliana.
Ma non possiamo ignorare che il territorio nazionale soffre di grandi sperequazioni culturali, che diverse Regioni non si sono dotate di una legge regionale in materia (ad es. la Sardegna), che spesso quelle Regioni sono proprio quelle prive di un sistema di formazione professionale di livello (ad es. la Sardegna).
Da insegnante non ho nessun pregiudizio nei confronti della formazione professionale. Ho però l’idea di una formazione professionale alta, alla quale il ragazzo possa accedere dopo aver assolto all’obbligo di istruzione nella scuola, perché solo nella scuola si possono acquisire quelle competenze chiave oggi indispensabili per l’esercizio dei diritti di cittadinanza, per un apprendimento lungo tutto l’arco della vita.
* Fonte Eurybase -Banca dati Eurydice su obbligo scolastico in Europa
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