Recensione a cura di Andrea Pubusa
A cosa serve la verità? di Pascal Engel e Richard Rorty.
In tempi in cui molti ritengono di possedere la verità ecco un’interessante e agile lettura sul tema.
Che cos’è la verità? E qual è il valore che le si deve attribuire? Questi i quesiti a cui i due filosofi si pongono in questo libro. La disputa sul significato e sull’utilità della verità è al centro del dibattito filosofico contemporaneo, ma la rilevanza del tema è tale da attrarre anche l’interesse dell’opinione pubblica, che alla voce della filosofia può rivolgersi per riceverne stimoli e suggestioni. Da buon pragmatista, Rorty dubita che la nozione di verità possa essere di qualche utilità e mostra i pregiudizi celati dietro la verità sia nella sfera intellettuale sia in quella sociale. Engel preferisce una concezione realista, e difende il valore della verità come norma della credenza e della ricerca, nella scienza come nel dominio pubblico. Per Rorty è più pericoloso usare tale nozione che non sbarazzarsene. Per Engel l’importante è tener ferma l’idea che la verità è una rappresentazione accurata della realtà.
1 commento
1 Giacomo Meloni/CSS
24 Agosto 2008 - 19:50
Apparentemente sembrerebbe che questa mia riflessione sia fuori tema;ma a pensarci bene è un esempio di come le verità per ognuno di noi sono molto condizionate dal punto di vista e dal contestao in cui si assumono.
Riflessione-verità :
Tanto lusso per accogliere il Papa Benedetto XVI a Cagliari il 7 settembre prossimo sarà poi così condiviso da tutti i sardi e dai cristiani
in particolare ?
La verità sembrerebbe tutta per il SI.
I massmedia non danno spazio a queste riflessioni .Come sardo ci son rimasto molto male a leggere le motivazioni con cui la Giunta prima e poi il Consiglio Regionali hanno disposto l’erogazione di un milione di euro per l’accoglienza del papa. Questa visita di appena 10 ore costerà almeno tre milioni di euro alla comunità sarda e ciò è in palese contrasto con tutti i discorsi per ridurre la povertà dei 300 mila sardi che vivono con appena 400 euro al mese. Ma non voglio rischiare di essere confuso tra coloro che non vogliono accogliere degnamente il Papa, a cui, da cattolico, professo rispetto e stima.
Tutto ciò non mi esime da dissociarmi
da chi pensa di accogliere il Papa come un sovrano e non come egli stesso ama definirsi ” l’umile operaio nella vigna del Signore “. Se potessi parlare col papa, lo metterei al corrente della situazione di estrema difficoltà economica di ben 94 mila famiglie sarde che vivono con un reddito inferiore a 400 euro al mese, come recentemente hanno denunciato la Caritas Regionale ,la Pastorale del Lavoro, numerose Associazioni di Volontariato, le Segreterie Regionali di CGIL/CISL/UIL,le ACLI Reionali e la CSS. Mi offende l ‘ostentazione di richezza e lusso dell’Arcivescovo di Cagliari monsignor Mani, che pensa di fare cosa gradita al papa, offrendogli a nome dei sardi un calice tempestato di gemme del peso di un chilo e mezzo d’oro massiccio. È’ una vergogna !
Mi vien voglia di chiedere al maestro Nioi di Assemini di fare un calice artistico di ceramica e offrirlo al papa in modo che Benedetto XVI celebri la messa con quel calice e possa fare un gesto di umiltà e carità clamoroso, come fece Paolo VI in India donando la sua Tiara. Il Papa metta all’asta quel calice d’oro massiccio tempestato di gemme e disponga che il ricavato vada ai poveri della Sardegna. L’Arcivescovo Mani non può non sapere che a Furtei si estrae quell’oro”sardo,” distruggendo il territorio circostante con tecniche a base di arsenico pericolose per l’uomo e per l’ambiente. La stessa Regione aveva bloccato le concessioni per un lungo periodo, imponendo alla Ditta estrattrice l’obbligo di ripristino e risanamento dell’ambiente. Ma quel calice offende la sensibilità dei sardi perchè sanno che andrebbe sicuramente ad arricchire l’immenso tesoro del Museo Vaticano e non sarebbe ricordato come gesto di profondo amore e legame col Papa “servus servorum Dei “,
A proposito del lusso con cui si vuole accogliere il Papa a Cagliari. Mi viene in mente il brano del Vangelo in cui Gesù in persona dispone che per il suo ingresso solenne a Gerusalemme i discepoli prendano in prestito un’asina a cui porre sul dorso un mantello. Poi dirà agli Apostoli di prenotare un’ampia sala, il Cenacolo,dove preparare una tavola imbandita per l’ultima cena.Il popolo festeggiò con lodi e canti l’entrata in Gerusalemme del Cristo,agitando palme e ramoscelli d’ulivo e spargendo la via con petali di fiori come si usa fare da noi con sa ramadura. Tutto questo ” il lusso ” che si permise il Figlio di Dio. Mi hanno riferito che, invece, per il Papa, per un’ora che sosterà presso il Seminario Regionale per il pranzo con tutti i Vescovi della Sardegna, sono stati impegnati per settimane maestri giardinieri per preparare un giardino e una zona d’ombra degna di un papa. Tutto ciò mi scandalizza. Sono sicuro che lo stesso Benedetto XVI non avrebbe approvato questo spreco.
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