Caro Tore, nel PD la questione morale c’è

12 Gennaio 2012
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Andrea Pubusa

Monti ha mostrato come si fa. Malinconico  è coinvolto in una vicenda che evidenzia una condotta quantomeno poco corretta? Bene, deve farsi da parte perché l’esercizio di pubbliche funzioni richiede anzitutto rispettabilità. Non c’è bisogno dell’iscrizione nel libro degli indagati e neppure del rinvio a giudizio e tantomeno della condanna. Basta la violazione dell’etica pubblica.
Alla base delle dimissioni di Malinconico, c’è dunque una visione semplice e rigorosa della questione morale, quella idea trasfusa nell’art. 54 Cost., che richiede disciplina e onorabilità ai cittadini investiti di pubbliche funzioni. E in chi deve far rispettare la regola richiede rigore e serietà: quelli che ha mostrato Monti. Quelli che ancora una volta mostra di non avere Berlusconi nella vicenda Cosentino,
Ecco perché dissentiamo dall’opinione espressa qualche giorno fà su Satdegna24 da Tore Cherchi, che ci pare possa in qualche modo favorire nel PD un allentamento della guardia sulla questione morale in nome di un malinteso spirito di partito, che invece sulle questioni dell’etica pubblica deve  portare ad atteggiamenti fermi e bandire le indulgenze 

Ma in quale mondo vive Tore Cherchi? Non su questa terra e tantomeno in quest’Isola. L’altro giorno su Sardegna24 ha sostenuto che nel PD non esiste la questione morale. Ma Graziano Milia, di grazia, di che partito è? E Soru? E Spissu? Il primo presidente della Provincia costretto alle dimissioni da una condanna per abuso d’ufficio. Il secondo, ex presidente della Regione, ora (improbabile) capo dell’opposizione di centrosinistra indagato per evasione fiscale e ancora a giudizio per turbativa d’asta, Il terzo, ex presidente del Consigio regionale, a giudizio per una oscura vicenda privata di fondi europei. Abbiamo avuto in Sardegna il non invidiabile primato di avere il presidente della Giunta e del Consiglio regionale contemporaneeamente rinviati a giudizio per reati pesanti. Ed entrambi del PD.
Tore Cherchi con una leggerezza, che dovrebbe essergli estranea, porta a sostegno della sua tesi due argomenti. Il primo: il PD non è come il PdL. Ci mancherebbe! Nel PdL essere inquisiti o, meglio, condannati, è un titolo di merito, come lo era per gli antifascisti finire davanti al tribunale speciale per la difesa dello Stao e beccarsi un bel po’ d’anni di carcere. Alloira era la giustizia in camicia nera a condannare Gramsci, Spinelli, Terracini o Giovanni Lai. Ora sono le toghe rosse! Pur sempre di martiri della giustizia di parte si tratta! Ma nel PD si crede ancora - almeno nei documenti ufficiali - che la nostra nagistratura sia un ordine autonomo e indipendente e i giudici siano organi dotati di terzietà, privi d’interessi anche solo ideologici nei giudizi che trattano. Ed allora, certo, nel PD non fa ancora curriculum l’essere inquisiti o condannati, ma indagati ce n’è tanti e condannati qualcuno. Oltre ai summenzionati esponenri sardi, Pennati, ad esempio, che si è autospeso non è un dirigente secondario, anzi era molto vicino al segretario. E quel senatore pugliese, salvato dalla galera dal voto di soccorso del PdL?
La seconda argomentazione è ancor più stupefacente in bocca ad un dirigente della levatura di Tore Cherchi. Di questione morale - dice - si può parlare solo dopo la condanna definitiva. Ma, caro Tore, tu quoque, anche tu! L’onorabilità politica e quella penale seguono strade diverse. Si possono tenere condotte disonorevoli senza commettere reati. Bastano anche solo frequentazioni poco raccomandabili. Trescare o avere rapporti con Flavio Carboni è condotta onorevole? E’ conforme alla disciplina che deve  caratterizzare la condotta degli uomini delle istituzioni? Non c’è bisogno che Cappellacci venga condannato per dire che solge in modo disonorevole le sue funzioni. Lo dice il buon senso, l’elementare senso comune dell’etica pubblica. E lo dice anche l’art. 54, secondo comma, della Costituzione, che richiede dai cittadini che ricoprono pubblici uffici “disciplina ed onore”. Hai visto come ha fatto Monti con Malinconico?Questi principi valgono per tutti, anche per gli esponendti del PD.
Reciprocamente, l’aspetto penale non intacca l’onorabilità politica quando l’inquisizione e la condanna colpisce chi, per la libertà, non esita a prendere la via della lotta. Gramsci, Spinelli, Lussu, Giovanni Lai e tanti operai e intellettuali rimasti nell’ombra, condannati per reati di opinione o per la difesa dei diritti dei lavoratori. A Cagliari anche l’operaio comunista Nino Bruno, dipendente della “Chicca e Salvolini”, finì davanti al tribunale speciale, ma ho conosciuto poche persone semplici e lineari come lui.
E allora? Allora il PD non è certo il PdL, ma la questione morale lo investe. E’ il generale distacco dal mondo del lavoro, dalla rappresentanza diretta della povera gente e di quella che lavora, è l’autoreferenzialità. E’ il vedere il confllitto d’interessi altrui, ma non in casa propria. E’ il non pretendere  l’autospensione degli indagati o la loro sospensione da parte degli organi di partito. Questo produce il “rilassamento” dell’etica pubblica.
Già il secondo Berliguer vide il problema e non a caso pose la questione morale al centro di un programma di alternativa. Non un astratto moralismo. Perché Berlinguer univa alla questione morale quella operaia e del lavoro. Ricordate il forte discorso ai cancelli della Fiat occupata? E l’azione ferma in difesa della scala mobile? Ed ancora Berlinguer pose un terzo obiettivo: l’austerutà, il ritorno alla sobrietà, ossia a consumi e modi di viita controllati, a scelte rispettose dell’ambiente.
Lavoro, austerità, motalità pubblica. Ecco tre idee-forza per una battaglia d’alternativa. Ma la questione morale è la precondizione.
Ricordo che nello stesso PCI, dopo la sua morte, tanti ritennero Berlinguer, come l’ultimo dei moicani, una specie in via d’estinzione per l’incapacità di comprendere la moderniotà, l’esigenze del nuovo mondo. Eppure, la sua lezione parla all’oggi e al domani. L’averne anche una lontana percezione eviterebbe alla sinistra e al centrosinistra di scivolare pian piano verso acquiescenze, tolleranze e pratiche estranee alla sua storia, almeno a quella meno recente. Le darebbe un formidabile impulso nell’azione per cambiare il Paese. Ma i discorsi alla Tore Cherchi stendono un velo sulla questione morale. E nascondere i problemi, caro Tore, ne ostacola la soluzione.

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