Andrea Pubusa
“I cittadini cui sono affidate pubbliche funzioni hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore…” Non sono le parole d’un vecchio parruccone, è il dettato del secondo comma dell’art. 54 della Costituzione. A rifletterci bene, in quelle parole “dovere“, “disciplina ed onore” c’è molto di più della semplice nozione penalistica di innocenza. C’è una distinzione fra correttezza e moralità, da un lato, e illiceità delle condotte dei pubblici funzionari ed amministratori, dall’altro. Costoro non solo non devono avere commesso illeciti e riportato condanne, ma non devono neanche tenere condotte indisciplinate e disonorevoli, avere frequentazioni poco raccomandabili. Insomma, devono essere rispettabili, nel senso pieno ed etico della parola.
Ora, apprendiamo che la Procura della Repubblica di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio per il presidente della Regione, Ugo Cappellacci, con l’accusa di abuso d’ufficio in relazione alla nomina di Ignazio Farris all’Arpas, l’Agenzia regionale per l’Ambiente, nel filone d’inchiesta sul business dell’eolico in Sardegna. Non una leggerezza, dunque, come Cappellacci si era affrettato a dichiarare nel più banale (ma l’uomo è fatto così!) tentativo di autoassoluzione. I magistrati pensano, invece, ad una condotta dolosa, «su istigazione di Carboni», dell’attuale coordinatore nazionale del Pdl, Denis Verdini, e di Marcello Dell’Utri.
A differenza di molti (guardate i giornali sardi), noi siamo garantisti senza intermittenze, e fino a condanna definitiva applichiamo a tutti la presunzione di non colpevolezza. A Soru e a Cappellacci. Anzi auguriamo all’uno e all’altro di poter in giudizio dimostrare la loro piena innocenza. Tuttavia, come per Soru non sono onorevoli, al di là del codice penale, le vicende Saatchi e Andalas, così per Cappellacci non lo è l’essere invischiato nella palude delle raccomandazioni di Flavio Carboni e Denis Verdini per la nomina di Farris alla direzione dell’Arpas.
Tutto da provare in giudizio, beninteso. Ma alla luce del dovere di “disciplina ed onore” se è vero che noi non possiamo chiedere a Cappellacci ciò che abbiamo chiesro a Soru, e cioé di autosopendersi dal partito di appartenenza, perché è ben noto che nel PDL l’essere inquisiti o addirittura l’aver riportato condanne è titolo di merito, requisito che dà molto punteggio nel cursus honorum, possiamo però chiedergli di dimettersi dalla carica. Sì, chiediamo a Cappellacci di farsi da parte per aver violato il dovere di esercitare la sua carica con onore, per essere venuro meno alla moralità costituzionale. E lo facciamo pur consapevoli che, con l’attuale disciplina, le dimissioni del Presidente comportano lo scioglimento del Consiglio regionale e nuove elezioni. Come per il Consiglio provinciale di Cagliari dopo la condanna definitiva di Graziano Milia. Noi non accettiamo la trappola della governabilità a tutti i costi. Anzi giudichiamo questa cattiva politica, contraria al buon governo. Anche per questo abbiamo combattuto la Legge statutaria e questo presidenzialismo inventato, utile non alla realizzazione di programmi nell’interesse generale, ma a coprire ogni eccesso, prepotenza o nefandenza.
Ma non vi sembra buffo che Cappellacci sciolga il Consiglio provinciale di Cagliari per un reato per il quale egli stesso rischia d’essere condannato? E non è curioso che il leader dell’opposizione con chiare ambizioni a succedere a Cappellacci nella più alta carica regionale sia a sua volta coinvolto in vicende di non minore gravità? Sì, ci sarebbe da sbellicarsi dalle risate, se questa fosse una barzelletta. Ma, ahinoi!, è la realtà, dura, pungente, umiliante. E’ il frutto del generale allentarsi della moralità pubblica, che ha reso inattuale e demodé il richiamo al dovere di disciplina ed onore di chi svolge pubbliche funzioni. Ma bisogna indignarsi e reagire. Occorre ridare rispettabilità e prestigio alle istituzioni. Gente, se ci pensate, anche questa è lotta alla crisi, anzi questa è pregiudiziale rispetto a tutte le altre, è battaglia da dare a viso aperto perché disonorare le cariche pubbliche è eversione della Carta fondamentale e dell’etica repubblicana ch’essa enuncia.
1 commento
1 maria
7 Gennaio 2012 - 11:03
Condivido pienamente l’analisi e sottolineo la validità dell’affermazione secondo cui, senza combattere una buona volta le cose disonorevoli ai vertici delle Istituzioni, non usciremo mai dalla crisi, perché nella corruzione e negli imbrogli è la radice più profonda della crisi stessa nel nostro Paese.
Ci siamo abituati a considerare importanti i mediocri dotati di robusti appoggi e abbiamo fatto finta di accettare il crollo del sistema del merito e dell’alternanza in nome di chissà quale interesse comune superiore. Così adesso abbiamo politici mediocri e discutibili, imprenditori mediocri e tutto sta ancora in piedi con lo spauracchio dell’ingovernabilità, in nome del quale dovremmo, chissà perché, continuare a tenerceli e mantenerli coi soldi nostri, chiamandoli “onorevoli” anche quando c’è più di un dubbio sull’onore, “imprenditori” quando al massimo son degni del titolo di speculatori o faccendieri…e l’elenco potrebbe continuare. La colpa è nostra, ma bisogna cambiare sistema.
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