L’obbligo di un New Deal

4 Gennaio 2012
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Valentino Parlato . Il Manifesto 3.1.2012

Alberto Alesina e Francesco Giavazzi sono due analisti seri della situazione e della politica del governo Monti. Nel loro editoriale sul Corsera di ieri si legge «Dal governo Monti gli italiani si aspettano - nel 2012 - crescita, un po’ di fiducia ed equità. Le prime due sono state merci scarse nel fine anno 2011. Su cosa sia l’equità c’è molta confusione». Ecco il punto: la crescita non c’è, anzi la prospettiva è di recessione per tutto il 2012. Ma senza crescita non si aggiusta niente. Ecco il punto sul quale concentrare l’attenzione e l’iniziativa. Anche dei partiti che sostengono l’attuale governo e, ovviamente, soprattutto del Pd. Siamo in una situazione - lo scrivono i due autori - con una produttività oraria del lavoro che è la più bassa in Europa e, correlativamente, con basse retribuzioni orarie, quindi con bassa domanda di beni di consumo e scarso stimolo alle imprese di produzione. Rebus sic stantibus c’è solo una prospettiva di ulteriore declino, di disoccupazione e miseria. Questa è la sfida che si propone al governo Monti, se vuole essere un governo e non un curatore fallimentare. Tutto quello che c’era da tagliare è stato tagliato, ma adesso? La memoria mi riporta alla crisi del 1929 e agli Usa di Delano Roosevelt. Allora la situazione era un po’ peggiore della nostra attuale, ma Roosevelt si inventò il new deal e in Italia il fascismo creò l’Iri e la partecipazione pubblica nelle banche. In entrambi i casi - con tutte le grandissime differenze - ci fu un intervento della mano pubblica. Attendersi qualcosa dalle privatizzazioni, pur segnalate dall’attuale governo, è illusorio. In una crisi di questa pesantezza è solo la mano pubblica che può tentare un’uscita dalla recessione, che appare scontata per tutto il 2012. Mario Monti ha - positivamente - chiesto un incontro con i sindacati. Spero non per chiedere ulteriori sacrifici ma per rilanciare l’economia, per fronteggiare l’incombente recessione. La memoria torna molto indietro, a Giuseppe Di Vittorio. Questo governo, di intesa con i sindacati, avrà la saggezza di rilanciare un piano del lavoro per uscire dalla recessione e promuovere un piano di sviluppo, di occupazione e ripresa dei salari e quindi della domanda? Nell’attuale, pesante, crisi questa è l’unica via d’uscita. Altrimenti la recessione non si fermerà al 2012, ma metterà il nostro paese in una depressione lunga e pericolosa per la stessa democrazia. Non siamo né in Italia, né in Europa in una condizione di normalità e tutti sappiamo che le crisi economiche, se non sono seriamente contrastate e sconfitte portano non solo alla recessione dell’economia, ma anche la recessione della democrazia. Mario Monti dovrebbe rendersi conto che il suo governo deve fronteggiare non solo una crisi dell’economia, ma anche la più seria crisi della democrazia. Faccia mente alla storia passata del nostro paese e senta il peso delle sue attuali, serie, responsabilità. Anche il messaggio di fine d’anno del Presidente della Repubblica dovrebbe trovare una qualche meditazione da parte di Mario Monti.

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