Lavoro: estendere le tutele anche ai giovani, anziché ridurle a tutti

23 Dicembre 2011
1 Commento


Amsicora

Ma cosa dice di tanto sconvolgente l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori per essere additato come fonte di tutti i mali del Paese? Afferma semplicemente che il licenziamento è valido se avviene per giusta causa o giustificato motivo. In assenza di questi presupposti, il giudice dichiara l’illegittimità dell’atto e ordina la reintegrazione del ricorrente nel posto di lavoro. In alternativa, il dipendente può accettare un’indennità pari a 15 mensilità dell’ultimo stipendio, o un’indennità crescente con l’anzianità di servizio. Nelle aziende che hanno fino a 15 dipendenti, se il giudice dichiara illegittimo il licenziamento, il datore può scegliere se riassumere il dipendente o pagargli un risarcimento. Può quindi rifiutare l’ordine di riassunzione conseguente alla nullità del licenziamento.
In altre parole per licenziare un lavoratore per giusta causa occorre ch’egli abbia commesso mancanze tanto gravi da far venire meno il rapporto fiduciario con l’imprenditore. Il giustificato motivo invece si fonda su ragioni tecnico-produttive: ipotesi tipica la riduzione del lavoro e delle commesse. L’azienda non è un’opera di beneficenza e non può tenere i dipendenti in esubero. E se sorge controversia chi decide? Non un soviet operaio, riunito nella sede sindacale, ma un Giudice, indipendente e terzo, in un’aula del Palazzo di Giustizia.
Quindi è una gran balla che in Italia non si può licenziare. Si può fare, ma non arbitrariamente. Perché licenziare un dipendente che esegue con diligenza le sue mansioni? E perché addurre a motivo la diminuzione della produzione se essa si mantiene stabile o si accresce? sdel resto un imprenditore serio non porrebbe mai in essere atti così arbitrari. E allora qual’è la ragione di tanta insistenza sulla modifica dell’art. 18? I licenziamenti arbitrari vogliono soltanto sancire il potere assoluto dell’imprenditore in azienda, un ritorno al “padrone delle ferriere” di ottocentesca memoria, mille miglia lontano dalla Repubblica democratica fondata sul lavoro!
Cosa c’entri tutto questo con la ripresa della crescita è un mistero. L’Italia va male perché gli imprenditori importanti non fanno il loro mestiere. Non innovano, non presentano nuovi prodotti, non reggono la concorrenza e si buttano nelle speculazioni finanziarie. La Fiat ne è un esempio. Come mai l’industria automobilistica tedesca regge la concorrenza nonostante i lavoratori siano molto più ben pagati di quelli italiani? E come mai quando Marchionne è andato in Germania a esporre i suoi progetti, non gli hanno neppure concesso di aprire la sua cartella e lo hanno rispedito immediatamente in Italia? In realta, bisogna ammettere che il nostro è ancora un “capitalismo straccione”, come ben aveva detto Gramsci.
La ripresa può fondarsi soltanto sul rispetto della dignità dei lavoratori e sul ritorno ad un’etica d’impresa, ormai quasi del tutto scomparsa.
E la ministra Fornero? Anziché riprendere le proposte più becere del passato governo, farebbe bene a lavorare non a ridurre le tutele, ma ad estenderle ai giovani lavoratori che si affacciano oggi al mondo del lavoro.Questo sarebbe un segno di ripresa, non i licenziamenti che sono invece il risultato dello sfacello dell’economi italiana.

1 commento

  • 1 giovanni03
    24 Dicembre 2011 - 17:37

    E’ una discussione che dovrebbe essere di dominio pubblico.Ho letto vari interventi in favore della modifica dell’art.18 ma nessuno spiega il perchè e il come.Tutto può essere modificato! per andare avanti e non per tornare indietro!

Lascia un commento