Gianluca Scroccu
Uno dei temi al centro della crisi attuale e dei cambiamenti epocali nelle società occidentali è l’impoverimento dei ceti medi. Sarà determinante vedere come essi si dislocheranno nei nuovi assetti che la crisi sta velocemente creando. E’ dunque importante indagarne l’evoluzione, anche culturale, negli anni dello sviluppo, come fa una valente studiosa cagliaritana nel volume che Gianluca Scroccu ci presenta.
“Non avevamo la paura di sposarci come l’hanno adesso i ragazzi […] allora era una cultura, era il momento della ricostruzione, si pensava a lavorare, a fare la famiglia, si pensava tutto in questi termini”. Sono le parole del signor Dante da Milano nella sua testimonianza presente all’interno dell’interessante saggio di Enrica Asquer dal titolo Storia intima dei ceti medi. Una capitale e una periferia nell’Italia del miracolo economico (Laterza, pp. 227, € 20). Erano i tempi del miracolo economico, quando era comune costruire la propria normalità a partire dal “mettere su casa”, così da iniziare un percorso di vita in un’Italia destinata ad entrare pienamente nella società dei consumi.
L’autrice, borsista presso l’Università di Sassari, formatasi all’Università di Firenze dove ha conseguito un dottorato di ricerca sotto la guida di Paul Ginsborg, riassume nel suo volume l’universo mentale e materiale in cui vissero le coppie di sposi negli anni Sessanta. Il tutto partendo dalla necessità di indagare la realtà locale per tratteggiare al meglio il profilo dell’evoluzione dei ceti medi italiani negli anni del miracolo economico.
Per farlo l’Asquer decide di concentrarsi su Milano e Cagliari, una scelta felice dettata dall’obiettivo di mettere in correlazione due città differenti sotto diversi punti di vista ma che si prestano all’individuazione di importanti analogie. Attraverso numerose interviste, di cui nel libro vengono riportati spesso brani significativi, cui si affianca un puntuale riferimento alla letteratura sul tema, viene così tratteggiata una storia di quelle giovani coppie di sposi, soprattutto insegnanti ed impiegati di vario livello, appartenenti ad una piccola-media borghesia destinata ad allargare sempre più i propri confini.
Abitudini di vita, valori di riferimento, pratiche quotidiane di una società attraversata da profondi cambiamenti, a partire dalla centralità del vissuto domestico; un elemento che nel volume accomuna tanto i residenti di Genneruxi nel capoluogo sardo quanto quelli della zona di Milano ovest.
Seppur in contesti diversi, in quanto nell’Isola si vive alla periferia del nuovo ciclo espansivo mentre il capoluogo lombardo ne è forse il simbolo più emblematico, quell’esperienza vede affermarsi prima di tutto l’importanza dell’acquisizione di una casa di proprietà, elemento indispensabile per procacciarsi l’indipendenza come nucleo familiare in distacco dal contesto parentale di origine. Sono questi i presupposti per entrare in quel circuito relazionale consolidato su valori come la tranquillità e la stabilità economica che diviene condizione indispensabile per assaporare la molteplicità della società dei consumi, in Lombardia come in Sardegna. Non senza difficoltà, come dimostrano i retaggi e le diffidenze verso i percorsi paritari all’interno delle coppie, anche se emerge una maggiore consapevolezza dell’autonomia femminile rispetto ai tempi precedenti.
Un percorso segnato da peculiarità che non si ritroveranno più negli anni Ottanta e che rendono quei ceti medi degli anni del miracolo economico sempre più legati a quella che l’autrice chiama “la cultura della ricostruzione”, quasi al bivio tra innovazione e sacche di conservazione, come dimostra la sostanziale indifferenza emersa nelle interviste verso momenti di cesura come il Sessantotto.
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