Cominciamo dai privilegi

15 Dicembre 2011
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Aldo Lobina

C’è da chiedersi se la deriva del Partito Democratico sia davvero una tremenda realtà, dettata da evidenze inconfutabili oppure il frutto di visioni apocalittiche di detrattori interessati a cancellarne l’azione politica responsabile. Non è facile in effetti, a ben vedere, comprendere di quali interessi sia portatore oggi. Chi rappresenti. Dove voglia arrivare e con quale compagnia.
Il partito leggero, come lo volevano alcuni autorevoli suoi rappresentanti, corre il rischio di diventare una entità volatile, che superando la fase liquida, evapora. Per poi essere presto liquidato, ma dagli elettori.
La questione non è di poco conto; se ne fa un gran parlare negli ambienti che avevano accolto favorevolmente l’anelito di rinnovamento che questo partito ispirava e che manifestano ora profonda delusione di fronte alla negoziazione debole col governo Monti. Delusione e sconcerto che potrebbero pesare non poco quando saremo chiamati a rinnovare le rappresentanze istituzionali.
La riduzione delle spese per gli armamenti, il ritiro delle nostre truppe impegnate all’estero in missioni militari, l’abolizione immediata dei privilegi di deputati e senatori, consiglieri regionali, alti dirigenti pubblici non è nell’agenda di questo governo, ma neanche nelle proposte del Partito Democratico.
Sono altissimi i costi che la collettività deve sostenere per la pensione dei nostri parlamentari; essi sono enormemente sproporzionati rispetto ai versamenti effettuati. Bastano pochi anni per acquisire un diritto che ai cittadini sudditi viene garantito solo dopo molti lustri di lavoro, anche usurante. Eppure non risulta che i parlamentari del Partito Democratico si siano posti il problema di chiedere sacrifici ai sudditi senza rinunciare prima e da subito agli appannaggi ingiustificati e ai vitalizi conseguenti.
La comunità statuale risponde all’esigenza di mutuo soccorso, cooperazione, collaborazione, in un processo virtuoso che superando l’homo homini lupus trasforma l’individuo in cittadino, chiamato a seconda della temperie politica compagno, camerata, amico, fratello, ma mai suddito.
Superare la soglia di tollerabilità dei sacrifici richiesti, mentre sussistono le pensioni d’oro, le consulenze ingiustificate, i doppi e tripli incarichi, impedire il ricambio generazionale nel mondo del lavoro, costringendo i giovani ad invecchiare senza futuro, aumentare le tasse senza migliorare i servizi apre scenari preoccupanti con sviluppi drammaticamente prevedibili, ma ancora evitabili.
Ogni tanto bisognerebbe ricordare che l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, e non sul privilegio! Correggere i privilegi aiuterebbe i timonieri a modificare la rotta e a considerare l’impegno politico al servizio della Comunità.

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