La loro crisi e la nostra risposta

11 Dicembre 2011
Nessun commento


Victor Wallis - Boston

Victor Wallis, Professore di scienze politiche al Berklee College of Music di Boston e direttore della Rivista “Socialism and Democracy” c’invia, tramite la comune amica Rosamaria Maggio, un intervento (di cui pubblichiamo uno stralcio) in memoria di Howard Zinn tenuto all’Occupy di Boston nell ottobre scorso (http://www.youtube.com/watch?v=Hzy5IQa07Kw).
Wallis guarda agli USA, ma parla anche di noi, dell’Europa e dell’Italia, attanagliate da una delle crisi cicliche del capitalismo, ma da cui si tende a fuoriuscire rafforzando il sistema bancario e finanziario, con una drastica riduzione degli spazi democratici e dei diritti dei lavoratori. Una fuoriuscita ancora più a destra, pericolosa anche se più mite di quella apertamente dittatoriale degli anni ‘20 e ‘30 in Europa.
Come ci ricorda Wallis, non è un esito scontato: dalla crisi si può uscire anche con un ampliamento degli spazi democratici, come avvenne appunto negli USA col New Deal, Ma per far questo bisogna mettere al centro delle misure economiche l’occupazione, il lavoro e i diritti dei lavoratori.
In questo passaggio storico ciò che più manca è un’alternativa di sistema, una prospettiva socialista che bisogna ricostruire dal basso. Wallis vede il motore di questo rilancio nell’Occupy. Da noi questo movimento è da costruire anche se ha alle spalle molti momenti di emersione, dalle grandi manifestazioni delle donne e dei lavoratori, ai referendum sul nucleare e sui beni comuni. Ma c’è molto da lavorare. 

[…] Le contraddizioni del sistema esistono da molto tempo, ma l’attuale risposta popolare in USA è diversa da qualsiasi altra manifestatasi dagli anni ‘30 ad oggi. C’è ora l’urgenza posta e accresciuta dai danni ambientali che ci costringono prima di tutto a mettere in dubbio le convinzioni incontestate sulla desiderabilità della crescita.
L’esperienza degli anni ‘30, quella del New Deal roosveltiano, rimane importante per noi, comunque, perché mostra le cose che può fare un governo e ciò che ha bisogno di fare prioritariamente.
Sul lato positivo, è provato che il governo può creare direttamente lavori che sono allo stesso tempo socialmente utili e ben remunerati. Tali programmi attualmente neppure sono presi in considerano; invece tutto il dibattito è incentrato sui modi di sovvenzionare il capitale privato per creare lavoro: un approccio che costa di più ed è meno incisivo dei programmi di lavoro pubblici.
Sul lato negativo, il New Deal degli anni ‘30 non tolse il potere sociale dal capitale privato. Indebolì leggeremente il capitale ma non abbastanza dal fermarlo dal ritornare più tardi con una vendetta, col bipartitico smantellamento di protezioni di welfare e regolamentazioni bancarie.
Il problema allora è il capitalismo. L’Occupy movimento comprende questo largo orizzonte ma deve ancora soddisfare le sfide pratiche.
I critici dell’Occupy movimento l’accusano molto di non avere immediate richieste. Comunque la grande domanda è a lungo termine: cambiare la struttura di base della società. Questo non preclude di fare immediate proposte, ma mette i presupposti per definirle.
Se nel lungo periodo la meta è di eliminare il suo potere di classe, nel medio periodo il compito è di costruire un movimento — ed eventualmente un’organizzazione politica — che sia davvero diretto dalla maggioranza. Per questo noi abbiamo bisogno di andar molto al di là di quello che si è realizzato negli anni ‘30.
Come siamo arrivati a questo punto? Quali condizioni abbiamo di fronte? Quali risorse politiche possiamo mettere in campo?
Prima di tutto ci sono dei drammatici livelli di disoccupazione e privazioni del diritto di cancellare un’ipoteca sulla casa che gravano su tutti noi da più di tre anni, insieme coi livelli senza precedenti dell’ineguaglianza economica provocati da decadi di repressione dei sindacati, deregolamentazione, globalizzazione, privatizzazione, e riduzione dei servizi. Il fatto che tutto questo sia accaduto con qualunque dei due partiti capitalistici nel governo, ha rafforzato la consapevolezza del bisogno di un movimento popolare indipendente da tutt’e due.
In secondo luogo, sopratutto dopo il crollo del socialismo di prima epoca (1989), c’è stata un’aggressività in modo crescente, non repressa, da parte del capitale. Questo non solo è stato mostrato nella dottrina Bush (continuata sotto Obama) affermando che gli Stati Uniti possono lanciare dovunque azioni militari, ma anche sul fronte nazionale. In cima ai recenti attacchi, nei diversi stati, sui sindacati del settore pubblico, ci sono anche, da parte dei governi della maggioranza degli stati,
tentativi di restringere severamente il diritto di voto alle persone povere, accesso limitato alla prima votazione, ecc., che potrebbe rimuovere dalle liste dei votanti circa 5 milioni di persone fra quelle che hanno maggior bisogno di politiche economiche progressiste.
Terzo, i Democratici continuano a collaborare ad una agenda economica conservatrice, giustificando la loro posizione di fronte alle proposte oltraggiose dei Repubblicani col pretesto di essere “il meno peggio”. Questo sottolinea l’importanza che l’Occupy movimento non permetta ai Democratici di intercettare l’aumento del risentimento popolare. Il punto non è che noi non dovremo mai prendere parte alle elezioni, ma i candidati, non basta che dicano cose che ci piace sentire; devono essersi formati fra noi.
Quarto, sul lato positivo, noi abbiamo sviluppato potenti mezzi di comunicazione alternativi (ad es. Democracy Now [democracynow.org], Open Media Boston) che far ancora crescere. E possiamo ispirarci all’esempio dei movimenti popolari “dal Mideast al Midwest”.
Infine, la crisi, inconsapevolmente aiutata dalla retorica anti-socialista di destra, ha creato un nuovo spazio al socialismo come alternativa sistemica. La sua base negli Stati Uniti è rappresentata meravigliosamente nel libro di John Nicols, The “S” Word: A Short History of An American Tradition … Socialism (2011). Howard Zinn avrebbe apprezzato questo libro. Il messaggio è che il socialismo è in definitiva inseparabile dalla democrazia. La forma specifica che prenderà sarà il lavorare insieme, collettivamente. L’Occupy movimento è un inizio potente in questa direzione.

0 commenti

  • Non ci sono ancora commenti. Lascia il tuo commento riempendo il form sottostante.

Lascia un commento