Andrea Pubusa
Soltanto la sobrietà di Mario Monti vale la fiducia degli italiani. Dopo anni di dichiarazioni e comportamenti fuori misura del Cavaliere, già un ritorno alla normalità è un bene così prezioso da meritare consenso. C’è poi una seconda certezza: Berlusconi aveva da tempo mostrato di non essere capace di arginare la crisi, anzi di essere egli stesso fattore di disgregazione. E dunque anche soltanto la possibilità di ripresa a fronte della rovina sicura del Paese è ragione per dare il benvenuto a Palazzo Chigi dell’inquilino scelto dal Presidente Napolitano.
Tuttavia, questi beni impagabili non possono attenuare le preoccupazioni sul piano della tenuta democratica del Paese e le incertezze sotto il profilo economico.
Vorrei avanzare alcune considerazioni sulla questione istituzionale. Sul questo piano sarebbe sciocco negare che a livello europeo sono sempre più le ristrette rappresentanze della finanza a dettare l’agenda politica generale e quella dei singoli Stati. Il tentativo legittimo e di buon senso di Papandreu di rimettere ad una consultazione popolare l’approvazione delle misure imposte alla Grecia è stato cassato da Sarkozy e dalla Merkel con un diktat preciso: i cittadini sono destinatari delle decisioni della BCE e del FMI, devono solo subire gli effetti delle determinazioni non discuterle o ancor peggio condividerle o contrastarle. Un tempo questi erano i sudditi. Dunque, al deficit sul piano democratico delle istituzioni comunitarie, si accompagna ora questo ulteriore avvitamento autoritario in favore del grande capitale finanziario.
Sul piano interno è innegabile che siamo in presenza di una passaggio costituzionale aperto a tanti sviluppi. Dal sistema proporzionale e parlamentare siamo passati negli anni scorsi ad un sistema bipolare con residui della forma di governo parlamentare. Un sistema parlamentare spurio per via della nomina dall’alto dei membri delle Camere. Ora si passa ad un governo del Presidente e dei capi-bastone, ossia con la condivisione di coloro che nei partiti hanno il potere di scelta dei candidati. Non è un caso che Monti chieda la presenza nel suo esecutivo di personalità politiche che garantiscano la tenuta (ossia la disciplina dei parlamentari al momento del voto). E non è un caso che il Cavaliere abbia ricordato, nel suo messaggio agli italiani, di avere in Parlamento i gruppi più numerosi e, al momento, più fedeli. C’è dunque una strana forma di governo: un capo dell’esecutivo fiduciario del Presidente della Repubblica, ma ostaggio delle decisioni di un derettorio formato dai capi dei partiti di maggioranza.
La Costituzione del ’48 – come si vede – è già morta, anche se non ancora formalmente sepolta. Le Costituzioni, del resto, hanno uno strano destino. Pretendono d’essere immutabili, ma mutano non solo a seguito di rotture rivoluzionarie o di revisioni formali, ma anche e sopratutto mediante lente modificazioni della prassi costituzionale e del contesto politico.
Si tratta allora di vedere le tendenze possibili del nostro sistema costituzionale. La prima possibilità è l’instaurazione della forma di governo presidenziale, che ha già vasti consensi, da Fini (fin dai tempi del MSI), ad Amato (che fu il primo a proporla nell’ambito della sinistra) a Berlusconi. Ci sono poi tanti simpatizzanti nel PD, che in materia è sempre al carro delle destre. In questa direzione spingono anche i gruppi imprenditoriali, sempre alla ricerca di governi forti. Se si radica la prassi dei governi presidenziali, questa sembra lo sbocco più probabile.
La crisi del bipolarismo ammette anche un’altra via d’uscita. Il ritorno ad un proporzionale corretto alla tedesca. Se funziona nella grande Germani potrebbe coniugare governabilità e rappresentatività anche da noi. Questa è poi la soluzione più vicina alla Costituzione del ’48. Ma - nonostante i suoi molti pregi - questo ritorno alla Costituzione non ha grandi sponsor. Forse qualche esponente del PD, qualcuno nella sinistra sommersa (o scomparsa) e un gruppo di autorevoli costituzionalisti. Troppo pochi per rivitalizzare la nostra Carta. In direzione contraria remano poi le tendenze economiche. Le lacrime e il sangue alle porte, in assenza di una sinistra forte e autorevole, hanno sempre sbocchi populisti. L’indignazione verso il sistema politico e dei baroni delle istituzioni conduce ad un rigetto delle pratiche democratiche, ormai svilite, e favorisce una semplificazione di stampo autocratico a destra e a sinistra. Ne abbiamo avuto un esempio in Sardegna con Soru, che – con ampio sostegno nel centrosinistra - ha proposto pratiche e modelli di governo di stampo populista e monocratico. C’è dunque un humus profondo che butta verso la restrizione degli spazi democratici. C’è in atto una modificazione materiale (già in atto) e in vista una revisione anche formale dopo questo passaggio istituzionale. Le sorti della nostra Costituzione sono più che mai a rischio: sarà pure (e lo è) la più bella del mondo, ma tutti o quasi se la mettono sotto i piedi.
3 commenti
1 Aldo Lobina
16 Novembre 2011 - 09:46
La nostra Costituzione è in pericolo, perché siamo arrivati sull’orlo di un grave deficit democratico. Ci siamo arrivati passo passo con spinte culturali da destra e da sinistra. Mentre il centro, da questo punto di vista, anche per la sua natura ostile di fatto al bipolarismo, è più incline al sistema proporzionale, più rappresentativo delle istanze sociali, che pretendono mediazione politica. Le scelte politiche imposte da false maggioranze, che poi sono di fatto vere minoranze gratificate da “premi” , non garantiscono quella governabilità che promettono. E trasformano al più i governi in istituzioni prepotenti piuttosto che forti.
La fortezza sta nelle regole democratiche e nella capacità di trasformarle in applicazioni e decisioni che fanno prevalere l’interesse generale a quelli particolari o addirittura ad personam del sistema attuale.
Ripartire dai valori della Costituzione, restituire gli stessi partiti a contesti più democratici nella loro vita interna, sarebbe un buon punto di ripartenza. Non si deve obbligatoriamente andare avanti con ostinazione,quando ci si accorge di avere sbagliato strada.
2 Emanuele Pes
17 Novembre 2011 - 21:43
Dal punto di vista della rappresentatività democratica, il governo Monti è un passo indietro. Mancano i rappresentanti dei ricercatori e del personale tecnico e amministrativo.
Faccio questa osservazione con molta amarezza. Siamo molto lontani dall’avere istituzioni specchio della nostra società. L’ubriacatura mediatica per il governo tecnico è la stessa che abbiamo vissuto al momento dell’introduzione del maggioritario. Non oso pensare ai danni avvenire, annessi e connessi, di questo nuovo stato di eccezione.
Gente (dico gente, non precisi individui o soggetti politici o con responsabilità politica) che reagisce con fastidio alla sola parola elezioni. Capi di Stato europei che impongono nelle Costituzioni dei paesi membri il pareggio di bilancio (e perchè non l’utile di bilancio? mi sembra così competitivo) ma diventano rabbiosi di fronte a qualsiasi ipotesi di consultazione popolare.
Devo dirlo. La trasformazione della costituzione materiale assume via via colorazioni patetiche. Nominare un paio di giorni prima senatore a vita il futuro presidente incaricato non mi sembra un passaggio di genialità luciferina. Piuttosto di brutalità infantile.
Lascio perdere forma e sostanza.
3 Ego
2 Dicembre 2011 - 16:31
C’è da dire, che BCE e FMI, insieme a Francia e Germania, fanno la voce grossa, perchè possiedono il nostro debito, e perchè per 20 anni abbiamo avuto un premier barzelletta (l’unico serio, Prodi, lo abbiamo bastonato e poi lasciato nelle mani voraci di Mastella & Co) e un centrosinistra INCAPACE di porre argine al conflitto di interessi, anzi, più delle volte totalmente complice.
Avete mai sentito il Fmi contestare il Giappone?
Come mai questo?Il giappone ha molto più debiti dell’Italia (ma a sua differenza, è quasi tutto in mano a Giapponesi [complice il fatto che non si pagano tasse e il debito si può comprare senza intermediazioni]) eppure, nessuno ha mai fatto la voce grossa.
Ovviamente, si va verso una pericolosa deriva antidemocratica.
Il governo monti non ha nessuna legittimazione (Chi l’ha in questo parlamento di nominati?) ed in esso sono presenti notevoli conflitti di interessi, nonchè condannati, come l’uomo di Gnazio La Rissa.
A questa deriva, ci stiamo arrivando a poco a poco.
Abbiamo iniziato con B. e il suo monopolio illegale, passando per le 35 leggi ad personam, per poi arrivare a dire che il Premier (anche se nella costituzione è il Presidente del Consiglio) è eletto direttamente e scelto dagli elettori, dato che nella scheda c’è il suo nome (e nessuno, ha battuto forte su questo punto. La sinistra, è rimasta zitta e prona, inebriata dall’onnipotente Dalemovìc.)
Un recente sondaggio, ha evidenziato come 1 italiano su 3 non vede molte differenze tra democrazia e stato autoritario, mentre 1 su 3, non avrebbe remore a viverci.
Adesso, ci troviamo di fronte ad un bivio.
Tornare alla democrazia, ripartire da zero, sfruttando la nostra storia millenaria per creare un vero Stato, mirando al welfare, oppure, acconsentire inermi alla creazione di un Super Stato europeo, che di democratico non ha proprio niente.
Lascia un commento