Di fronte alla crisi degli Stati, quale Europa?

15 Novembre 2011
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Rino Giuliani - vicepresidente dell’Istituto Fernando Santi

La crisi degli Stati nazionali è manifesta. Ma non costituisce un’alternativa accettabile l’Europa della BCE e del FMI. Occorre riprendere l’idea di un’Europa unita e retta da istituzioni democratiche, propria dei padri dell’europeismo a partire da Altiero Spinelli. Questa prospettiva è ben illustrata in questa riflessione, pubblicata nel n. 10/2011 della pubblicazione dell’Istituto Fernando Santi.

Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni nel 1941 scrivendo il Manifesto di Ventotene avevano la consapevolezza che con la loro azione politica stavano contribuendo non solo a riscattare l’Italia ma anche a dare alle generazioni che si sarebbero succedute dopo di loro la prospettiva concreta di una Europa unità.
L’idea che un’altra Italia, libera e democratica era possibile in una nuova Europa dei popoli, federale e pacifica ha anche animato molti di quei giovani, anche fra loro divisi, oggi arrivati alla terza età, che nell’Italia repubblicana si sono però sempre ritrovati quando c’era da sostenere le ragioni alla base della Costituzione. Oggi il paese sembra non avere più fiducia nelle possibilità di cambiamento che pure la Costituzione indica e fra i giovani, con la sfiducia in un futuro dignitoso prevale un senso di indignazione. Non è più il sogno la stella luminosa che apre la strada del futuro.
Nel disincanto dell’oggi, per non rinchiudersi nel “particolare” ininfluente occorre tuttavia vivere la nostra comune vicenda collettiva ed il nostro tempo così cambiato, inquadrando come paese la nostra azione in un contesto in cui tutti gli stati europei cedano di comune accordo parte della propria sovranità, ormai esautorata, non al FMI e alla BCE ma a vere istituzioni democratiche europee.
Il progetto profetico del Manifesto di Ventotene ha avuto la forza di restare vivo ed attuale superando dopo il fascismo, la lunga fase della contrapposizione fra i blocchi armati contrapposti e dopo la caduta del muro di Berlino per porsi oggi per i paesi europei come una necessità a fronte della crisi mondiale indotta dal fallimento del sistema economico che senza freni o vincoli è sopravvissuto alla frantumazione dell’altro antagonista conosciuto come capitalismo di stato.
Europa dei popoli. e federalismo europeo, una idea perseguita nel tempo, ancora oggi è un obiettivo alto per superare il limite dei nazionalismi e degli egoismi localistici . Nel XIX secolo l’obiettivo della costruzione dell’unità europea ha costituito un ideale forte, un potente fattore di crescita della cultura politica democratica. Nel XX secolo l’idea di una Europa unita comincia a diventare un progetto politico. Si tratta di una esigenza analoga a quella che - quasi contemporaneamente- altri agitano in altri contesti territoriali a favore della scelta di un governo mondiale in grado di far superare le contraddizioni ed i conflitti fra nazioni.
In Italia,negli anni ‘40, mentre la guerra si estendeva ovunque nel mondo, l’idea di ricostruire dalle macerie un’Europa in pace, senza più odi razziali e frontiere, con il Manifesto di Ventotene assumeva i contorni precisi di un progetto politico in grado di indicare l’uscita dalla fitta nebbia della retorica, del colonialismo fuori tempo massimo e delle politica di potenza che avevano fatto da battistrada alla guerra di aggressione.
E’ infatti nel 1941 che, con il Manifesto di Ventotene la “linea di divisione tra il progresso e la reazione” veniva tracciata tra coloro che si propongono come obiettivo prioritario della lotta politica la Federazione europea e coloro che pensano ancora che i valori della libertà, della democrazia e della giustizia sociale possono essere perseguiti all’interno dello stato nazionale. Ancora oggi nella crisi finanziaria mondiale le relazioni tra stati vengono impostati come rapporti fondati sul rapporto di forza del momento, per far valere i propri interessi con la forza delle armi (Irak e Libia) o contando sulla influenza dei propri apparati finanziari. Il nazionalismo, anche nelle versioni contemporanee esprime una regressiva cultura politica della divisione e della contrapposizione, spesso sospinge all’odio del diverso, dello straniero, esalta e giustifica l’uso della violenza.
Il nazionalismo è l’ideologia politica che ha condotto l’Europa e il mondo al tragico epilogo del nazi-fascismo e della guerra totale. Oggi, dopo tanti anni di lotte, di sconfitte e di successi, molti, e non solo fra coloro che credono nel federalismo europeo, sono convinti che si è ormai giunti ad una svolta cruciale: ci si può ritirare dagli incompleti assetti istituzionali europei o ,invece, si possono completare con l’unità federale, per costruire un’Europa sempre più interdipendente, pacifica e solidale moralmente autorevole nel contesto geopolitico mondiale.
La crisi dei mercati finanziari internazionali, avviata per lucrare con una enorme speculazione, ha finito per far indebitare gli stati nazionali nel loro tentativo d’ impedire il crollo dei mercati.
Oggi gli stati nazionali la cui sovranità è delegittimata da istituzioni private sovranazionali e resa inefficace dalle politiche nazionali conservatrici, si trovano alle prese con una crisi il cui costo nuovamente si vuole far pagare ai ceti più deboli. Le scelte dei governi conservatori calano sulle collettività e sui singoli, si prolungano attraverso le generazioni lasciando indenni, anzi più ricchi, ristretti settori che quella crisi l’hanno prodotta e che da quella crisi si sono avvantaggiati. Tutto questo non è economicamente né socialmente accettabile L’Europa governata dai conservatori non ha favorito l’instaurazione di un governo economico europeo democraticamente legittimato e dotato di ampi poteri d’intervento.
La Commissione europea e il parlamento europeo sono oggi indeboliti dal prevalere di una logica intergovernativa. L’uscita dalla crisi non la possono garantire l’occasionale tandem francotedesco né la BCE. Una Europa più audace, forte ed unita nella solidarietà invece può vincere le sfide del nostro tempo.
I capi di stato e di governo europei, in maggioranza conservatori e liberali, si sono rifiutati di discutere una governance economica europea seminando negli ultimi anni un immotivato ed irresponsabile ottimismo inversamente proporzionale all’ampiezza della crisi monetaria e finanziaria europea e gestendo la crisi monetaria europea come una crisi di indebitamento dei paesi membri.
La commissione europea ed il Parlamento europeo così come i parlamenti nazionali hanno oggi la responsabilità di governare la politica economica, finanziaria e sociale dando una risposta forte ed unitaria alla crisi.
Lo spazio europeo è in questi giorni il luogo dove si contratta fra interessi nazionali. I localismi, la tentazione di ritornare a logiche esclusivamente nazionali ed a uscire dall’area dell’euro riemergono di nuovo forti mentre ci si dimentica che solo istituzioni democratiche europee salde e condivise possono esaltare le autonomie e le peculiarità. Lo scetticismo su un futuro europeo va contrastato diventando maggiormente europei. Il progetto federalista può divenire realtà in questa fase storica se noi, cittadini europei saremo in grado di contaminarlo con i valori della giustizia sociale, dei diritti dei lavoratori e della solidarietà. E’ per questo che oggi spetta alle forze sociali e politiche progressiste dell’Europa il compito di porsi alla testa di un progetto che è anche culturale, di costruzione politica e programmatica dell’Europa. L’obiettivo è una Europa diversa dall’attuale: meno euroburocrazia e più democrazia, scelte di politica economica fondate su uno sviluppo sostenibile, sulla lotta alle diseguaglianze sociali e su una riforma del sistema economico e finanziario, una politica industriale europea.
Ci vogliono infatti ricette diverse da quelle fallimentari dei conservatori.
Quello di cui vi è bisogno è la crescita economica ed un piano europeo per nuovi posti di lavoro, il progresso nella prosperità e non la recessione con austerità e la riduzione della protezione sociale.

Il medio-lungo periodo deve restituire a coloro che la crisi la stanno pesantemente subendo una certezza di equità e di giustizia sociale.
Dalla crisi si esce se le forze politiche del socialismo europeo che in Europa rappresentano le forze di progresso ritrovano al proprio interno le ragioni concrete della distinzione storica rispetto ai conservatori, se tra il parlamento europeo e la società attraversata da movimenti che esprimono una forte volontà di cambiamento, si ritrova una soddisfacente assonanza e se, infine, ritorna la voglia di battere con riforme di struttura le ormai insostenibili diseguaglianze sociali del liberismo realizzato negli ultimi decenni.

Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni con il Manifesto di Ventotene consegnano alle nuove generazioni il messaggio che per l’Italia non c’è miglior destino della promozione e realizzazione della più grande patria europea.
Il Manifesto di Ventotene alla cui lettura invitiamo i giovani italiani nel mondo è stato il punto di approdo di un processo culturale di vicende umane eccezionali ma anche un intransigente spartiacque, valido ed attuale anche oggi, fra visione democratica della società e totalitarismo.

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