La Chiesa tra potere e dialogo

4 Novembre 2011
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Francesco Cocco

Il recente convegno di Todi, che ha visto riunite le più significative associazioni del mondo cattolico, mi pare un passo importante verso l’abbandono della prospettiva “costantiniana” del potere. Cioè il sostanziale rifiuto della formazione di un nuovo partito cattolico che riprenda il ruolo di controllo nei confronti del potere statuale. Non che la “prospettiva di potere mondano” possa dirsi del tutto superata. Vi sono i nostalgici che vorrebbero tornare agli anni cinquanta e sessanta del Novecento, rinnegando con ciò il significato più profondo del Concilio Vaticano II.
Queste posizioni non sembrano trovare pieno riscontro nelle gerarchie ecclesiastiche, soprattutto in atti di Papa Ratzinger da cui va emergendo una linea di dialogo che è uno dei risultati più significativi di quel Concilio. Lo conferma il suo recente viaggio in Germania col discorso al Bundestag e soprattutto con l’ accento sugli aspetti positivi presenti nella Riforma di Martin Lutero. Va sottolineato che ciò è tanto più positivo se consideriamo che per taluni aspetti lo stesso Benedetto XVI si è fatto portatore di una linea di chiusura verso certe emergenze del mondo attuale.
La Chiesa cattolica che rifiuta di farsi “potere mondano” e pone l’accento sulla spiritualità, e quindi sulla idealità può essere forza decisiva per consentire all’umanità di uscire dai gravi travagli del momento presente. Per questo acquista significato il dialogo con tutte le forze spirituali ed ideali che agitano la realtà contemporanea. Ed in tale ottica positiva va letto il prossimo incontro con i rappresentati delle diverse fedi religiose, promosso dal Papa ad Assisi .
Per altro verso sentiamo che il dialogo con la realtà di oggi è incompleto se, oltre gli aspetti della spiritualità religiosa, non riguarda anche la spiritualità laica. E non può esservi dubbio che il più grande serbatoio di spiritualità laica del Novecento è rappresentato dalle idealità del pensiero socialista. Non intendiamo riferirci a quelle che vennero definite “manifestazioni del socialismo realizzato” , piuttosto all’anelito di libertà formali, di libertà dal bisogno e di dominio dell’uomo sui processi di produzione che quel pensiero ha estrinsecato. Il cosiddetto “socialismo realizzato” tra gli altri aspetti negativi ha avuto anche quello di oscurare le radici “giudaico-cristiane” (come ebbe a definirle lo stesso Marx) del movimento comunista. Sarebbe bello non dover attendere cinque secoli, come è accaduto per la Riforma Protestante, per avere un pieno riconoscimento dei valori della spiritualità laica incorporati dal movimento comunista internazionale.
Forse non dovremo attendere cinque secoli se verrà riaffermato il cammino intrapreso qualche decennio fa da Giovanni Paolo Secondo. Quel Pontefice, in una celebre intervista rilasciata al giornalista Jas Gawronski, che gli chiedeva: :” A Riga lei ha detto che c’è un nocciolo di verità nel marxismo o nell’idea socialista”, così rispondeva :” Ma questa non è una novità………..nel comunismo c’era questa sollecitudine per il sociale, mentre il capitalismo è individualista. Non c’è più tale sollecitudine programmatica per il sociale come era con i comunisti”. Ed ancora ad un’altra domanda dell’intervistatore rispondeva:”….bisogna risalire alla causa e secondo me la causa è nel capitalismo, la causa di tutti questi guai sociali ed umani è nel capitalismo”.
Papa Wojtila riconosceva la carica di idealità e quindi di spiritualità presente nel comunismo. Era una posizione che non si faceva arroccamento dottrinario ma sapeva guardare alla storia oltre gli schemi. Se quella carica di idealità tornerà ad essere pienamente riconosciuta non vi è dubbio che oggi l’umanità troverà nuova forza per uscire dalle angustie presenti.
Il recente convegno di Assisi che ha visto la presenza dei rappresentanti di decine e decine di posizioni religiose è un segno della volontà di proseguire sulla linea del dialogo tracciata dal Papa polacco. Oggi con una novità: la presenza della spiritualità atea. E’ chiara espressione della volontà di un dialogo che vuole abbracciare la società a 360 gradi. In qualche modo la prosecuzione di quella rivoluzione inaugurata da Papa Giovanni XXIII che distinse tra errore ed errante, rifiutando con ciò di escludere dal dialogo i militanti comunisti, sino ad allora considerati come appestati con cui rifiutare qualsiasi rapporto.
Non resta che auspicare che tale linea dia una sostanziale aiuto all’ Umanità per uscire dalla grave crisi che oggi l’attanaglia.

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