Caro Stefano, non son d’accordo…

2 Novembre 2011
2 Commenti


Massimo Massa

Massimo Massa, valoroso avvocato democratico, risponde a Stefano Deliperi e ai suoi commenti all’articolo dell’altro giorno di Benedetto Ballero. 

Caro Stefano, mi dispiace ma non sono d’accordo.
Intanto, spero d’aver diritto di parola sulla materia; a rigore, secondo quanto dici non l’avrei nemmeno io.
Facendo il mestiere d’avvocato da quasi venticinque anni, e occupandomi proprio di diritto amministrativo, mi è capitato e mi capita tuttora d’avere come cliente Legambiente o altre associazioni, ma anche imprenditori nel settore turistico o edilizio. Ciò non incide affatto sulle mie opinioni di libero cittadino né, spero, sul mio diritto d’esprimerle.
Del resto, è scontato constatare che gli avvocati che s’occupano d’urbanistica, se sono un minimo affermati e stimati, hanno tra i loro clienti anche imprenditori d’una certa importanza. Sembra davvero strano che proprio i professionisti più qualificati e conosciuti, fuori delle aule di tribunale non possano parlare d’urbanistica.
Tra l’altro, per par condicio ciò dovrebbe valere anche per ingegneri e architetti: chi come progettista ha lavorato per una grossa società perderebbe il diritto d’esprimere, come cives, la propria opinione.
Insomma, proprio le persone che verosimilmente sono tra le più competenti per esprimere opinioni tecniche, ne sarebbero impedite.
Un avvocato deve difendere il cliente: lo stato di diritto funziona così. Per fortuna, aggiungo io.
In Italia a troppi, anche democratici e di sinistra, anziché uno dei cardini della civiltà giuridica e garanzia del principio di legalità questa sembra una cosa losca, da guardare con sospetto. Ma - è quasi doloroso doverlo ricordare - l’avvocato che difende anche un mafioso o un assassino o uno stupratore (pure dopo che sia stata accertata la colpevolezza del suo cliente) non è né mafioso, né complice d’assassini o di stupratori. E non perde il diritto di parlare, da tecnico competente, di mafia o di politica penale in generale.
E Ghedini?
Certo che Ghedini è in conflitto d’interessi. Certo che è scandaloso che l’avvocato personale del presidente del consiglio sia portato in parlamento per coordinare l’attività legislativa finalizzata a tirar fuori dai guai il suo cliente (con risultati nemmeno tanto apprezzabili, per inciso).
Ma questo cosa c’entra? Siccome il nostro sistema politico ha generato questo mostro, allora dobbiamo concludere logicamente che gli avvocati penalisti non si devono occupare di politica penale, i fiscalisti di politica tributaria e, appunto, quelli che si occupano di diritto amministrativo devono rimanere fuori dalle discussioni sull’urbanistica o sugli appalti?
A me sembra di no. Non sarebbe solo eccessivo; sarebbe proprio sbagliato, poco conforme a elementari principi di democrazia e, soprattutto, sarebbe dannoso. Ci costringerebbe a perdere il contributo di persone che, probabilmente, hanno cose interessanti da dire.
Ma tutto questo - che pure mi tocca personalmente e in modo particolare, perché in qualche modo riguarda anche la mia esperienza personale e il mio legame con i valori ambientalisti, che rimane fortissimo indipendentemente dal mestiere che faccio - non è però il punto principale.
Il punto principale è che purtroppo, in questo paese, su tutti i temi davvero importanti - politica, cultura, economia, società, ambiente - si continua esclusivamente a litigare tra clan di tifoserie contrapposte, per cui se una cosa la dice uno della squadra opposta è certamente sbagliata mentre se la dice uno dei nostri è sacrosanta. È esemplare la vicenda della legge statutaria, acclamata anche da alcuni accaniti sostenitori di Soru che pochi mesi prima s’erano strappati i capelli per l’indignazione quando le stesse cose aveva cercato d’introdurle Berlusconi nella sua modifica costituzionale.
Troppo spesso si dimentica una cosa: l’importante, alla fine, è ciò che in concreto si dice, le idee che si suggeriscono, e non la personalità di chi le esprime. Quello che ci dovrebbe interessare è se siamo o no d’accordo con le proposte, non se ci è o no simpatico chi le dice (o addirittura qualcuno dei clienti di colui che le dice).
E nei tuoi due interventi non ho trovato traccia di questo: non ho capito se trovi sensato e conforme ai principi fondamentali di uno stato di diritto che le norme di salvaguardia (delle quali, cioè, non è affatto scontata l’utilità concreta) possano durare per un periodo indefinito, e se ritieni o no che, nelle more dell’adeguamento dei PUC al piano paesaggistico regionale che doveva durare solo un anno ma ha ormai superato il lustro, si possano autorizzare - fatti salvi tutti i nulla osta e le verifiche necessarie in concreto, naturalmente - alcune modifiche di modesta rilevanza in luoghi non sensibili sul piano paesaggistico, che oggi sono rigidamente vietate.
Di questo si parlava nel messagio iniziale. Mi sembra un tema che può interessare tutti, e sul quale tutti hanno titolo per esprimere la propria opinione. Compreso - se non soprattutto - chi per mestiere ha una conoscenza più approfondita delle norme e dei limiti o pregi che queste possono aver mostrato.

2 commenti

  • 1 Stefano Deliperi
    2 Novembre 2011 - 22:07

    Caro Massimo,
    in un commento effettuato in un blog non penso che ci si possa dilungare più di tanto.
    Penso, come ho cercato di spiegare brevemente, che le responsabilità legislative e di governo - per ragioni di opportunità - debbano essere slegate dagli impegni professionali. Impegni legittimi ed espressione di opinioni più che legittime, ci mancherebbe altro. E mai mi sognerei di contestarlo, come non l’ho contestato.
    Ma legiferare e governare dovrebbe esser altra cosa.
    Non per simpatia o antipatia, ma per evitare alla radice ogni eventuale conflitto d’interessi.
    Che sia materia delicata lo dimostra anche il fatto che nessuna maggioranza parlamentare l’ha voluta affrontare.
    Nelle more di adeguamento dei P.U.C. al P.P.R. accade che vengano autorizzati interventi edilizi come quello in corso a Malfatano e Tuerredda (Teulada), un po’ oltre le “modifiche di modesta rilevanza in luoghi non sensibili sul piano paesaggistico”. Solo per fare un esempio. Nella normativa transitoria del P.P.R. (art. 15 N.T.A.) vi sono “buchi” della disciplina di tutela piuttosto pericolosi.
    Una competenza esclusiva regionale in materia unita ai tanti interessi “forti” farebbe molto probabilmente “carne da macello” di quei valori ambientali e paesaggistici che il P.P.R. bene o male riesce a tutelare. Sarebbe il completamento dell’opera di quella legge regionale n. 4/2009 che a molti piace, ma a me per nulla.
    Si adeguino correttamente i P.U.C., non si scardini il P.P.R. Dove necessario si propongano le eventuali modifiche secondo le procedure di legge.
    Ci sono tanti modi per contribuire a un dibattito pubblico, anche e soprattutto da parte dei “più bravi”, serenamente. Non è necessario esser legislatori e/o governanti ai vari livelli.
    Con stima.

    Stefano Deliperi

  • 2 Francesco
    28 Dicembre 2011 - 18:13

    Buonasera. Mi piacerebbe che, prima o poi, il Dott. Deliperi si occupasse anche dei danni indotti dalla farragisonità, contradditorietà delle stesse norme e/o “strumenti di tutela” dai/dalle quali però, attinge a piene mani, per alimentare le proprie crociate ambientaliste. In caso contrario, alcuni suoi suoi interventi continueranno ad apparire retorici, e tendenziosi. Per es. il suo ultimo intervento, auspica una blindatura del P.P.R. (”non si scardini il P.P.R.”), contemporaneamente ne evidenzia dei “buchi”, pur ritenendolo strumento capace di tutelare i valori ambientali e paesaggistici…. Come? Non lo spiega! Quanta confusione! Nello stesso intervento (quasi a demolire? o rafforzare la sua tesi?) cita uno dei casi “da Prima Pagina” che, piaccia o meno, è stato autorizzato attraverso l’uso di uno strumento come “L’intesa” previsto dallo stesso P.P.R, quindi “seguendo le procedure di legge”. Mi piacerebbe inoltre capire, chi e come potrebbe “adeguare correttamente” il proprio P.U.C. al P.P.R., visto che per il Dott. Deliperi Regione e Comune (premuti dagli “interessi forti”) hanno dimostrato piena inaffidabilità. Auspica forse un ritorno alla Inquisizione contro i delitti ambientali? O forse la nascita di un’altro “carrozzone” che vigili sugli incauti amministratori, capeggiato dal medesimo promotore della iniziativa? Mi piacerebbe conoscere quali parti del P.P.R sarebbero meritevoli di applicazione testuale e come; quali no. Per ora prenderemo atto di un fatto certo: al Dott. Deliperi, la L.4/2009 “piace per nulla”. Così, a scanso di equivoci, su ciò….non c’è altro da specificare.
    Ringrazio per l’occasione concessa a chi, come il sottoscritto, subisce tutti i giorni gli effetti del “surriscaldamento mediatico” indotto da certa informazione che, nell’attuale contesto economico, rappresenta un importante ostacolo all’esercizio della professione. Ciò perchè, mentre qualcuno conquista le prime pagine, fuori si alimenta il caos, si mette in dubbio qualunque iniziativa preveda l’uso di cazzuola e cemento (senza alcuna distinzione), si incoraggia un clima di sospetto reciproco, con la sola certezza d’aver riempito e riempire le aule dei tribunali senza aver tutelato un solo metro quadrato di territorio (Vedi Teulada). La tutela e il rispetto del territorio passa attraverso l’uso compatibile con le specificità dello stesso e le esigenze di chi lo fruisce. Gli atteggiamenti vincolistici, conservativi, aprioristici hanno storicamente prodotto risultati devastanti. Concludo: chiedete al Dott. Deliperi se, fermo restando la prosecuzione dell’opera di vigilanza contro gli scempi ambientali, si riesca a fare degli interventi meno banali e più costruttivi. Per far ciò, bastano poche parole sensate.
    Grazie.

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