I grandi scioperi di Montevecchio (1)

29 Ottobre 2011
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Francesco Cocco

I grandi sci0peri di Montevecchio non sono solo memoria, ricordo, che pure è importante. Sono ancora attuali anche perché delineano il processo di formazione di gruppi dirigenti nelle lotte, e dunque possono essere di stimolo oggi alla formazione di una nuova e vera sinistra, che o è collegata al mondo del lavoro o non è.
Ne parliamo con Francesco Cocco, un intellettuale gramscianamente organico alla sinistra e fine studioso del Movimento operaio sardo.

D. Francesco, abbiamo già ricordato in questo blog l’anniversario del grande sciopero di Montevecchio di mezzo secolo fa. Ma perché fu così importante?

R. Fu una conquista di libertà contro il dispotismo padronale che dodici anni prima, col cosiddetto “patto aziendale” aveva imposto la soppressione delle libertà sindacali e politiche, vietando il collegamento con le organizzazioni sindacali e discriminando gli iscritti ai partititi di sinistra .

D. Ma come è stato possibile ribaltare il “patto aziendale” che, in effetti, comprova una situazione di debolezza dei lavoratori nel momento della sottoscrizione?

R. La conquista di 50 anni fa fu possibile per la grande maturità di quella classe operaia. Maturità raggiunta attraverso decenni di lotte. Cominciò a palesare le sue potenzialità con quello che dev’essere considerato il primo grande vero sciopero sardo. Sottolineiamo “sciopero” e “vero” dal momento che le manifestazioni precedenti non sfuggirono al carattere della jacquerie, cioè della rivolta senza strategia, incapace quindi di portare a conquiste effettive e durature. E tali continuarono ad essere lo sciopero di Buggerru del 1904 e poi quelli di Cagliari, Villasalto e Gonnesa del 1906, col loro tragico strascico di morti.

D. Ma alle spalle della grande lotta di Montevecchio dell’inizio degli anni ’60 ci doveva essere una sedimentazione di consapevolezza sindacale e politica…

R. L’ humus nel quale si sviluppano i grandi scioperi di Montevecchio è ben altra cosa rispetto agli scioperi d’inizio ‘900. Ed oggi, in una situazione in cui si vogliono mettere in discussione le conquiste che il mondo del lavoro ha saputo conseguire nel secolo appena trascorso, vale la pena ripercorrere quelle pagine di lotte epiche.

D. Beh, sì, un doveroso omaggio a quelle generazioni…

R. No, non solo per questo! Da quelle lotte viene un insegnamento ancora di grande attualità, soprattutto oggi. E’ necessario ripercorrerle con attenzione in un’ottica che, prima ancora di rievocazione celebrativa, vuol essere di lotta.

D. Son d’accordo, anche perché ormai molti non sanno che il movimento operaio sardo del bacino minerario ha avuto un ruolo importante nella storia sociale nazionale…

R. Certamente. Oltre cento anni or sono iniziava nell’Isola una stagione di scioperi che darà inizio al moderno movimento operaio sardo, contribuendo in modo originale e rilevante alla più complessiva crescita di quello italiano.

D. Ci puoi ricordare qualche data?

R. Lo sciopero delle maestranze di Montevecchio del 1903, quello degli operai di Buggerru del 1904, i moti di Cagliari del 1906 sono altrettante pagine di un capitolo che collegò la nostra Isola ai grandi filoni del movimento operaio italiano ed europeo.

D. Pagine certamente rappresentative della nuova consapevolezza di sé e della conseguente capacità organizzativa raggiunta dai lavoratori. Di ognuno di questi episodi sarà bene parlare in occasione del rispettivo novantesimo anniversario.

R. Penso proprio di sì. E’ importante per due motivi. Innanzitutto per il legame, organico ed indissolubile, che una sinistra che vuol’essere tale deve avere con le ragioni del movimento dei lavoratori; poi perché le quelle lotte posero in termini nuovi la questione sarda e così contribuirono a quel processo che un quarantennio più tardi darà vita all’attuale istituto autonomistico regionale.

D. Importante per comprendere il salto di qualità della lotta è lo sviluppo raggiunto dall’industria mineraria in Sardegna, e segnatamente nel bacino dell’Iglesiente-Guspinese. Ce ne vuoi parlare?

R. Agli inizi del secolo la produzione di piombo e zinco dell’Isola rappresentava la totalità di quella nazionale (il 90% del piombo e l’80% dello zinco): dalle 40.000 tn. all’indomani dell’Unità d’Italia si era passati alle 190.000 tn. agli inizi del secolo.

D. Questa produzione avveniva in aziende minerarie con un’elevata concentrazione operaia…

R. Certamente. L’occupazione era passata dai 5225 dipendenti del 1860 ai 15.832 dipendenti del 1907. Questa crescita dell’industria mineraria avveniva in condizioni di sfruttamento selvaggio e di forti squilibri rispetto al trattamento di pari categorie in altre regioni del Paese.

D. La crescita della produzione, il pesante sfruttamento, il permanere di un’accentuata disparità incrementarono nell’Isola le lotte dei lavoratori…

R. Enormemente! Si passò dai poco più di trecento scioperanti del 1899 agli oltre 1600 scioperanti del 1903. Ad un tale incremento contribuirono la nascita del Partito socialista ed il sorgere delle leghe operaie. La Lega dei minatori venne costituita a Montevecchio nel 1902…

D. Ma quale presenza organizzata si sviluppò nella zona in quel periodo?

R. Guspini ed Arbus, nei cui territori si trova la miniera di Montevecchio, ebbero ben presto dei gruppi socialisti organizzati e furono presenti al primo congresso socialista sardo che si tenne ad Oristano nel 1897. Il guspinese dr.Cesare Loi venne eletto nell’ufficio di presidenza del congresso in qualità di segretario. I rappresentanti dei due centri minerari furono ancora presenti al congresso d’Iglesias del 1903,dove lo stesso Loi svolse una relazione sulle malattie professionali dei lavoratori. Sempre nel 1903 , i rappresentanti dell’organizzazione giovanile di Guspini con queli di Sassari rappresentano a Firenze la Sardegna al I ° Congresso giovanile socialista.

D. Si formavano insomma nuovi gruppi dirigenti.

R. Certo. E’alla luce di questi precedenti che diviene comprensibile il ruolo centrale esercitato nello sciopero del 1903 da due giovani dirigenti socialisti di Guspini, il già ricordato Cesare Loi e Pio Piras. Il lavoro di propaganda e d’organizzazione politica svolto in precedenza spiega perché gli stessi Loi e Piras venissero scelti, unitamente al segretario della Federazione socialista prof. Giuseppe Fasola, come loro rappresentanti dalla stragrande maggioranza degli oltre 1500 lavoratori gravitanti sulla miniera di Montevecchio.

D. Insomma, una situazione interessante, di cui parleremo in altra occasione.

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