La gente comune e il palazzo di via Roma

25 Ottobre 2011
5 Commenti


Benedetto Ballero

Il grande distacco dell’opinione pubblica dal sistema politico, non solo italiano ma anche sardo è oramai generalmente affermato ed è convalidato da esempi di ogni giorno. E’ infatti sorprendente che in Sardegna si sia parlato dell’inopinata approvazione di una legge salva-casta, contrapponendosi ad essa l’approvazione del sucessivo provvedimento indicato come capace di ridurre subito, se non ora dalle prossime elezioni, il numero dei Consiglieri Regionali.
Tutti sanno, però, o dovrebbero sapere, che per un tale risultato occorre una legge costituzionale, di modifica dello Statuto Speciale, difficilmente approvabile da un Parlamento come l’attuale, in odore di scioglimento anticipato, o di Governo d’emergenza o di permanenza in carica di un Governo minoritario, l’attuale, che continua a vivacchiare alla Camera solo con il supporto di parlamentari non autonomi, perché non eletti ma nominati, e fedeli verso chi li ha graziosamente nominati.
In realtà i costi della politica in Sardegna non si riducono con la legge, o meglio con la proposta di legge costituzionale varata dal Consiglio Regionale (peraltro analoga a quella già giacente in Parlamento ad iniziativa di alcuni parlamentari del centro sinistra), ma si ridurrebbero, da subito, se il Consiglio Regionale deliberasse di tornare alle indennità per i Consiglieri Regionali vigenti sino alla fine degli anni 90, abrogando tutte quelle aggiuntive introdotte negli anni 2000 (portaborse e terza mensilità annuale per l’aggiornamento, con contestuale dichiarazione di non tassabilità di tutte e tre).
Il distacco dal sentire comune della gente si percepisce, però, anche con riferimento al solo provvedimento legislativo (quello sul numero dei consiglieri resta, pur dopo il voto dell’Aula, una mera proposta fatta ad un Parlamento non in grado di darle seguito) che è in discussione, ossia quello di modifica della c.d. legge casa (L.R. 4/2009). Anche in relazione ad essa si sono determinate posizioni contrapposte che, con slogan di bandiera, hanno occultato la realtà, evocando argomenti che non consentono alla gente comune di percepire il senso delle diverse posizioni.
Da un lato si vorrebbe scardinare, forse senza dirlo, il complessivo sistema di tutela paesistica che da oltre venti anni ( e non solo negli ultimi) ha garantito in Sardegna meglio che nel resto del paese, il nostro territorio, dall’altro si afferma l’intoccabilità del vigente PPR, un tabù che la Regione non potrebbe più governare.
Come spesso capita, però, la via più corretta è diversa, ed è quella che la gente comune percepisce dalle cose concrete, che può toccare quotidianamente. Valga un esempio. Tanti operatori hanno preso atto che in gran parte delle città, è oggi pressochè impossibile sinanche di essere autorizzati a modificare l’apertura di una finestra o disporne la chiusura , se l’edificio in cui si trova è collocato a meno di cento metri da un c.d. bene identitario e/o paesistico, la cui presenza in ogni angolo delle città comporta, appunto, in un raggio di cento metri, l’inedificabilità assoluta.
Ciò significa che è vincolato – se non si applicasse, come invece appare sicuramente applicabile, nonostante la contraria affermazione del TAR Sardegna nella vicenda della Costa Smeralda, l’art. 13 della L.R.4/2009 – ogni bene che si trova a meno di cento metri da bagni, terme, mercati, alberghi, locande e ristoranti storici, asili dei poveri, case di convalescenza, istituti agrari, zootecnici, lazzaretti, macelli, manicomi, orfanotrofi, ospedali, ospizi, osservatori, sanatori, scuole, telegrafi, teatri, sedi comunali, sedi associative, cinema, carceri civili, caserme forestali, giardini storici, palazzi, ville, orti botanici, gallerie, viabilità storica e panoramica, case cantoniere, ponti, porti, fanali, fari, infrastrutture idrauliche, fonti, chiese e tante altre strutture analoghe, cartograficamente individuate : vincolo questo che, poco sensatamente è posto dal PPR ed è divenuto a tempo indeterminato (è ora in vigore da oltre cinque anni) pur se il PPR, aveva ipotizzato che dovesse vigere per un solo anno, sino all’approvazione dei nuovi PUC : ogni persona di buon senso avrebbe però dovuto considerare, anche sulla base delle precedenti esperienze, che il termine di un anno era irrealistico, tanto che ad oggi, dopo 5 anni, sono assi pochi i Comuni con un nuovo PUC.
Ora non è chi non veda come la modifica, ad esempio, di una tale disposizione, pur contenuta nel PPR, debba essere modificata così come ha fatto il contestato secondo comma dell’art. 13 della legge casa, per cui appare contrario agli interessi reali della Sardegna, per ingessare il PPR contro le modifiche apportate dall’art. 13 sopra richiamato, disconoscere che in materia di tutela del paesaggio la Regione Sardegna ha competenza legislativa esclusiva, al pari di Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige, come ha riconosciuto dalla Corte Costituzionale, e che quindi anche la legge statale Urbani (42/2004) opera in Sardegna solo nella misura in cui contiene norme fondamentali di riforma economico sociale, che sono le sole, ai sensi dell’art. 3 dello Statuto Speciale, a poter limitare la potestà regionale: ogni altra sua disposizione è diversamente disciplinabile dalla legge regionale, ed infatti la Corte Costituzionale ne ha dichiarato illegittime alcune disposizioni per il loro mancato rispetto delle competenze statutarie di una regione a statuto speciale.
L’auspicio, pertanto, è che la Regione sappia ritrovare il senso comune delle cose, sappia cioè ridurre i costi della politica, senza porre obbiettivi irrealizzabili, e che sappia governare bene e con lungimiranza, tutelandolo efficacemente, il paesaggio, ed i propri beni culturali, utilizzando la potestà legislativa che ha, senza negare di averla, per non modificare ciò che è vigente.

5 commenti

  • 1 Stefano Deliperi
    25 Ottobre 2011 - 22:32

    trovo necessario, quanto baluardo minimo di decenza, che chi svolga attività libero professionale con rilevanti interessi economici interessati non aspiri - ancora - ad avere ruoli di legislatore e/o di amministratore pubblico, come accaduto in passato. Si chiama “conflitto di interessi”. Quella “cosa strana” della quale nessuno - curiosamente - vuole occuparsi. Nè a destra, nè a sinistra, tantomeno al centro.
    Essere avvocati-legislatori-amministratori è un po’ troppo. O no?

  • 2 admin
    26 Ottobre 2011 - 00:25

    Da Andrea Pubusa a Stefano Deliperi

    Non capisco perché essere . come è certamente B. Ballero - un valente avvocato e un profondo conoscitore dell’ordinamento e della lefislazione regionale crei conflitto d’interessi A un prestigioso professionista dovrebbe essere preclusa la libera manifestazione del pensiero?
    A me sembra troppo essere legislatori ignoranti e vorrei legislatori colti e professionalmente all’altezza.
    A me pare che intervenire nel merito dell’opinione di Ballero, sia più utile per tutti noi lettori che contestargli la facoltà di esprimere le sue opinioni (in questo caso, del resto, molto condivisibili).
    Ma forse non ho capito il senso del commento. E mi auguro che sia così.

  • 3 Stefano Deliperi
    26 Ottobre 2011 - 20:27

    Prof. Pubusa, non mi verrebbe mai in mente di impedire a nessuno di esprimersi. Non fa parte proprio del mio carattere e del mio modo di vedere. Provo a spiegare.
    Sarei felicissimo di vedere legislatori colti e preparati. Sappiamo tutti quanto ce n’è bisogno, soprattutto di questi tempi.
    Auspico, però, anche legislatori e amministratori disinteressati, privi di conflitti d’interesse anche potenziali.
    Penso che questo sia un elemento finora mai adeguatamente oggetto di riflessione e approfondito.
    Faccio un esempio, estremizzandolo volutamente: pensa che l’operato in sede di legislatore in campo penale dell’on. Nicolò Ghedini – certamente professionista preparatissimo - sia esente da zone d’ombra?
    Tornando a noi, ma sono consapevole di essere un “estremista” in questo Bel Paese, penso che sia opportuno che chi legiferi e amministri in settori delicatissimi, in particolare per la tutela ambientale, non svolga - legittimamente - attività libero professionale (vale per avvocati, per progettisti, ecc.) nel medesimo campo.
    Nulla lo vieta, se non una sana opportunità. A mio parere.
    Con stima.

  • 4 Massimo Massa
    27 Ottobre 2011 - 19:32

    Caro Stefano, mi dispiace ma non sono d’accordo.

    Intanto, spero d’aver diritto di parola sulla materia; a rigore, secondo quanto dici non l’avrei nemmeno io.
    Facendo il mestiere d’avvocato da quasi venticinque anni, e occupandomi proprio di diritto amministrativo, mi è capitato e mi capita tuttora d’avere come cliente Legambiente o altre associazioni, ma anche imprenditori nel settore turistico o edilizio. Ciò non incide affatto sulle mie opinioni di libero cittadino né, spero, sul mio diritto d’esprimerle.
    Del resto, è scontato constatare che gli avvocati che s’occupano d’urbanistica, se sono un minimo affermati e stimati, hanno tra i loro clienti anche imprenditori d’una certa importanza. Sembra davvero strano che proprio i professionisti più qualificati e conosciuti, fuori delle aule di tribunale non possano parlare d’urbanistica.
    Tra l’altro, per par condicio ciò dovrebbe valere anche per ingegneri e architetti: chi come progettista ha lavorato per una grossa società perderebbe il diritto d’esprimere, come cives, la propria opinione.
    Insomma, proprio le persone che verosimilmente sono tra le più competenti per esprimere opinioni tecniche, ne sarebbero impedite.

    Un avvocato deve difendere il cliente: lo stato di diritto funziona così. Per fortuna, aggiungo io.
    In Italia a troppi, anche democratici e di sinistra, anziché uno dei cardini della civiltà giuridica e garanzia del principio di legalità questa sembra una cosa losca, da guardare con sospetto. Ma - è quasi doloroso doverlo ricordare - l’avvocato che difende anche un mafioso o un assassino o uno stupratore (pure dopo che sia stata accertata la colpevolezza del suo cliente) non è né mafioso, né complice d’assassini o di stupratori. E non perde il diritto di parlare, da tecnico competente, di mafia o di politica penale in generale.

    E Ghedini?
    Certo che Ghedini è in conflitto d’interessi. Certo che è scandaloso che l’avvocato personale del presidente del consiglio sia portato in parlamento per coordinare l’attività legislativa finalizzata a tirar fuori dai guai il suo cliente (con risultati nemmeno tanto apprezzabili, per inciso).
    Ma questo cosa c’entra? Siccome il nostro sistema politico ha generato questo mostro, allora dobbiamo concludere logicamente che gli avvocati penalisti non si devono occupare di politica penale, i fiscalisti di politica tributaria e, appunto, quelli che si occupano di diritto amministrativo devono rimanere fuori dalle discussioni sull’urbanistica o sugli appalti?
    A me sembra di no. Non sarebbe solo eccessivo; sarebbe proprio sbagliato, poco conforme a elementari principi di democrazia e, soprattutto, sarebbe dannoso. Ci costringerebbe a perdere il contributo di persone che, probabilmente, hanno cose interessanti da dire.

    Ma tutto questo - che pure mi tocca personalmente e in modo particolare, perché in qualche modo riguarda anche la mia esperienza personale e il mio legame con i valori ambientalisti, che rimane fortissimo indipendentemente dal mestiere che faccio - non è però il punto principale.

    Il punto principale è che purtroppo, in questo paese, su tutti i temi davvero importanti - politica, cultura, economia, società, ambiente - si continua esclusivamente a litigare tra clan di tifoserie contrapposte, per cui se una cosa la dice uno della squadra opposta è certamente sbagliata mentre se la dice uno dei nostri è sacrosanta. È esemplare la vicenda della legge statutaria, acclamata anche da alcuni accaniti sostenitori di Soru che pochi mesi prima s’erano strappati i capelli per l’indignazione quando le stesse cose aveva cercato d’introdurle Berlusconi nella sua modifica costituzionale.

    Troppo spesso si dimentica una cosa: l’importante, alla fine, è ciò che in concreto si dice, le idee che si suggeriscono, e non la personalità di chi le esprime. Quello che ci dovrebbe interessare è se siamo o no d’accordo con le proposte, non se ci è o no simpatico chi le dice (o addirittura qualcuno dei clienti di colui che le dice).

    E nei tuoi due interventi non ho trovato traccia di questo: non ho capito se trovi sensato e conforme ai principi fondamentali di uno stato di diritto che le norme di salvaguardia (delle quali, cioè, non è affatto scontata l’utilità concreta) possano durare per un periodo indefinito, e se ritieni o no che, nelle more dell’adeguamento dei PUC al piano paesaggistico regionale che doveva durare solo un anno ma ha ormai superato il lustro, si possano autorizzare - fatti salvi tutti i nulla osta e le verifiche necessarie in concreto, naturalmente - alcune modifiche di modesta rilevanza in luoghi non sensibili sul piano paesaggistico, che oggi sono rigidamente vietate.

    Di questo si parlava nel messagio iniziale. Mi sembra un tema che può interessare tutti, e sul quale tutti hanno titolo per esprimere la propria opinione. Compreso - se non soprattutto - chi per mestiere ha una conoscenza più approfondita delle norme e dei limiti o pregi che queste possono aver mostrato.

  • 5 Stefano Deliperi
    1 Novembre 2011 - 19:45

    Caro Massimo,
    in un commento effettuato in un blog non penso che ci si possa dilungare più di tanto.
    Penso, come ho cercato di spiegare brevemente, che le responsabilità legislative e di governo - per ragioni di opportunità - debbano essere slegate dagli impegni professionali. Impegni legittimi ed espressione di opinioni più che legittime, ci mancherebbe altro. E mai mi sognerei di contestarlo.
    Ma legiferare e governare dovrebbe esser altra cosa.
    Non per simpatia o antipatia, ma per evitare alla radice ogni eventuale conflitto d’interessi.
    Che sia materia delicata lo dimostra anche il fatto che nessuna maggioranza parlamentare l’ha voluta affrontare.
    Nelle more di adeguamento dei P.U.C. al P.P.R. accade che vengano autorizzati interventi edilizi come quello in corso a Malfatano e Tuerredda (Teulada), un po’ oltre le “modifiche di modesta rilevanza in luoghi non sensibili sul piano paesaggistico”. Nella normativa transitoria del P.P.R. (art. 15 N.T.A.) vi sono “buchi” della disciplina di tutela piuttosto pericolosi.
    Una competenza esclusiva regionale in materia unita ai tanti interessi “forti” farebbe molto probabilmente “carne da macello” di quei valori ambientali e paesaggistici che il P.P.R. bene o male riesce a tutelare. Sarebbe il completamento dell’opera di quella legge regionale n. 4/2009 che a molti piace, ma a me per nulla.
    Si adeguino correttamente i P.U.C., non si scardini il P.P.R.

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