Aldo Lobina
Ma vi pare che basti cambiar nome ad un partito per connotarlo in modo diverso?
Che senso ha?
Corre voce che la ragione di questo fatto sia maturata perché il capo discusso del Popolo delle libertà si sarebbe preso troppe licenze e che per questo, chiuso il negozio delle libertà (altrui), abbia deciso di vendere altro al suo popolo. Ottimo imbonitore sarebbe capace di vendere di tutto: dalla pubblicità.. che so.. alla camicie, ai bavagli. Camicie? Perché no? Nere, camicie nere, per i nostalgici che militano nelle sue file o in file parallele, verdi per gli amici padani di Trota, ma soprattutto di forza, avendo saputo utilizzare più di tutti la prepotente carica suggestiva contenuta nella parola “forza”. Mutuata dal tifo sportivo egli ne aveva fatto una bandiera di partito, che si chiamava “Forza Italia”. La fusione con Alleanza Nazionale lo aveva costretto a ribattezzare la sua creatura, che ora, dopo il divorzio di Fini e dei suoi amici, cambierà denominazione. Non ricordo bene il nuovo nome, quello che gira (si tratta di giri di prova) nei corridoi della politica. “Forza gno..mo? No, non mi pare. Anche se almeno uno dei suoi amici è piccolo di statura. La gnome (intelligenza) greca c’entra anche poco nel caso particolare. “Forza gno..cco”, mi pare, ma non ne sono molto sicuro. E’ vero che aveva scelto tempo addietro una pubblicità molto simile a quella della pasta Barilla, è vero anche che quel bocconcino impastato con farina e patate lesse evoca i sapori migliori della tradizione e dispone favorevolmente qualsiasi elettore. No. No, neppure forza gno..co: sarebbe un incoraggiamento e un insulto allo stesso tempo, assolutamente inadatto. Anche se i creduloni non si contano.
“Forza gno ..cca”. Forse sì. A simboleggiare un intero programma molto sbilanciato verso il genere femminile ed evidentemente teso a salvaguardare certe impari opportunità, anche se si tratta di vere e proprie minoranze (in tutti i sensi) straniere, magari imparentate con capi di stato. Le opportunità pari infatti le difende la Costituzione e rimangono spesso inespresse Quelle impari invece non sono sempre dispari, dipende dal momento. In certe occasioni arrivano fino a otto, che è un bel numero ed è pari.
Non scherziamo con le parole, signor Presidente del Consiglio. L’ironia, persino l’autoironia, è prerogativa di persone equilibrate. Saper cogliere le nostre debolezze è segno di capacità critica. E’ anche un modo di volersi bene.
Ma se le debolezze diventano una ossessione, cioè una malattia, se condizionano di fatto la vita pubblica del portatore, creando nocumento alle istituzioni, azzoppate da improbabili rappresentanze, scelte ad libitum, c’è da piangere.
A meno che lei non pensi che ridere sia comunque una sua personale privata-pubblica prerogativa e piangere una nostra.
Riuscire ancora a ridere quando c’è da piangere può ancora andar bene per la singola persona, ma non per chi rappresenta uno Stato. Questa sì è una pazzia. Degna di una vera camicia di forza politica, che un Parlamento libero dovrebbe decidersi a utilizzare, togliendo la fiducia.
Non è vero – come Lei dice, signor presidente del Consiglio - che se cambia il Governo non cambia niente.
Ce lo dimostri!
Saremmo davvero gnochi, creduloni, se non desiderassimo questa dimostrazione. Per chi non la chiede ancora un incoraggiamento. Coraggio! (mi veniva da scrivere “Forza gnochi”, ma non voglio offendere nessuno).
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