Andrea Pubusa
Sulla proposta di riduzione a 50 membri del Consiglio regionale non son d’accordo. E’ una proposta demagogica e dannosa. Un’assemblea legislativa di 50 membri è un non senso e, in tale composizione, non è congrua rispetto alla funzione. Far leggi è un potere delicatissimo, richiede ponderazione di interessi, di opinioni e posizioni e, sopratutto, richiede ch’esse siano adeguatamente rappresentate. In conseguenza, le assemblee legislative non devono pletoriche, ma neppure eccessivamente ristrette. Così è proponibile e auspicabile una riduzione della Camera dei deputati da 630 a 430 o del Senato dagli attuali 315 alla metà. Non è invece ragionevole ridurre il nostro Consiglio regionale a meno di 60 membri. Bloccare il numero ad 80 sarebbe già un buon risultato.
E la questione morale e del risparmio della spesa pubblica? Intanto sia detto una volta per tutte e con fermezza: la democrazia ha dei costi, ma le autocrazie ne hanno ancor di più. I costi della democrazia sono il prezzo delle nostre libertà, che sono impagabili e inviolabili. Ciò non vuol dire che democrazia equivale a spreco. Al contrario, ad una sana democrazia è fisiologico il rigore e la sobrietà; l’idea che il mandato parlamentare è una funzione e un servizio più che un privilegio. In questo contesto l’indennità parlamentare deve – secondo la sua originaria ispirazione -.essere pensata come erogazione volta a consentire a tutti, abbienti e non, di essere eletti. Ma niente di più. Le indennità dovrebbero, dunque, essere commisurate al dignitoso esercizio della funzione non ad accordare privilegi. In questo contesto è sicuro che l’attuale trattamento può essere dimidiato e che i vitalizi devono essere eliminati. O, se si vuol considerare il servizio reso dai parlamentari alla comunità, è ragionevole che i vitalizi vengano erogati soltanto a chi, in vecchiaia (65 anni) è sfornito di mezzi di sostentamento, senza però cumuli di alcun genere. Non solo, ma ponendo un tetto che non consenta all’ex consigliere di avere complessivamente più di 2.000 o 2.500 euro. Insomma pensiamo ad una legge Bacchelli per i parlamentari. E’ già un privilegio, ma è contenuto ed accettabile.
Ecco su questi temi il Consiglio regionale dovrebbe avviare una discussione aperta, senza riserve, reticenze o peggio furbizie. Lo spettacolo che offre in questi giorni è deprimente e allarga non solo la fascia degli indignati consapevoli, ma anche gli umori antidemocratici.
3 commenti
1 michele podda
6 Ottobre 2011 - 07:59
Caro Direttore,
dunque proponi 100 consiglieri? E sì, perchè dici che 50 è un non senso, 60 è il minimo, 80 sarebbe già un buon risultato; deduco che 100 sarebbe l’optimum. Ma perchè non 377, uno per ogni Comune della Sardegna, disinnescando così l’autocrazia e promuovendo una sicura democrazia?
Sembrerebbe uno scherzo, ma una rappresentanza regionale costituita dai Sindaci (escludo i Presidenti delle Province, che DEVONO assolutamente scomparire) non sarebbe male; magari riducendoli davvero a 100, lasciando una decina di seggi permanenti (capoluoghi e grandi centri) e facendo ruotare ogni due anni tutti gli altri, garantendo la rappresentanza di ogni realtà territoriale; ogni otto anni tutti i Sindaci entrerebbero in Consiglio. E se tutte le leggi più importanti avessero un passaggio obbligatorio in Consiglio Comunale, si avrebbe forse anche “VERA DEMOCRAZIA”. Si produrrebbero così meno leggi? Meglio, ce ne sono anche troppe; così se ne farebbero “pacas e bonas”.
Non si discute quanto affermi sulle indennità: niente vitalizi (salvo i meno abbienti), nessun cumulo, indennità pari allo stipendio di un dipendente statale di alto livello. Ma chi è già dentro il PALAZZO DORATO, e conta di riconfermarsi, potrà egli mai (con valenza trasversale) spararsi un colpo di fucile al piede?
2 admin
6 Ottobre 2011 - 11:20
Da Andrea Pubusa a Michele
Caro Michele,
la tua deduzione è forzata. Io dico semplicemente che un’assemblea legislativa non può essere troppo ristretta e spiego il perché, in consonanza con la cultura costituzionale e l’esperienza storica. Le Assemblee non sono comitati, e la differenza è data dalla diversa rappresentatività e, dunque, anche dal numero. Anche nella Costituzione della Repubblica Romana Mazzini e Garibaldi, con gli altri rivoluzionari, stabilirono un rapporto di 1 rapprenentante per ogni 20 mila elettori. Cento è troppo, 60 va bene, 80 non è la fine del mondo.
Il punto è che i problemi istituzionali sono altri e sono altre anche le spese da sforbiciare. Oltre a quelle indicate nell’articolo, ci sono quelle per il mare magnum degli enti e dei consigli di amministrazione. Stella e Rizzo, Salvi e Villon hanno scritto su questo pagine illuminanti.
3 michele podda
6 Ottobre 2011 - 16:47
D’accordo, Andrea.
Hai fatto bene a mettere in chiaro che NON E’ QUESTIONE DI NUMERI; i problemi sono altri: rappresentatività ed efficienza. Giusto ricordare che i risparmi si devono fare altrove, anche se i segnali possono muovere proprio dai Consiglieri, perchè è uno scandalo.
D’accordo che il Consiglio non è un comitato, ma neanche un COMITATO ALLARGATO. Anche i numeri (80 o 100 sarebbero ben rappresentativi) non bastano per ottenere un buon governo e sopratutto una VERA DEMOCRAZIA. La voce del popolo non è tenuta in gran conto, e chi viene eletto si cura soltanto di essere rieletto (la parte maggiore). Altrimenti, che senso ha la presentazione di proposte di legge, e a volte persino la loro approvazione, senza che i cittadini abbiano potuto in alcu modo contribuire a compilarla, a produrla, a condividerla? Nei tempi andati i Partiti (qualcuno) svolgevano la funzione di coordinare l’attività dell’eletto con la volontà degli elettori; oggi fra le parti non vi è comunicazione. Sarà colpa degli elettori o colpa dei manovratori che non vogliono essere disturbati?
Riassumendo:
1- ridurre le indennità come si è detto, anche solo come segnale; ma sopratutto
2- scovare tutti i pozzi di enti, consigli di amministrazione, consulenze, scatole vuote…
3- ripristinare il ruolo degli eletti come RAPPRESENTANTI del popolo, la cui volontà deve costituire l’unica ragione del loro operato, verificabile anche nel corso della legislatura e non solo con le urne (disertate);
4- studiare i modi di partecipazione e coinvolgimento dei cittadini in tutte le scelte importanti;
5- censire in modo chiaro e comprensibile a tutti (il linguaggio della politica…!) le risorse e le possibilità di sviluppo, investimenti, lavoro presenti in Sardegna (proviamoci almeno in casa nostra), per dare speranza e DIRETTIVE CONCRETE.
Riusciranno mai i nostri eroi (consiglieri, politici, imprenditori e intellettuali di buona volontà, perchè esistono) a parlarsi e concordare qualcosa del genere o di meglio?
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