On.li mascalzoni, per convincervi, zappe e forconi?

26 Settembre 2011
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Amsicora

 

Sono sempre stato contrario alle maniere forti; sopratutto sulle questioni istituzionali m’infastidiscono le facili demagogie; si tratta si meccanismi delicatissimi, ci vuole solo pazienza, studio e riflessione. Ma questa volta imbracciare zappe e forconi, come nelle classiche terribili jacqueries, mi sembra l’unica prospettiva realistica per raggiungere l’obiettivo.
Ricordate la proposta di legge popolare del Comitato Lu Puntulgiu - il Grifone di Alghero? E’ stata sostenuta da migliaia di firme e giace in Consiglio regionale ormai da 6 anni, senza considerazione. Eppure il Consiglio ha il dovere costituzionale di esaminarla, essendo una proposta d’iniziativa popolare. Può anche bocciarla, ma deve deliberarla.
Inutile ripetere che le funzioni pubbliche devono essere svolte dignitosamente e dunque il trattamento non può essere “da pezze in culo”. Ma è innegabile che oggi il compenso dei consiglieri regionali è sproporzionato rispetto all’esercizio dignitoso del mandato. In epoca di restrizioni, per la credibilità delle manovre, che impongono sacrifici ai cittadini, è fondamentale che i ceti dirigenti siano d’esempio. Ed allora non è ragionevole la riduzione delle indennità dei consiglieri del 50%? Si tratterebbe pur sempre di un trattamento di tutto rispetto, congruo per lo svolgimento della funzione. Quanto al vitalizio si fissi una soglia “pensionistica” minima e dignitosa  per ogni consigliere o parlamentare: 2.500 euro vanno bene? Il consigliere che, col trattamento derivante dal proprio lavoro, raggiunge questa soglia non ha diritto a nulla. Chi, invece, prende meno, riceve un’integrazione fino alla soglia minima prestabilita e dopo i 65 anni. In questo modo si garantisce un trattamento dignitoso, ancora privilegiato, ma senza gli attuali eccessi costituiti dagli ammontari alti e dal cumulo fra vitalizio e pensione.
Lo stesso discorso vale per la composizione delle assemblee legislative. Certo, svolgono una funzione delicatissima, fanno le leggi, decidono le sorti dello Stato e delle Regioni. Possono queste decisioni essere assunte da un numero troppo ristretto di persone? No di certo. Si ricordi che in tutte le funzioni, quando le decisioni sono importanti e delicate, si preferisce la collegialità alla monocraticità. La ragione è semplice: certe decisioni richiedono confronto, spesso rappresentanza. Questo vale anzitutto per i parlamenti.
Dunque, le assemblee legislative non devono essere ristrette. Si ricordi che il lavoro preparatorio si svolge in Commissione e queste, se l’assemblea regionale è striminzita, sarebbe formata di quattro-cinque membri. E’ bene affidare proposte di legge a gruppi così ristretti? Non è più facile la combine in frode all’interesse generale? Ecco perché ridurre i consiglieri regionali a cinquanta ù un eccesso e un errore, ma il numero originario di 60 è equilibrato.
Ci vuol molto a deliberare tutto questo? No di certo. Si tratta di leggine di pochi articoli, come quelle che hanno accordato le prebende. E allora? C’è un “ma”. Chi delibera tutto questo? I beneficiari. Difficile che lo decidano. E infatti il Consiglio regionale non vuol sentir neppure parlare di questi temi  Ed allora? Ci vorrebbe una legge che, per definire il trattamento dei parlamentari, prevedesse forme partecipative. Ma anche qui c’è un “ma” ed ancor più grande. Questa legge dovrebbe essere decisa sempre dai beneficiari, i quali a tutto pensano fuorché a limitare i propri poteri con forme partecipative serie. Ed allora? Ho dato fondo alla fantasia: se non funzionano neppure gli istituti di partecipazione, non riesco a pensare ad altro, ad  un’azione popolare decisa… con zappe e forconi!

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