Tore Melis
Lo abbiamo urlato in tantissime occasioni, il PD non è altro che un patto di potere, congeniato appunto per il potere interamente delegato (partito senza tessere, riduzione degli spazi di mediazione, autoritarismo come necessità in un mondo che va rapido ecc.., ecc..). In esso si aggrovigliano interessi plurimi e di copiosità tale da necessitare fette importanti di potere, pena lo sgretolamento e il dissanguamento mortificante, frutto dello stillicidio a cui è endemicamente soggetto. Se Veltroni riuscisse a chiudere l’accordo con il Berlusca sulla legge elettorale, con sbarramento molto alto basato sulla premierschip, il PD, pur eterogeneo, diviso, arlecchino e fratricida, avrebbe un futuro certo. In Italia avremmo una democrazia ulteriormente diminuita, ma il PD diverrebbe il contenitore di tutte le forze appartenenti all’area dell’ex centrosinistra, o almeno di quelle che intendessero entrare nelle istituzioni. Solo una legge elettorale in tal senso compirebbe il nuovo corso della politica veltroniana. Nel caso in cui l’accordo non portasse frutto, il PD avrebbe il futuro segnato. Ciò che sarà con la sua esplosione è avvolto da una nebbia che al momento impedisce di scorgerne la morfologia. Innegabile, però, che alcune mosse (vedi D’Alema), facciano pensare al fatto che in molti siano pronti al peggio e si stiano organizzando per sopravvivere nel the day after. .
A sinistra le cose non sono certo messe meglio, anzi, per molti aspetti i contorni sono ancora più tragici e grotteschi. Il congresso del PRC appena concluso, oltre che l’elezione di Ferrero, ha tracciato una linea che rasenta il paradosso, essa, infatti, indica nel governo ombra di Veltroni il nemico da combattere e sceglie di proporsi quale forza alternativa al socialismo europeo. Il meglio è giunto dagli sconfitti Bertinotti e Vendola, i quali, forse per un pugno di voti, hanno scaricato in malo modo Fava e i suoi, dimostrandosi capaci di un cinismo degno del peggior machiavellismo. A questo punto ci si attenderebbe un sussulto d’orgoglio, capace di far riprendere in mano le ragioni che erano alla base della nascita di S.D. Sarebbe interessante se vi fosse un rinsavimento e si abbandonasse la strada della costituzione di un soggetto della sinistra qualunque, per intraprendere quella per la costituzione di una forza socialista. Dopo il congresso del PRC risultano scaduti tutti i termini per SD. Ora è da capire se essa sia divenuta una mera sigla vuota e senza popolo, o se invece abbia la vitalità per infondere il suono adunante in grado di parlare a quell’ampia area socialista, oggi divisa in mille rivoli e privata del ruolo che meriterebbe. Sono convinto che il futuro delle forze socialiste non sia da ricercare negli schemi di potere o negli accordi di vertice, bensì nella pratica politica, quella capace di ripartire anzitutto dalla cultura materiale e dalla questione democratica. Oggi il popolo chiede di essere reimmesso nel processo della liberazione, affinché possa riappropriarsi del proprio spazio vitale e del diritto ad essere felice. Là, fuori dai palazzi, v’è un popolo insoddisfatto, il cui lavoro non consente di ottenere un reddito adatto al costo della vita; v’è un sistema produttivo stretto nella morsa della crisi economica perché in mano a pochi potenti; v’è un mondo schiacciato e schiavo dalle nuove borghesie; v’è il cittadino deluso ed escluso dai processi decisionali; v’é lo squilibrio imperante che rende i poveri sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi. Tutto ciò è drammaticamente avvolto nella vandea più desolante, il cui signore creatore sta nella faziosità della stampa, nell’utilizzo distorto della comunicazione e dei linguaggi, nel controllo delle reti televisive. L’unica speranza, in questa situazione, sarebbe un risveglio dal basso, capace di creare un’onda forte e straripante in grado di produrre nuove forme e nuove culture.. ma ciò è ancora lontanissimo dalla realtà!
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