I primi 20 anni della Fondazione Luca Raggio

18 Settembre 2011
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Andrea Raggio

Ieri abbiamo riportato una sintesi dell’incontro svoltosi l’altra sera al Bastione per festeggiare i primi 20 anni della Fondazione “Solidarietà e diritti Luca Raggio”.  Nel corso del meeting è intervenuto anche Andrea Raggio, di cui riportiamo l’intervento.

L’abbiamo chiamata “Fondazione Solidarietà e Diritti” perché Luca aveva due grandi passioni: il mare e la giustizia. Il mare evoca solidarietà e lega popoli lontani ed etnie diverse e diverse culture. La giustizia evoca diritti che la rafforzino perché così può meglio contribuire a rendere tutti noi più liberi e meno diseguali.
Luca era affascinato della giustizia come grande ideale - un mondo giusto, una società giusta - ma era anche acuto osservatore della quotidianità, della giustizia concreta, quella che entra ogni giorno nella vita di ciascuno di noi. Avvertiva il grande divario tra il bisogno, la domanda di giustizia e la giustizia concreta, e voleva contribuire a colmare questo divario. Perciò voleva fare il magistrato. Era la sua scelta di vita, il suo sogno, infranto proprio mentre stava per realizzarsi, una sera di maggio di venti anni fa, nel mare di cala Cipolla.
La Fondazione Solidarietà e Diritti l’abbiamo voluta, dunque, non solo per ricordare un giovane, ma per non dimenticare i sogni dei giovani. E’ nata come strumento piccolo, piccolissimo, di un fine grande, grandissimo. Il divario non ci ha dissuaso, scoraggiato. Anche l’oceano è fatto di gocce, e ogni goccia è orgogliosa d’essere essa stessa grande mare.
La Fondazione, goccia del mare della libertà, ha fatto in questi vent’anni la sua parte. Col decisivo sostegno di tutti voi. La Fondazione siete voi. Ha fatto la sua parte con la preziosa collaborazione di personalità eminenti in diversi i campi. Io tutti li vorrei qui ricordare, ma sono tanti, e temo qualche dimenticanza. Per tutti faccio il nome di Enrico Vinci, segretario generale del Parlamento europeo, uomo di alta cultura e di grande umanità, che tenne a battesimo la Fondazione assieme a Federico Palomba, magistrato. Ha fatto la sua parte, la Fondazione, con la collaborazione preziosa e costante delle facoltà di scienze politiche e di giurisprudenza dell’università di Cagliari, dei loro presidi e docenti. Determinante è stato l’impegno appassionato dei presidenti dell’Istituzione che si sono susseguiti e dei consiglieri di amministrazione, del presidente e dei membri del comitato scientifico. Tutti li ricordo e per tutti faccio il nome di Antonio Lai, caro amico scomparso. Infine, la Fondazione ha potuto fare la sua parte grazie alla sensibilità della Fondazione Banco di Sardegna che ha aggiunto il suo contributo ai nostri modesti mezzi finanziari.
La fondazione continuerà a fare la sua parte perché l’Italia ha enorme bisogno di solidarietà, di giustizia e di coesione. E ognuno deve fare le sua parte. L’Italia rischia lo sfascio. Che facciamo? Si salvi chi può? Non serve arroccarci nell’individualismo, nel corporativismo, nel localismo: Non serve guardare all’Autonomia come a una fortezza e all’identità come a un rifugio. Non serve pretendere di portare l’Autonomia al limite dell’indipendenza, come qualcuno pasticcia, o persino trascinarla nella rottura, nell’indipendentismo, come altri vaneggiano. Piantiamola con l’annaspare nei diversivi. Il vero problema è bloccare la deriva e avviare la ricostruzione economica, politica e morale del Paese. Un’impresa di lunga lena. Partiti e sindacati sono impegnati per evitare il disastro, e molto dovranno fare per ricostruire. Ce la faranno senza il concorso di tutte le forze sane del Paese?
So bene che a molti giovani questi partiti non piacciono. Li capisco. Anch’io, che ho militato per oltre cinquant’anni in un grande partito, e ricordo quell’esperienza che ha segnato la mia vita con orgoglio, anch’io oggi preferisco essere un cittadino senza partito. Ma non si può e non si deve rinunciare alla politica. Essa decide delle nostre condizioni di vita, del nostro futuro e di quello dei nostri figli. Non dobbiamo lasciarla agli altri. Ci sono, oltre i partiti, altri strumenti e modi per fare politica. Molti giovani, nei mesi scorsi, in occasione delle elezioni amministrative e referendarie, si sono impegnati in politica. L’hanno fatto in piena autonomia, non contro ma distintamente dai partiti. Hanno vinto, e hanno fatto vincere o perdere i partiti, secondo il loro giudizio. Ora non bisogna ritrarsi nell’ombra, si deve stare in campo, continuare a fare politica, nelle forme e nei modi che ciascuno sceglierà.
Quando un cittadino decide spontaneamente di contribuire a risolvere problemi d’interesse comune che lo Stato affronta solo in parte o non affronta affatto, quel cittadino interviene nella vita pubblica e, dunque, fa politica. Ecco, fare volontariato è fare politica. Ed è bene perciò, che si estenda, in tutti i campi, specie in quello dei diritti perché la tutela dei diritti è fondamento della democrazia ed è condizione imprescindibile della buona politica.
In questa prospettiva la Fondazione potrà essere uno strumento meno piccolo (non meno debole, non è mai stato debole!) di quello che è oggi? Può essere uno dei punti di riferimento di un volontariato dei diritti sempre più diffuso, uno dei motori del suo ulteriore sviluppo? Io credo di sì, ne discuteremo assieme, decideremo assieme. Come vedete neanche i vecchi rinunciano ai sogni.
In conclusione, nel ricordo di Giovanna e anche in nome dei soci fondatori, vi ringrazio tutti.

1 commento

  • 1 Giulio C.
    20 Settembre 2011 - 18:18

    Complimenti per il lavoro della Fondazione, ad Andrea, a Pasquale e a Gianluca.

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