Alfiero Grandi
Il Governo ha varato la quarta versione della manovra, il risultato non è migliorato, anzi.
Riassumendo.
Fino a poche settimane fa il Governo negava l’esistenza di difficoltà nel far quadrare i conti pubblici, anzi il leit motiv dei discorsi della maggioranza era che l’Italia stava meglio degli altri paesi europei e non correva alcun pericolo di tipo greco. Ora, dopo la terza e ancora più dura manovra finanziaria in pochi mesi, per 2/3 di nuove entrate fiscali, il Governo sembra soddisfatto del solo fatto che la differenza tra i titoli pubblici italiani e quelli tedeschi sia più o meno di 350 punti, livello che fino a poco tempo fa era considerato una soglia impensabile e che invece comporta un aumento degli interessi da pagare sul debito del nostro paese di svariati miliardi di euro.
Il Governo ha cercato disperatamente di riservare l’aumento dell’Iva per operazioni sul fisco e poi ha dovuto cedere e l’ha inserita all’ultimo nel decreto perché i numeri della manovra finanziaria non tenevano agli occhi della Bce - quindi dei mercati - che ha apertamente minacciato di smettere di acquistare i titoli pubblici italiani.
Le mani nelle tasche degli italiani il Governo le ha messe, eccome. Ha cercato di evitare di non fare pagare i redditi più alti fino all’ultimo, poi ha dovuto adottare la foglia di fico che è la blanda misura che prevede un modesto contributo del 3 % sopra i 300.000 euro di reddito e per di più nulla ai redditi da capitale. Ha accettato di ridurre il taglio dell’indennità ai parlamentari che hanno altri redditi, in particolare avvocati e professionisti, di cui la maggioranza è letteralmente sovrabbondante.
Il Governo ha adottato misure pesanti che in modo diretto o indiretto (attraverso l’aumento delle tasse regionali e comunali) peseranno duramente sui bilanci delle famiglie e in particolare sui redditi più bassi. Secondo i conti della Provincia di Roma almeno 3600 euro a famiglia. Quindi la manovra finanziaria è pesante quanto iniqua socialmente.
Il Governo ha voluto ad ogni costo mantenere l’articolo 8 del decreto legge che fa una pesantissima incursione nel campo dei diritti dei lavoratori, al punto che ora Bonanni - dopo lo sciopero generale della Cgil - propone un patto tra i sindacati per non toccare l’articolo 18. In realtà questa proposta di Bonanni non risolve il problema di fondo che è l’indisponibilità a rivedere nei contratti aziendali le norme di legge e quanto previsto dai contratti nazionali senza previsione di deroghe.
Bonanni dovrebbe avere il coraggio di dire che ha sbagliato ad accettare le posizioni di Sacconi che in questo modo sta tentando lo scasso del sistema di relazioni sindacali, che così diverranno del tutto dipendenti dalle decisioni delle aziende e che punta ad affossare l’accordo interconfederale dello scorso giugno.
La Cgil ha il merito con lo sciopero generale di avere tenuto aperta la questione dell’articolo 8, costringendo tutti a fare i conti con questa norma del decreto che si dovrebbe occupare di conti pubblici, non di relazioni sindacali e di azzeramento dei diritti dei lavoratori.
Sacconi tenta di distruggere quanto ha fortemente voluto quel noto estremista socialista che era il Ministro Brodolini. Perché altri lo stiano aiutando o non contrastando in questo incredibile obiettivo è (forse) un autentico mistero.
Anche l’opposizione forse poteva tentare di ottenere qualcosa di più. So che è materia delicata, tuttavia se si può comprendere l’appello del Presidente della Repubblica a fare presto e possibilmente bene per alzare una diga contro la speculazione, si comprende meno perché non sia stato detto chiaro al Governo che la condizione per consentire un’approvazione celere di una manovra, già sbagliata di suo, era appunto lo stralcio dell’articolo 8, che con la manovra finanziaria non c’entra nulla ed è stato inserito lì perché in realtà il retropensiero del Governo era dall’inizio utilizzare il voto di fiducia per l’approvazione del provvedimento. Perché la confusione di posizioni nella maggioranza è tale che questo è l’unico modo per imporre la volontà del capo. Fuori da questo contesto il contenuto dell’articolo 8 difficilmente sarebbe passato.
Se l’opposizione non se l’è sentita di bloccare l’approvazione della manovra con i mezzi parlamentari che ha a disposizione, anche correndo qualche rischio, e spiegando bene la ragione anche al Presidente, ora deve comunque sapere che prima o poi verrà il momento di costruire il programma di un nuovo centro sinistra e se vuole ottenere il voto dovrà impegnarsi senza ambiguità a cancellare questa norma che ha un carattere dirimente ed emblematico come poche altre. Se la cancellerà prima la Corte Costituzionale meglio, ma se non dovesse farlo per qualsiasi ragione è una scelta politica che verrà richiesta all’opposizione, senza ambiguità.
Il Governo poi non ha messo nella manovra nulla per la ripresa e l’occupazione (sui fondi Fas ha solo tagliato un poco meno) e questo dà ragione a chi teme che tra pochi mesi dovremo tornarci sopra, perché i tagli selvaggi chiamano altri tagli, in una spirale che può essere lunga e drammatica.
Questo Governo si è macchiato di gravissime iniquità sociali ed è incapace di pensare al futuro del paese. Se dedicasse alla ripresa il tempo delle telefonate di Berlusconi a Lavitola sarebbe già un passo avanti. Per questo occorre liberare l’Italia dalla tassa non scritta della presenza di questo Governo e di questo Presidente del Consiglio. Già così i mercati potrebbero essere più clementi con l’Italia.
Si parla molto della possibilità di arrivare ad un Governo tecnico, nominato dal Presidente per finire la legislatura. Sarà, ma chi convincerà Berlusconi a mollare la presa ? Quando ha appena imposto ad Alfano di chiarire che sarà lui il candidato anche nel 2013 ? Giusta o sbagliata che sia, quella del Governo tecnico è una proposta che non regge, quindi l’opposizione deve attrezzarsi per puntare alla caduta di questo Governo e alle elezioni anticipate prima possibile. Meglio a novembre, come in Spagna. Altrimenti il lento consumarsi del nostro paese continuerà, con il serio rischio che restino ben poche energie per riprendersi. La legge elettorale è certamente un problema, ma ci si può sempre impegnare ad adottare modalità di scelta dei candidati dell’opposizione tali da ridurre il danno. Basta che i segretari rinuncino a nominare e accettino le indicazioni degli elettori.
Del resto la permanenza di questo Governo è molto peggio.
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