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La zona dove sorge l’odierna città di Iglesias era già frequentata in epoca antica: le tracce più antiche d’insediamento umano risalgono alla Cultura neolitica di San Michele di Ozieri, con le tombe a fossa dette Domus de Janas, nell’area montuosa di San Benedetto. Al periodo prenuragico appartengono anche i ritrovamenti ascrivibili alle culture di Monte Claro , del Vaso campaniforme e di Bonnanaro rinvenuti nelle grotte circostanti [5]. Seguono ulteriori tracce di frequentazioni nuragiche (vari Nuraghi, ormai diroccati, sono presenti sul territorio), e ovviamente immancabili rinvenimenti archeologici di ceramiche fenicio-puniche. In Età romana risulta che vi siano state frequentazioni assidue, specie per via delle Miniere d’argento presenti sul territorio. Le fonti parlano di Metalla, la favolosa città perduta, forse al confine tra Iglesias e Fluminimaggiore, sito principale di estrazione mineraria nel territorio.
Nell’Alto Medioevo si perdono le tracce umane, per lo meno nella prima metà. Dall’VIII secolo d.C., invece, riappaiono tracce urbane, con la chiesa tardo-bizantina di San Salvatore, recentemente restaurata e recuperata, che è una testimonianza della presenza degli eserciti di Bisanzio. Dopo l’abbandono dell’isola da parte dei bizantini, il territorio fu compreso nella curatoria del Cixerri e seguì le sorti del giudicato di Cagliari che dominò tutta l’area meridionale della Sardegna fino al XIII secolo. Nel 1258 a seguito della spartizione del giudicato, la parte occidentale corrispondente al “terzo” del territorio giudicale (curatorie del Cixerri, Sulcis, Nora, Decimo) venne assegnata alla famiglia pisana dei Della Gherardesca. Questo terzo fu diviso poi nel 1282 in due “sesti” ; un sesto comprendente le due curatorie meridionali e Decimo andò a Ghearardo della Gherardesca mentre il sesto corrispondente alla curatoria del Cixerri passò al conte Ugolino della Gherardesca[6]; grazie alle sua iniziative, presso la zona dove sorgeva la chiesa bizantina di San Salvatore, venne fondata la nuova città di Villa di Chiesa (in latino Villa Ecclesiae) . I Della Gheradesca ugoliniani vi costruirono un castello detto di Salvaterra o di San Guantino[7] (pesantemente modificato e restaurato nei secoli) e finanziarono la costruzione di diverse chiese, fra le più importanti si possono citare la Chiesa di Santa Chiara edificata fra il 1284 e il 1288 e quella di Nostra Signora di Valverde costruita tra il 1285 e il 1290; molte altre chiese sorsero negli anni a venire, tante da determinare il nome della città[8].
Dopo la morte del conte Ugolino avvenuta nel marzo del 1289 nella Torre della Fame di Pisa dove era stato imprigionato l’estate del 1288 a causa dell’accusa di sedizione e alto tradimento, i suoi possedimenti sardi del Cixerri furono ereditati dal figlio Guelfo della Gheradesca che, sfuggito all’autorità di Pisa nel 1288, si era stabilito a Villa di Chiesa. Guelfo portò avanti una politica di ostilità verso il potere centrale della repubblica e coniò nella neonata zecca di Villa di Chiesa una moneta propria in argento sulla quale campeggiava la scritta in latino “GUELFUS ET LOTTUS COMITES DE DONORATICO ET TERCIE PARTIS REGNI KALLARI” ; in seguito tentò di impadronirsi con la forza del “sesto” (curatorie del Sulcis, Nora e Decimo) che dopo la divisione del 1282 era passato a Gherardo della Gherardesca, occupando il castello di Gioiosaguardia presso Villamassargia. La risposta di Pisa non si fece attendere e nel 1295 le truppe della repubblica guidate dallo zio avversario Ranieri Della Gherardesca e da Lupo Villani e coadiuvate dalle forze di Mariano II d’Arborea assalirono Villa di Chiesa e la espugnarono. Guelfo venne ferito da una “verga sardesca” nei pressi di Domusnovas e tentò quindi la fuga verso Sassari ma morì a causa di un’infezione nell’ospedale di Siete Fuentes situato nel territorio del giudicato di Arborea. Villa di Chiesa venne amministrata per un breve periodo dagli arborensi per poi passare nuovamente sotto il saldo controllo del comune di Pisa tra il 1301 e il 1302[9].
Sotto la dominazione di Pisa, Villa di Chiesa divenne ben presto una delle città più importanti e popolose della Sardegna grazie ad un nuovo impulso nell’estrazione del carbone, della blenda (minerale di zinco) e della galena (minerale di piombo), nonché di modeste quantità d’argento. La città popolata in maggioranza da sardi e pisani ospitava anche altre comunità tra cui una comunità tedesca[10]. Fiore all’occhiello della città medioevale è il Breve di Villa di Chiesa, il più antico Codice di Leggi della Città, esistente in una copia del 1327 perfettamente conservata e custodita presso l’Archivio Storico Comunale.
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