Alfiero Grandi
La grave crisi mondiale colpisce non solo i lavoratori e il ceto medio, ma aggredisce anche gli Stati. La Grecia è l’anello più debole della catena. Ma molti altri sono a rischio. Alfiero Grandi già sottosegretario alle finanze nel governo Prodi ci offre qualche spunto di riflessione su un tema di straordinaria gravità, certamente molto sottovalutato.
La decisione europea per salvare la Grecia dal tracollo è finalmente arrivata. Tardi, molto tardi, speriamo non troppo tardi. Nel frattempo la situazione greca si è aggravata, per il suo debito pubblico sono stati pagati interessi disastrosi, facendo pesare ancora di più le conseguenze sulle persone di questo paese e finendo con il costare di più anche per gli europei. E’ chiaro che quanto è ritenuto necessario oggi per fronteggiare la speculazione è più di quanto sarebbe stato necessario per un intervento tempestivo.
E’ curioso che una delle aree economiche più importanti del mondo (almeno per ora) come l’Europa penda dalle labbra delle agenzie di rating, le stesse che hanno avallato la bolla speculativa sulle abitazioni e in generale le speculazioni che hanno finito con il mettere in ginocchio l’economia mondiale. Non a caso nel loro board siedono i rappresentanti dei più importanti fondi speculativi. Eppure proprio i loro pareri così catastrofici hanno creato una possibile via per la Grecia per alleggerire un poco il debito. Si tratta del riacquisto del debito greco che nel frattempo è stato svalutato sul mercato proprio dal parere delle Agenzie di rating e quindi è offerto da chi l’aveva acquistato in precedenza a condizioni molto convenienti.
Il buy back è un modo come un altro per ridurre il debito pubblico greco, creato per una sorta di contrappasso dalla stessa azione speculativa. Lo fanno anche i privati. Chissà perché se lo fa uno Stato diventa una tragedia. Per fare questa operazione ci si è inventati una modalità complicatissima, è sperabile che comunque sia possibile attuarla.
Dalle misure decise per salvare la Grecia risulta evidente che la montagna europea ha partorito, tardi e con fatica, il topolino. Il problema vero che emerge, più che la Grecia, è l’Europa che prende solo decisioni tardive, quindi più costose, farraginose e impegna risorse ingenti solo per fronteggiare la speculazione. Basteranno queste misure ? Per il debito della Grecia forse si, ma le misure, paradossalmente, sono anche carburante per la speculazione. Perché rendono esplicito che per l’Europa il modo per farvi fronte è rendere disponibili enormi somme da bruciare nella fornace della speculazione. Certo la speculazione non otterrà tutto quello che pretende e tuttavia intascherà risorse non disprezzabili. Quando la speculazione avverte che questa è la natura della risposta in genere rilancia, magari non sulla Grecia ma su altri paesi. Per prudenza teniamo allacciata la cintura di sicurezza, perché l’Italia già ora paga 1 punto e mezzo in più nel servizio del debito pubblico, che fortunatamente è distribuito su più anni, altrimenti sarebbero 16/18 miliardi di euro di maggiori costi.
Il punto di forza della decisione europea è il fatto che c’è stata. I punti deboli almeno due. Il primo è avere impostato il contrasto alla speculazione come un’iniziativa che si sviluppa nel mercato finanziario, quindi potenzialmente molto costosa, e non sul mercato finanziario per regolarlo e ricondurlo a regole accettabili.
Il secondo è avere adottato tardivamente misure per impedire il fallimento dello Stato greco, che per di più avrebbe aperto una voragine in cui sarebbe probabilmente finito anche l’Euro, ma non avere deciso misure per la ripresa economica, a partire da un sotegno alla stessa Grecia, che per ora dell’Europa conosce più il volto arcigno che il sostegno fraterno e solidale.
Come si fa a parlare di piano Marshall per la Grecia? I prestiti del piano Marshall erano destinati a finanziare la ripresa produttiva e l’occupazione nell’Europa in rovina dopo la seconda guerra mondiale. Parole in libertà.
Purtroppo appare chiaro che l’Europa di oggi non ha i grandi sogni dei padri fondatori ma nemmeno conservatori illuminati, più o meno come Marshall, appunto.
La destra domina i Governi europei e si vede. Gli interessi nazionali, quando va bene, vengono prima di quelli dell’Europa. La sinistra europea, fin troppo afona, dovrebbe porre con forza la questione dello sviluppo e dell’occupazione, della costruzione di un punto politico europeo di direzione della politica economica (Ministro dell’Economia) in grado di confrontarsi con la BCE, con i mercati e di adottare quanto è necessario per regolare i mercati e fermare la speculazione. Se il dibattito continuerà ad avere come centro il rafforzarmento del patrimonio delle banche, riducendo così la leva del credito, cosa in sé non disprezzabile, anziché andare alla radice delle regole che si dovrebbero adottare per i mercati finanziari e anziché porsi il problema del reperimento delle risorse per finanziare il rilancio economico dell’Europa, le cose non miglioreranno. Almeno non per tutti. Non so quanti hanno riflettuto che l’altra faccia della medaglia dei costi da usura dei crediti concessi alla Grecia dai mercati finanziari sono i tassi assolutamente convenienti per la Germania. La differenza tra i bund tedeschi e quelli dei paesi sotto tiro dice appunto questo. Chi sta messo meglio non vorrebbe pagare per chi è in difficoltà e pazienza se l’Europa deperirà. C’è sempre il buy back anche per un’Europa in crisi e si chiama euro a più velocità e area ristretta di paesi che decidono. Si potrebbe ribattere che tanto con Berlusconi al Governo l’Italia è fuori comunque dalla cabine di regia. Vero, ma non inevitabile. Basta cambiare il Governo e forse un contributo europeo l’Italia potrebbe darlo.
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