Gianluca Scroccu
Diciamo la verità: idealmente, molti di noi, l’altro giorno erano al Tiergarten di Berlino. Di fronte a Barack Obama possiamo continuare a pensare che in politica, anche quando si passano anni bui, c’è sempre la possibilità del riscatto e si può credere nella svolta.
Intendiamoci, bisogna evitare di fabbricare santini o di proiettare in maniera eccessiva aspettative e tensioni che sono solo dettate dallo scoramento che molti progressisti italiani stanno provando da diverse settimane, ma la sensazione è che questa volta le elezioni americane possano portare veramente un vento nuovo. Un candidato nero quarantaseienne, con un padre di origine africane (del Kenya), che si presenta alla carica politica più importante del pianeta dopo solo due anni come senatore a Washington e che sfida ogni pregiudizio (da rileggere con attenzione un discorso di Barack del marzo di quest’anno a Philadelphia durante il quale mise con molto coraggio in evidenza quanto il razzismo pesasse ancora sulle disuguaglianze degli Stati Uniti).
Nella capitale tedesca il candidato democratico ha fatto un discorso molto bello (importanti, solo per citare un tema, i riferimenti alla lotta per la salvaguardia ambientale del pianeta), presentandosi come cittadino del mondo e indicando nell’interdipendenza dei popoli una delle chiavi per cercare di disegnare un nuovo ordine mondiale. Quanta distanza dall’hard power di G. W. Bush, il peggior presidente di tutti i tempi della storia americana (il cristiano rinato, accanito lettore della Bibbia, che pare divorzierà a fine mandato e che avrebbe anche ricominciato a bere…..).
Se, in questi otto anni, Bush ha alzato steccati tra i popoli, demolendo il diritto internazionale promuovendo guerre sulla base di prove false e costruzioni di improbabili assi del male, ora Obama chiede da Berlino di abolire tutti i muri e di costruire insieme un nuovo modello politico globale basato sulla cooperazione tra i popoli, dove l’Europa avrà un ruolo centrale.
I problemi della Terra sono giganteschi, e nessuno può sfuggire; ma resta il fatto che molti stati sembrano quantomeno provare a contrastare questo modello di globalizzazione antidemocratica che ha lasciato nella miseria il Terzo Mondo ma ha anche distrutto la classe media europea ed americana. Qui da noi, in Italia, tutto tace e assistiamo impotenti (opposizione dove sei?) all’avvento di una monocrazia personale che disegna una società sempre più sostenuta da un controllo pressoché totale dell’informazione. A Novembre seguiremo con trepidazione le elezioni americane, così come abbiamo seguito quelle spagnole o quelle francesi. Sperando che anche nel nostro Paese, prima o poi, ci sia un auspicato rinnovamento della politica, sempre più necessario. Non abbiamo bisogno di politici che copino o scimmiottino gli slogan di Barack Obama: abbiamo bisogno di persone, donne e uomini, che sappiano interpretare il malessere della nostra nazione e riescano a suscitare speranze per il presente e fiducia nel futuro.
1 commento
1 A.P.
28 Luglio 2008 - 07:32
Non bisogna credere che una vittoria di Obama capovolga la politica americana. Ma certamente la riporterà alla normalità democratica, dopo i duri colpi inferti da Bush ai principi dello Stato di diritto e alle regole della convivenza internazionale sancite nella Carta dell’ONU, perfino peggiorando la politica di Reagan. E questa sarebbe già una rivoluzione.
Importante anche la visita in Europa, alla quale evidentemente Obama riconosce un ruolo politico e culturale a livello planetario. Al contrario dei neocons ultraliberisti, per i quali il Vecchio Continente era un imbelle ammasso di persone incapace di battersi a difesa degli interessi dell’Occidente, pur volendo godere dei vantaggi del dominio occidentale sul resto del mondo. Ricordate il libro di R. Kagan “Paradiso e potere”? Rispetto a quelle posizioni Obama sicuramente costituirà una svolta, ridando fiato alle forze progressiste a livello mondiale. Tifiamo tutti per lui.
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