Giuseppe Cavallera e i battellieri

7 Agosto 2011
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Red

“I battellieri erano stati i primi a organizzarsi in leghe sotto la guida di un socialista piemontese, un medico povero fra i poveri……il dottor Cavallera, il pioniere del socialismo in Sardegna ’ ;
Queste parole sono dello Scrittore Giuseppe Dessì.Egli fa un breve ma incisivo ritratto di Cavallera, il “pioniere del socialismo in Sardegna”, nel suo libro più famoso “Paese d’Ombre”.

Giuseppe Cavallera nacque a Villar San Costanzo presso Dronero (Cuneo), nel 1873 e morì a Roma il 15 Agosto 1952.
Sposatosi con una ragazza di Carloforte di nome Anna Vassallo, ebbe sei figli.
L’ occasione della sua venuta in Sardegna gli venne offerta dalla Borsa di Studio che vinse presso la facoltà di medicina dell’Università di Cagliari. Pertanto si trasferì in Sardegna per frequentare l’Università di Cagliari dove si laureò nel 1896.
Nel 1897 a Carloforte inizia la sua attività sociale e politico-sindacale a difesa prima dei battellieri e poi dei minatori del bacino minerario.
Egli ha un ruolo determinante per l’organizzazione delle Leghe che si ponevano come obiettivo il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei minatori del Sulcis-Inglesiente-Guspinese.
Arrestato nel 1900 per gli scioperi verificatosi a Carloforte tra il 1897 e il 1899, venne condannato a sette mesi di carcere.
Nel 1904 fu eletto segretario della Federazione Regionale dei minatori sardi la cui costituzione venne sancita definitivamente il 28 Luglio del 1904.
Nel 1906 viene eletto sindaco di Carloforte, nel 1913 deputato, nel 1946 senatore.

BREVI CENNI STORICI SUI BATTELLIERI

L’attività dei battellieri di Carloforte, quella che qualcuno ha definito l’epopea dei galanzieri abbraccia un periodo che, sebbene breve, risulta, incisivo e determinante per la storia economica e sociale di Carloforte.
Nella seconda metà dell’Ottocento, le società concessionarie delle miniere della Sardegna Sud-Occidentale, scelsero Carloforte come punto d’imbarco del minerale, e la vita della cittadina ebbe uno sviluppo repentino: sorsero sulla costa orientale dell’isola di San Pietro capienti magazzini di deposito e lo specchio di mare antistante il centro abitato si popolò di bilancelle a vela latina.
E’ in questo momento che nacque una nuova classe operaia, quella, appunto, dei battellieri o galanzieri.
I carlofortini trovarono in quest’attività un fattore economico capace di equilibrare una crisi che era dovuta al  depauperamento dei banchi coralliferi e alla scarsezza delle risorse agricole dell’isola.
Gli uomini adibiti a questo lavoro, vantavano quasi tutti, una forza eccezionale e una sorprendente velocità nel maneggiare le ceste di galena: il loro lavoro non aveva limiti di orario, durava fino a quando le operazioni di carico e scarico erano completate, anche 14/16 ore il giorno.
Le bilancelle a vela latina, spinte a remi se il vento non era propizio, si recavano dall’Isola di San Pietro alle miniere di Funtanamare, Masua, Nebida (12 miglia), Buggerru (18 miglia), Piscinas – e ‘ciase’ (40 miglia). Giunti al punto d’imbarco i battellieri si tuffavano a mare per preparare i pontili mobili, correvano ai vagoncini che dai magazzini permettevano il trasporto sul litorale, quindi caricavano le coffette per poi scaricarle dentro le stive delle imbarcazioni e ripartivano per Carloforte dove effettuavano un nuovo trasporto dal battello ai magazzini.
In questo modo furono trasportati in media 800.000 quintali di minerale l’anno. Il breve arco temporale dell’attività di questi lavoratori fu costellato di contestazioni, di lotte, di
sacrifici, tutto affrontato con grande forza d’animo e determinazione.
Il primo ‘sciopero’ avvenne nel 1881: i battellieri si erano spontaneamente astenuti dal lavoro per protestare contro la diminuzione dei salari imposta dalla compagnia francese Malfidano. In realtà il malcontento era stato strumentalizzato da ‘i capetti ‘, la nuova borghesia massonico-liberale che mal sopportava lo strapotere di Paolo Segni, sindaco da decenni del paese, consigliere e cognato
dell’agente della Malfidano Remigio Jacomy. Lo sciopero era finito male: 25 carlofortini erano stati accusati di violenza e frode in commercio, l’accusa era stata dimostrata e vi erano state 22 condanne; nulla era cambiato e il trasporto del minerale fu pagato come prima.
Fu solo con l’avvento di Giuseppe Cavallera che (usando una frase di Odino Morgari) questo esercito trovò il suo capitano.
Il Cavallera si era trasferito in Sardegna, ancora studente universitario nel 1895 e aveva tentato di organizzarvi il movimento socialista. Malgrado il suo entusiasmo, i proletari sardi vivevano in una condizione di povertà tale da non poter recepire il messaggio di promozione civile e sociale che egli voleva diffondere ed i suoi tentativi in un primo momento fallirono.
Nel 1897 , invitato da un amico, Cavallera giunse a Carloforte e le cose cambiarono repentinamente infatti, il giorno dopo il suo arrivo,sotto il suo consiglio si costituiva la lega dei battellieri che,qualche mese dopo, scendeva in sciopero.
I lavoratori chiedevano il riposo festivo, un pesatore-estimatore imparziale, un avvicendamento dei turni di lavoro che permettesse l’attività di tutte le barche. La società Malfidano rispose sostituendo i lavoratori di Carloforte prima con i calasettani poi con i cagliaritani, marinai che si dimostrarono inadeguati e incapaci di svolgere il duro lavoro della galanza. Il prefetto intervenne, si arrivò ad un precario equilibrio che durò fino al 1899.
In quell’anno ci furono le elezioni, e per la prima volta, i battellieri presentarono una loro lista ma la vecchia classe dirigente si alleò con la nuova borghesia liberal-massonica; fecero lista comune e vinsero le elezioni che si svolsero in un clima di tensione. La società Malfidano rimise in carica un estimatore poco gradito ai battellieri, impose il lavoro in un giorno che i carlofortini da sempre ritenevano intoccabile, l’ultimo giorno di carnevale, e tutto ciò contribuì a creare un malcontento che sfociò alla fine di quello stesso anno in uno sciopero di protesta.
Alla protesta si rispose con licenziamenti e la gente ebbe paura: i lavoratori che fino a quel momento erano stati solidali, cominciarono a guardarsi con sospetto e alcuni ritornarono al lavoro.
Fu forse la prima volta che una frattura così violenta divise la comunità carlofortina. Fu questo il momento in cui nacquero le storiche fazioni che fino a qualche decennio fa contraddistinguevano la politica carlofortina: le cappe bianche e le cappe nere e i rancori durarono intere generazioni.
La colpa di questa frattura fu data al Cavallera: “ per colpa sua – si disse – è finita la pace e la concordia” e ci si dimenticò che la lotta era stata in nome della dignità nel lavoro e della promozione sociale.
La comunità tabarkina fu attraversata da sospetti, da provocazioni, da minacce e ‘finalmente’ la notte fra il 30 e il 31 agosto del 1900 Giuseppe Cavallera e 18 aderenti alla lega furono arrestati.
Gli imputati furono 47, accusati di associazione per delinquere, istigazione, truffa, estorsione, danneggiamento, sommersione di barche. Il processo si celebrò a Cagliari un anno più tardi. Iniziò il 17 luglio e si concluse il 3 agosto del 1901 con la condanna del solo Cavallera per eccitamento alla lotta di classe. La condanna prevedeva sette mesi di detenzione di cui sei condonati per amnistia. Cavallera aveva già scontato la sua pena e poteva tornare a Carloforte.
In molte delle nostre case c’è la fotografia ricordo del ritorno di Cavallera e ci colpisce l’atmosfera di festa che da essa traspare, sorprendente se pensiamo che in realtà, lo sciopero si era risolto in una sconfitta. E’ tuttavia da notare che da questi fatti era nata nei lavoratori sardi una nuova coscienza e poiché, contemporaneamente iniziava a livello nazionale una nuova stagione politica, il movimento operaio avrebbe avuto un ruolo di protagonista attraverso quelle battaglie difficili e talvolta sanguinose che sono la storia del XX secolo.
In questa occasione si vogliono commemorare lo sciopero del 1900, uno dei primi a livello nazionale e il processo che ne seguì, non per una semplice riesumazione di ricordi del passato ma per una riflessione alla riscoperta di certi valori che la società moderna ha dimenticato onde guardare più consapevole al futuro.
E’ soprattutto ai più giovani che sarà rivolto questo messaggio perché conoscano la storia che ha dato la possibilità di creare una società nuova grazie ai rischi, alle rinunce, alle lotte di una categoria di persone che osarono, quando ciò era considerato un reato, protestare per ottenere migliori condizioni di lavoro e compensi adeguati, in modo che, ricordando uomini e avvenimenti di una storia recente, si possa cogliere un messaggio di grande valore storico e umano.
Cavallera era un medico, avrebbe dovuto appartenere alla classe borghese, a quella dei ‘sciui’, come si diceva un tempo, ma volle essere voce di chi voce non aveva. Era molto giovane, quasi un ragazzo, ma seppe agire con prudenza e coraggio a favore della nostra gente che attraverso una vicenda secolare fatta di lavoro e sacrifici aveva acquisito il sentimento della propria dignità, l’orgoglio delle proprie radici, il senso del dovere assieme alla coscienza dei propri diritti.
A questo popolo egli volle dedicare la sua opera e sentì la sua attività come una missione politica volta soprattutto alla promozione sociale, culturale, umana della gente che era diventata parte di se stesso e vi profuse tutto l’entusiasmo della sua giovane età.
E ancora ci lega a questo passato un cammino ideale le cui tappe, tanto per citarne qualcuna, sono rappresentate dalla casa del proletariato e in epoca più recente dall’Istituto Nautico che, sorto sull’area un tempo occupata dai magazzini del minerale, rappresenta il baluardo delle tradizioni marinare di Carloforte.

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