Quel giorno a Buggerru

10 Agosto 2011
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Romano Ruju

Pubblichiamo la presentazione dell’Autore del libro
Quel giorno a Buggerru
Rievocazione drammatica in due atti
Ed.
 Il Maestrale

Il 3 settembre 1904 viene proclamato a Buggerru lo
sciopero dei minatori. È il quarto in Sardegna dopo
quello di Lula nel 1899, di Buggerru nel 1900 e di
Montevecchio nel 1903.
L’assoluta libertà nella quale operano e agiscono le
società straniere, cui sono affidati in concessione i giacimenti
minerari del Sulcis Iglesiente, hanno portato il
minatore a una vita di stenti, disumana, per gli orari
massacranti, l’assoluta mancanza di contratti di lavoro
e l’azione dispotica dei gestori delle cantine che sono il
prodotto più deteriore delle società.
Per meglio mettere a fuoco il tragico quadro della situazione,
che solo più tardi scaturì in tutta la sua drammaticità,
attraverso le indagini svolte dalla Commissione
d’Inchiesta Parlamentare voluta dall’on. Turati, appare
eloquente lasciar parlare gli stessi protagonisti
dell’epoca, attraverso lettere e memoriali che si trovano
raccolti negli atti della citata Commissione.
«Ci troviamo alloggiati in misere capanne coperte di
terra che, quando piove, ci è più acqua dentro che fuo-
ri, e siamo sempre in pericolo di pigliarci un malanno,
facendoci pagare mensilmente l’affitto; e in questo punto
chiediamo di essere esclusi da questo pagamento;
che eccetto poche eccezioni gli alloggi sono tutti di
proprietà amministrativa.»
«I prezzi dei viveri alimentari di cantina sono pessimi…
e poi sono molto raffinati sul peso… che ne rubano
anche l’anima del mondo. Il pane certi giorni è buonissimo;
ma quando toccano a farlo fare cattivo non ne
mangiano nemmeno i porci, oltre i cristiani della terra…
»
«I signori commessi di cantina non mancano, potendo,
di esercitare le loro piccole angherie e ruberie. Difatti
non è raro il caso di un operaio che non sa leggere
e scrivere, che quando ricorre ad un individuo che
possa leggergli il libretto e dirgli quanta spesa ha fatta,
senta dirsi che abbia preso il doppio di quanto effettivamente
ha preso.»
Ed ancora sulle cantine, ecco quanto disse il sottoprefetto
di Iglesias: «Da processi fatti a Cagliari risultò
che un sigaro invece di essere notato per lire 0,10 era
notato per lire 0,12 ma l’autorità giudiziaria ritenne
non esservi gli estremi di reato.»
E, infine, la testimonianza di un commissario di P.S.
che così disse: «Tutti tendono a sfruttare nel modo più
vergognoso i lavoratori. Si infliggono continuamente
delle multe, una volta si faceva pagare il sigaro 15 centesimi,
mentre costava 10… Tutti gli operai sono inde-
bitati verso la cantina, sui prestiti in denaro pare si faccia
pagare l’interesse del 120 per cento…»
Ma anche nelle gallerie e dentro i pozzi la vita del minatore
è logorante e senza speranza. Ecco una drammatica
testimonianza degli operai della laveria di Seddas
Moddizzis: «Anche le bestie, in genere, hanno il
privilegio che nelle ore di mangiare godono di un minuto
di riposo, mentre noi altri che apparteniamo alla
classe degli esseri ragionevoli non possiamo godere di
questo privilegio, poiché ne siamo dai superiori severamente
proibiti. Nella laveria di Seddas Moddizzis si
lavora undici ore consecutive e cioè dalle sei della mattina
alla cinque della sera (mentre in tutti gli altri posti
si lavora 10 ore soltanto) e l’operaio è costretto a mangiare
quel tozzo di pane mentre lavora, avendo per
companatico polvere di calamina o di minerale…»
Furono queste le cause che portarono gli operai alla
indignazione e alla ribellione. L’eccidio di Buggerru,
tragico epilogo di una sana azione di protesta, sollevò
l’indignazione di tutte le classi operaie italiane e qualche
giorno dopo venne proclamato il primo sciopero
nazionale.
I fatti narrati in questo lavoro sono collocati in una
dimensione aderente alla realtà storico-politica, ma
non hanno alcuna pretesa di mettere a fuoco la cronaca
«registrata» degli avvenimenti.

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