Caro Vendola, “ compagni“ non è parola superata

21 Luglio 2011
1 Commento


Francesco Cocco

Così anche per Nichi Vendola il termine “compagno” non è più attuale per definirsi militanti della sinistra, meglio chiamarsi amici.
Non credo valido il broccardo giustinianeo che “nomina sunt consequentia rerum”: le parole non hanno in sé un loro destino, né definiscono la natura degli uomini e delle cose. Credo invece che esse si carichino di un significato nella storia e servano a realizzare le necessarie azioni e l’insostituibile organizzazione nella lotta. Si può pensare alla Rivoluzione francese distinta dal termine “cittadino” ? Si può pensare a Saint-Just incitare l’Armata del Reno contro gli invasori prussiani senza l’appellativo “cittadini” che di per sé connotava un ordine statuale nuovo?
Di quale grande significato la parola compagno sia andata caricandosi nella storia del movimento operaio è noto a tutti. Aveva in sé una valenza altamente simbolica in grado di evocare la condivisione del pane (cum pane) e così venne adottato con la Prima Internazionale in una fase ascendente del movimento operaio internazionale ed è diventato il termine per una scelta di campo quando, pur con mille errori, i lavoratori tentarono di costruire il “loro mondo”. “Compagno” indicava coloro che nella seconda metà dell’Ottocento lottavano contro lo sfruttamento dei famelici “padroni delle ferriere”, che nella seconda metà degli anni Trenta si ribellavano al fascismo in Spagna, che negli Anni Quaranta combattevano il nazismo.
Attorno a quel termine ha preso corpo tutta una letteratura a cominciare dagli inni che nelle dure lotte hanno infiammato gli animi. Ricordate “l’Inno dei Lavoratori” e le canzoni popolari dell’Emilia e della Lombardia? Erano rivolte alle compagne ed ai compagni per incitarli a non arrendersi al sopruso di un padronato tiranno Un passato rimosso, per molti aspetti dimenticato, quasi una realtà di cui vergognarsi !
Vi è quasi una frenesia nel liberarsi di una gloriosa storia. Tutto questo lo capisco per la Cina, dove la popolazione viene invitata a non usare la parola “compagno”. Lì è in funzione il peggior capitalismo di Stato, l’antitesi cioè di una società socialista. Ma non capisco il “compagno Vendola”, il leader di S.E.L. – Forse anche a lui è venuta, come ad Occhetto vent’anni fa, la frenesia del nuovismo.
Io ho conosciuto e, nel mio piccolo, ho partecipato allo storia del movimento dei lavoratori degli ultimi 60 anni. Ne ho tratto la convinzione che innovare è giusto ma se l’innovazione non viene ancorata alla propria storia si fa poca strada e chiamarsi “compagni” non solo è nella nostra storia ma è indispensabile per delimitare i confini della nostra appartenenza da cui partire per la ineludibile lotta che ci aspetta..

1 commento

  • 1 Efis Pilleri
    22 Luglio 2011 - 19:51

    Cari compagni,
    ne abbiamo visto di peggio ma in Sardegna diventeremo molto presto nuovamente forti.
    Forza paris.
    Efis

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