Francesco Cocco
Sarà poi vero, come scrive Il Sole/24 ore, che i consiglieri regionali sardi sono i più pagati d’Italia? La presidente del Consiglio regionale della Sardegna contesta il dato. E’ infatti probabile che le informazioni fornite da molte Regioni non siano veritiere. Quindi quanto affermato dalla presidente Lombardo probabilmente risponde al vero.
Nella presente situazione finanziaria del Paese poco rileva che la Sardegna abbia o meno un così poco commendevole primato, Quando il costo per la politica raggiunge il ragguardevole primato di 17 miliardi di euro ( 34.000 miliardi delle vecchie lire, pari di per sé agli importi di una finanziaria) il problema è creare le condizioni perché vi sia un’ emulazione tra gli organi responsabili per un rilevante abbassamento dei costi.
Nessuno vuol tornare a quando la partecipazione a ruoli istituzionali era appannaggio di chi aveva dovizia di mezzi personali per affrontare le spese del mandato parlamentare. Al parlamento subalpino sedettero uomini del livello di G. Battista Tuveri che dovette rinunciare alla rielezione perché le modeste rendite del suo patrimonio non gli consentivano di affrontare le spese del soggiorno a Torino. Il grande Giorgio Asproni, pure lui dotato di modestissimi mezzi, visse l’esperienza di molte legislature in una situazione di quasi indigenza. Fu un altro parlamentare sardo, Giovanni Antonio Sanna, a proporre l’istituzione di un’ indennità che consentisse di affrontare con serenità il mandato parlamentare.
L’indennità è quindi una conquista democratica da salvaguardare. Solo gli sciocchi, i qualunquisti, gli anti-democratici possono pensare che essa sia un istituto da abolire. E’ questo è un punto da tener ben fermo. Fatta questa precisazione bisogna subito mettere in evidenza che essa va fissata entro limiti tali che evitino di trasformare il mandato in una fonte di privilegio economico.
A lungo si è sostenuto che un alto livello dell’ indennità sarebbe uno strumento per selezionare la classe politica, e quindi per elevare la stessa democrazia. Recenti studi e statistiche hanno dimostrato esattamente il contrario: il crescere dell’indennità è andato di pari passo al decrescere del livello delle assemblee elettive. Non c’è da stupirsene. La remunerazione politica è diventata di per sé una calamita per chi più che dall’idealità è motivato dalla bramosia di guadagno.
Non possiamo chiudere queste brevi osservazioni senza ricordare che il popolo sardo ha assunto chiare ed incontrovertibili posizioni su questo argomento. Lo ha fatto col referendum del 1999 sulla riduzione della indennità consiliare. I sardi si espressero per la riduzione con una maggioranza prossima la 90%. Eppure, al di là delle voci isolate di alcuni consiglieri sensibili, nessun provvedimento conseguente ne è scaturito. Siamo in presenza di una vera e propria denigrazione della democrazia, una nuova forma di baronato medievale. Ed è ormai giunto il tempo di porvi fine.
1 commento
1 Giacomo Meloni /CSS
14 Luglio 2011 - 12:43
Condivido l’affermazione del prof.Francesco Cocco: “L’indennità è una conquista democratica da salvaguardare. Solo gli sciocchi, i qualunquisti, gli anti-democratici possono pensare che essa sia un istituto da abolire. E’ questo è un punto da tener ben fermo”.Parto da qui per affermare che ormai la maggior parte dei cittadini è scandalizzata dall’enorme differenza che c’è tra le retribuzioni dei nostri consiglieri regionali -seconde in assoluto a quelle dei consiglieri regionali siciliani - e le buste paga dei lavoratori.A sostegno di quanto detto cfto l’iniziativa del Comitato LU PUNTULGIU-IL GRIFONE dell’Algherese Franco Masu,che nel 2005 insieme alla Confederazione Sindacale Sarda raccolse 17 mila firme in calce alla presentazione della Legge Regionale di iniziativa popolare per la riduzione del 50 % delle retribuzioni dei consiglieri regionali.Faccio notare che le firme furono accettate esclusivamente presso i Comuni di residenza e che i cittadini si recarono spontaneamente negli uffici comunali,
Questo il testo di Legge proposto :
TITOLO
Indennità spettanti ai Consiglieri, Presidente della Giunta Regionale, Presidente del Consiglio Regionale afferenti la Regione Autonoma della Sardegna
ART.1
L’indennità, l’indennità di carica, la diaria spettanti ai membri del Consiglio Regionale della Sardegna e rimborso delle spese di segreteria e di rappresentanza sono stabiliti dall’ufficio di presidenza del Consiglio regionale della Sardegna in misura non superiore del quaranta percento di quella fissata dalla Legge 31 ottobre 1965, n. 1261.
ART.2
La somma risultante di cui all’art.1 è onnicomprensiva di ogni altro beneficio e trattamento economico accessorio attualmente percepito.
ART.3
La presente Legge abroga e sostituisce ogni altra Legge o norma o provvedimento, o automatismi riguardanti l’indennità i compensi e ogni altra prerogativa economica dei soggetti di cui all’art.1.
Le 17 mila firme furono consegnate in forma solenne al Presidente del Consiglio Regionale di allora on.Giacomo Spissu che si impegnò a trasmettere la proposta al Consiglio che però all’unanimità,con il solo voto di astenzione dell’on.Paolo Pisu del Partito di Rifondazione Comunista,fu derubricata dall’ordine dei lavori in quanto l’argomento non era ritenuto urgente.
Da allora altre proposte di legge,tra le quali quella
recente dell’on.Claudia Zuncheddu,sono ferme in Consiglio in attesa che l’Assemblea sovrana decida.
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