Referendum e austerità

1 Luglio 2011
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Francesco Cocco

Ho la sensazione che il recente referendum sul nucleare non sia disgiunto da una diffusa consapevolezza che certe scelte implicano l’adozione di nuovi modelli di vita. Cioè la rinuncia all’energia nucleare va oltre i consumi energetici e postula il superamento della dimensione consumistica su cui è impostato l’attuale assetto capitalistico. Certo non è una consapevolezza che raggiunga tutti gli strati della società ma è pur vero che essa ha cominciato a farsi strada non solo nell’ associazionismo ecologista ed in alcune nicchie culturali ma è diventato tema di dibattito, e quindi di consapevolezza, a livello di massa.
Riflettendo su tale argomento mi è tornato in mente quanto Enrico Berlinguer sostenne oltre 30 anni (1977) or sono in un celebre discorso al Teatro Eliseo di Roma. Tra i punti centrali del discorso era la denuncia del gonfiamento dei consumi privati che avrebbe finito per portare alla situazione di degrado, quale poi a noi è dato conoscere ai nostri giorni.
Berlinguer teorizzava la sua posizione usando la parola “austerità” che in quel momento storico non venne colta nel suo giusto significato. Forse meglio sarebbe stato usare la locuzione “consumi sociali”, contrapponendoli ai consumi privatistici. Ma era chiaro nel suo pensiero che l’austerità era un’ occasione per trasformare l’Italia, per farne uno strumento di crescita e di espansione. Usava concetti come quello di “aumento della produttività generale” che testimonia chiaramente come la sua non fosse una fuga dalla complessiva problematica economica ma più semplicemente il superamento di modelli produttivi che avrebbero finito per portare la società nazionale al degrado.
Il pericolo paventato da Berlinguer noi lo stiamo vivendo e verificando in tutta l’incertezza e precarietà alle quali oggi vengano condannati i soggetti più deboli, e segnatamente i giovani. Più istruzione, più cultura, più salute, più valorizzazione dei beni culturali, più salvaguardia e godimento della natura sono le basi su cui fondare nuovi stili di vita e conseguentemente una nuova economia che miri al superamento della disumana società capitalistica. Al contrario rispetto alla grave crisi del sistema economico si propongono rimedi spesso incentrati sul rilancio del consumismo che, con le sue contraddizioni e squilibri sociali, è di per sé una delle cause prime dell’attuale crisi economica e sociale.
Alcuni anni or sono Il Manifesto raccolse in un aureo volume gli scritti di autorevoli economisti democratici in cui si mettevano in discussione alcune categorie (per tutte quella del P.I.L.) su cui si fonda l’analisi economica e ne evidenziavano il superamento rispetto all’avanzare di nuove esigenze sociali.
Riprendere i temi, che a partire da Berlinguer il movimento democratico di sinistra è andato elaborando su queste problematiche negli ultimi decenni, appare essere la condizione prima perché i successi conseguiti con le elezioni amministrative e poi con i referendum non vengano ridotti ad un puro confronto sul quadro politico. Soprattutto i referendum sul nucleare e sull’acqua possono essere occasione per un dibattito che prosegue anche nella prospettiva di un programma elettorale che veda la sinistra schierarsi per le prossime elezioni con un serio programma e soprattutto un progetto di società.
Se la sinistra non saprà porsi in tale ottica corriamo il rischio che si arrivi alla scadenza delle prossime consultazioni elettorali con schieramenti fondati sul leader e non sul progetto. Ma questa sarebbe veramente la rinuncia a quel ruolo democratico che il corpo elettorale ha dimostrato di voler assegnare alla sinistra.

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