Gianni Fresu
Gianni Fresu, storico del nostro Ateneo e dirigente di Rifondazione, ci ha inviato questo stralcio della Cagliari di Gramsci e mette in luce l’indifferenza verso la presenza del grande intellettuale nella nostra città delle amministrazioni di destra. Ecco un primo obiettivo della nuova Giunta municipale: ridare rilievo alla presenza di Gramsci a Cagliari e, più in generale, alle lotte sociali e democratiche dei cagliaritani. Esiste una Cagliari democratica e popolare, nascosta dalle amministrazioni del centrodestra, che oggi va riscoperta e valorizzata.
Nel 1891, quando nasce Gramsci, l’Italia era impegnata da alcuni anni nella guerra doganale con la Francia ingaggiata da Crispi per difendere la nascente industria nazionale e le grandi produzioni agricole dei latifondi. La Sardegna, travolta nell’87 dal crollo del suo sistema bancario, vide chiudersi improvvisamente il mercato della Francia verso cui era destinato la gran parte delle sue esportazioni, in particolare bestiame, agrumi, vino e olio. Ciò provocò l’ulteriore immiserimento e abbandono delle campagne dove l’unica alternativa era la pastorizia, azzoppata però dal costituirsi tra il 1885 e il 1900 delle prime industrie casearie che imponevano un prezzo del latte talmente basso da impedire qualsiasi ipotesi di sviluppo. L’altra alternativa alla fame erano le miniere, ma anche qui le condizioni di vita e lavoro erano disastrose e, a causa della crisi, a fronte di un costante aumento dello sfruttamento si registrava la diminuzione dei salari, enormemente più bassi rispetto al resto d’Italia. L’Isola era considerata dallo Stato una grande prigione a cielo aperto e così i funzionari statali coinvolti negli scandali venivano mandati qua ad esercitare le loro funzioni. Tutto questo creava in Sardegna una condizione esplosiva data dalla difficile condizione sociale, dal risentimento verso le “ingiustizie subite”, dal bassissimo prestigio di cui godeva lo Stato italiano presso le masse popolari e i ceti medi, dalla convinzione di ricevere dalle autorità un trattamento da dominio coloniale. Anni segnati dall’eccidio di Bugerru, che non a caso originò il primo sciopero generale della storia d’Italia, e dai moti insurrezionali del 1906 partiti proprio da Cagliari.
Tutto questo è importante perché l’opera di Gramsci non è il grande piano “steso a tavolino” da un intellettuale brillante, si tratta semmai di un lavoro che nasce a tamburo battente nel vivo di lotte sociali, dall’esperienza diretta di una condizione di miseria ed emarginazione sociale. Gramsci arriva a Cagliari nel 1908, dopo gli anni nello «scalcinato» ginnasio di Santu Lussurgiu, e un’infanzia a Ghilarza resa difficile dai problemi di salute e da una condizione economica pesantissima conseguente alla carcerazione del padre.
Complice l’isolamento geografico, Cagliari era allora in tutti sensi la Capitale della regione, percorsa dai fermenti sociali, dalle prime manifestazioni di una politica di massa, da una certa vivacità culturale testimoniata dall’esistenza di ben tre quotidiani e diversi periodici di approfondimento e polemica politica. A Cagliari, dove il fratello maggiore Gennaro diviene segretario della sezione socialista e tesoriere della Camera del lavoro, Gramsci si avvicina al socialismo ma non disdegna i temi della rivendicazione sardista. Come egli stesso ricorderà criticamente in seguito, negli anni cagliaritani non era inusuale sentirgli pronunciare la frase “a mare sos continentales”.
Nel capoluogo Gramsci divide prima una camera in affitto in Via Principe Amedeo 24, poi si trasferisce in un’umida stanzetta nel Corso Vittorio Emanuele 149, e frequenta il Liceo Classico Dettori allora situato in piazza Dettori nel centro della Marina. Potendo contare su una disponibilità economica che a stento gli consentiva di sopravvivere, solo raramente poteva permettersi un qualche tipo di evasione che comunque non andava mai oltre un caffé da Tramer in Piazza Martiri, o un pasto frugale con il fratello nella trattoria di Piazza del Carmine. Negli anni liceali Gramsci si fa promotore con i suoi compagni del circolo «i martiri del libero pensiero: Giordano Bruno», dove assume anche il suo primo incarico come tesoriere, entra in contatto con le riviste e i giornali socialisti, compie le sue prime investigazioni filosofiche che lo portano dall’idealismo di Benedetto Croce al materialismo storico di Marx. Cagliari da a Gramsci anche l’opportunità di cimentarsi con il giornalismo con le prime corrispondenze per «L’Unione Sarda».
Si potrà obiettare che negli avvenimenti epocali che segnano la sua biografia quelli cagliaritani fossero semplici episodi, eppure è in quegli anni che Gramsci forma il suo carattere, inizia a forgiare le sue attitudini intellettuali e la sua propensione alla militanza politica. Anni importanti dunque, che forse meriterebbero di essere indagati più in profondità di quanto si sia finora fatto, e rispetto ai quali sarebbe finalmente opportuna una maggiore attenzione da parte delle istituzioni più rappresentative della città.
Cambiare il governo della città di Cagliari significa, in maniera non secondaria, mettere fine all’egemonia culturale che la destra, in tutti questi anni, ha cercato di imporre. Il centrodestra ha fatto della politica culturale un cardine fondamentale per la costruzione del consenso e della memoria storica dei cagliaritani. Dalla costruzione di grandi eventi, inaccessibili per i costi elevati, all’organizzazioni di iniziative tutte concentrate sulla ricostruzione di una memoria condivisa sulla Cagliari fascista. A Cagliari ha vissuto l’autore italiano più studiato e tradotto al mondo dopo Dante e Machiavelli, eppure non esiste nemmeno una lapide commemorativa posta nell’edificio in cui studiò e ottenne la maturità classica, né nell’umile edificio dove visse, il tutto in una cità nella quale le lapidi commemorative non si lesinano neanche per gli amministratori di condominio. È un puro caso che siano stati celebrati più i podestà fascisti cagliaritani di un martire sardo dell’antifascismo riconosciuto a livello mondiale?
1 commento
1 Francesco Cocco
25 Giugno 2011 - 18:52
Gianni ha ragione. Occorre che Cagliari riscopra che qui sono le radici di aspetti fondamentali della personalità di questo grande sardo. Alcuni i anni or sono il consiglio circoscrizionale del centro storico aveva deliberato di chiedere alla Giunta di far apporre una targa commemorativa nella prima casa abitata dal giovane Antonio nella via Principe Amedeo. Sono passati 10 anni ed è giunto il momento di dare attuazione a quella decisione.
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