No alle classi pollaio: parola del Consiglio di Stato

16 Giugno 2011
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Red

Si crede comunemente che i giudici vivano nell’iperuranio e non capiscano le cose reali. Ma non è così, se non raramente. Niente più della giurisprudenza segue la vita reale, poiché le vicende sottoposte all’esame rei giudici sono quelle quotidiane, piccole e grandi, che tormentano le persone in carne ed ossa. E così anche le classi pollaio, superaffollate a dispetto di leggi e norme sulla sicurezza, sono finite sotto la lente dei giudici amministrativi. Ed ecco la buona novella: anche il Consiglio di Stato ha dato il suo via libera alla class action promossa dal Codacons sulle aule sovraffollate dove il numero di alunni supera il limite previsto dalle leggi. A questo punto si procede con la prima class action italiana contro la pubblica amministrazione.
Secondo il ministero dell’Istruzione si tratta di pochi casi visto che le classi con un numero di alunni pari o superiore a 30 - ha più volte ripetuto viale Trastevere - sono appena lo 0,4% del totale. Ma anche se fosse vera questa cifra - ha fatto notare l’Udc - lo 0,4% corrisponde comunque a 1.500 classi per un totale di 45 mila studenti.
E perché quei “pochi” dovrebbero studiare nel disagio? La legge parla chiaro. Nelle materne si può arrivare al massimo a 26 alunni (elevabili in casi eccezionali a 29). Nella scuola primaria il tetto è di 26 alunni (elevabili in casi eccezionali a 27). Nella secondaria di primo grado e di secondo grado si può arrivare fino a 27 alunni (elevabili in casi eccezionali a 30). Nelle classi con alunni disabili si può invece al massimo avere 20 alunni. Limiti quasi sempre superati nella realtà come dimostra Codacons con la sua class-action.
Ora - secondo l’associazione dei consumatori - il ministero «dovrà obbligatoriamente emanare il piano di edilizia scolastica come stabilito dalle leggi vigenti». Il Tar aveva già ordinato al Ministro di emanare il Piano generale di edilizia scolastica, ma il dicastero dell’Istruzione aveva presentato un ricorso al Consiglio di Stato, ricorso ora rigettato sottolineando, tra l’altro, la necessità di una «riqualificazione dell’edilizia scolastica, in specie di quelle istituzioni non in grado di reggere l’impatto delle nuove regole introdotte con riguardo alla formazione numerica delle classi».
Il ministero dell’Istruzione ha assicurato che il Piano Generale per l’edilizia scolastica sarà presentato al più presto. L’iter non sarà breve, però. Sono stati infatti «avviati gli accertamenti per la preparazione», come spiega il ministero in una nota. «Il Piano sarà completato - prosegue la nota - e sottoposto alla firma dei ministri competenti dell’Economia e dell’Istruzione».
Come si vede, i giudici amministrativi non solo si occupano di fatti reali e rilevanti, ma spesso decidono bene, come in questo caso. Sono più in sintonia, oltre che con le leggi, col sentire comune, ben più dei politici. che, invece, dovrebbero essere gli interpreti più diretti della volontà popolare. A questo proposito merita d’essere ricordato che i Tar e il Consiglio di Stato hanno bacchettato il Ministero dell’Istruzione anchee su un’altra importante questione: il sostegno ai disabili. Soppresso o limitato dal Ministero in nome dell’austerità, reintrodotto dai giudici amministrativi in nome del diritto allo studio sancito dalla Costituzione. I diritti sociali di rilievo costituzionale è ben vero che sono sempre condizionati alla disponibilità economica, ma questa non dev’essere semplicemente negata dal Ministro, dev’essere provata. Insomma, deve risultare che raschiata la pentola e tolti i soldi da altre destinazioni non ci sono fondi per soddisfare i diritto sociali sanciti dalla Costituzione. In mancanza, il Ministero deve dare la priorità a questi ultimi. E certo un governo che finanzia generosamente le scuole private difficilmente può convincere quando dice di non avere risorse per soddisfare diritti costituzionali.

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