Vinta la battaglia dell’acqua, ora attenti ai pozzi!

14 Giugno 2011
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Andrea Murru

Giungono le prime riflessioni a caldo sullo straordinario risultato referendario. Pubblichiamo la prima di Andrea Murru, mentre invitiamo i lettori ad esprimere la loro opinione in una fase in cui è essenziale per i movimenti e le forze del centrosinistra capir bene come muoversi. 

Sono molte le ragioni che mi rendono felice per la fatica spesa per raggiungere questo risultato. Tuttavia, seppur a “quorum” caldo, occorre non perdere di vista il fine ultimo da raggiungere, ossia riportare il Paese ad una condizione quanto più possibile vicina ad uno stato di diritto. Ed è per questa ragione le componenti del centrosinistra non devono farsi prendere dalla troppa frenesia e dalla voglia di protagonismo, perché questo atteggiamento rischierebbe di far naufragare in mari già sperimentati quest’onda rivoluzionaria, che sta montando in Italia.
Le prime reazioni, tutte peraltro attese, vanno dall’ennesima scemenza “internazionale” di Berlusconi (ad un incontro con Netanyahu), alla voglia di evitare “ulteriori sberle” di Calderoli (che pare difficile dal realizzarsi), alla smania di nuove elezioni di un Bersani, ringalluzzito dall’esito referendario, seguito a ruota da Vendola, sino ad una presa d’atto di Di Pietro, che tuttavia non ha fatto cenno alcuno ad eventuali elezioni anticipate.
Lasciando, per ora, da parte le esternazioni di Silvio, a cui va la mia pietas, la parole di Calderoli risentono dell’oramai imminente incontro con la base del partito, a Pontida, alla quale dovranno rendere conto delle promesse non mantenute e di quelle seppur sbandierate, come il federalismo municipale, privo nella realtà di effettive conseguenze per i “verdi” cittadini. La Lega d’altronde, pur non vedendo l’ora di staccarsi dall’ingombrante “utilizzatore finale”, non può farlo sull’onda della protesta antigovernativa vista l’attuale posizione nella stessa compagine ed inoltre, se dovesse staccare la famosa spina, medita un cambio di legge elettorale, magari proporzionale, che le garantisca di poter capitalizzare quel 10% di consenso che pare ancora avere.
Risaltano invece le parole di Bersani, ebbro di un riscontro nelle urne che forse non s’attendeva, il quale ritiene utile (anche se improbabile) richiamare le dimissioni dell’esecutivo da presentare il 22 alle camere senza però tenere nel giusto rilievo che è proprio in momenti così difficili che il prezzo della “responsabilità” si fa più alto. Ecco, allora il rischio: andare incontro all’ennesima moltiplicazione di prebende da parte dell’unto dal Signore. Sulla stessa linea d’onda, anche se con qualche sfumatura in più e non di poco conto, si è posto il buon Niki, il quale vorrebbe andare subito all’incasso delle urne, sulla scia della Milano da bere, magari tentato di trasporre a livello nazionale quel leaderismo “di sinistra” che abbiamo già visto all’opera a livello regionale.
Da ultimo la posizione di Di Pietro, che, all’apparenza moderato, ha ritenuto di non dover cavalcare l’onda del risultato referendario per chiedere le dimissioni del governo. L’aver evitato la politicizzazione dei quattro quesiti del referendum è però un errore in quanto la consultazione popolare ha avuto ad oggetto la “politica” governativa in materie centrali come quella dei servizi pubblici tra i quali, l’acqua, bene essenziale; nonché scelte energetiche immonde ed inutili in favore delle centrali (a fissione) nucleari, che ci avrebbero condannato a migliaia di anni di scorie radioattive; ed infine la scelta tra la lunga impunità e la breve giustizia. Ebbene il popolo si è mostrato interessato a questi referendum “inutili” ed ha espresso un netto NO (sotto forma di SI all’abrogazione) nei confronti di scelte contrarie ad una buona politica.
Da ultimo, rimane da scoprire quale sarà la reazione del “buon” Silvio, sempre pronto ad aiutare le povere studentesse milanesi con fitti casa agevolati e mezzi di sostentamento perenni e che, da buon amico di Gheddafi e Putin, saprà di certo ammettere la sconfitta ed accettare una svolta democratica del Paese.

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