Referendum. Gli italiani chiudono col berlusconismo: No al liberismo e all’impunità, Sì alla solidarietà e alla legalità

13 Giugno 2011
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Red

E’ fatta! Il quorum è raggiunto alla grande, la percentuale dei votanti supera il 57%, il voto favorevole è quasi plebiscitario, oltre il 90%. Un risultato eccezionale. Bersani chiede le dimissioni del Governo. Ma qui è caduta prima ancora una filosofia politica. Il corpo  elettorale chiude col liberismo e con l’illegalità e chiede di tornare a politicche solidaristiche, al rispetto della legalità. Si torna alla Costituzione e ai suoi valori che su quei principi si fondano.
E Berlusconi che fa? Ovviamente il democratico…dopo aver invitato ad andare al mare, ora, da perfetto gentiluomo istituzionale, fa professione di rispetto della volontà popolare. Udite! udite!”L’alta affluenza nei referendum dimostra una volontà di partecipazione dei cittadini alle decisioni sul nostro futuro che non può essere ignorata. Anche a quanti ritengono che il referendum non sia lo strumento più idoneo per affrontare questioni complesse, appare chiaro che la volontà degli italiani è netta su tutti i temi della consultazione”. Così la nota il presidente del Consiglio, in cui si aggiunge che “il Governo e il Parlamento hanno ora il dovere di accogliere pienamente il responso dei quattro referendum”. Ma, a pensarci bene, il Cavaliere anche in questo caso dà uno schiaffo alle istituzioni e agli italiani: il voto gli intima di sloggiare da Palazzo Chigi e lui, invece, dice di volerci restare …per rispetto della volontà popolare!
Calderoli è di diverso umore, le sberle gli piace darle, non prenderle. Non segue il precetto del porgere l’altra guancia. “Alle Amministrative due settimane fa abbiamo preso la prima sberla, ora con il referendum è arrivata la seconda sberla e non vorrei che quella di prendere sberle diventasse un’abitudine… Per questo domenica andremo a Pontida per dire quello che Berlusconi dovrà portare in Aula il 22 giugno, visto che vorremmo evitare che, in quanto a sberle, si concretizzi il proverbio per cui non c’é il due senza il tre…”. Visto che è il Ministro per la Semplificazione Normativa, Roberto Calderoli dovrebbe fare la cosa più semplice del mondo: in democrazia quando si prendono queste sberle, non si aspetta o si para la terza, ci si dimette.
Il terzo polo ha ragione di gioire. In fondo il risultato da ragione anche a loro, che hanno avuto il merito di rompere col Cavaliere in tempi non sospetti. Quando si vince c’è gloria per tutti. “La grande partecipazione popolare ai Referendum dimostra la volontà degli italiani di tornare ad essere protagonisti: è ormai chiaro che la maggioranza e il governo sono totalmente sordi, incapaci di capire ciò che vogliono gli italiani”. Lo scrivono in una dichiarazione comune Fini, Casini e Rutelli, al termine di un vertice del Terzo Polo. “Nel raggiungimento del quorum - sottolineano - è stato determinante il Terzo Polo, con la decisione di invitare tutti al voto al di là delle scelte di merito che consapevolmente rivendichiamo. Il SI’ ai referendum è un NO grande come una casa a questo governo. E’ tempo che Berlusconi ne prenda atto. Minimizzare, come ha fatto dopo le amministrative, sarebbe irresponsabile e dannoso per gli interessi nazionali”.
La riflessione sul voto a più tardi, ora prevale la gioia e la voglia di scendere in piazza a condividere con compagni/e ed amici/e questa grande vittoria.

1 commento

  • 1 Aldo Lobina
    13 Giugno 2011 - 20:27

    La volontà popolare, quella a cui ad ogni pie’ sospinto B faceva riferimento per giustificare una fattispecie di democrazia delegante un Parlamento nominato con legge “suina”, supportante a sua volta un governo sostenuto da servi, liberi di esserlo, ha deciso perentoriamente altro. Ha marcato una distanza siderale tra cittadini elettori e governo del Paese, rimarcando tra l’altro un principio costituzionalmente rilevante, quello della legge uguale per tutti. Nessuno escluso. Stessi diritti, stessi doveri, pur nella diversità di ruoli sociali e/o funzioni.
    E’ un bel risultato quello di oggi, perché mostra una sana reattività del corpo elettorale, che ha rischiato di vedersi togliere la possibilità di esprimersi su questioni estremamente importanti, come quelle energetiche.
    La “sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.
    Questo esercizio ha dato un segnale forte e chiaro; ha chiesto e ottenuto l’abrogazione di norme non condivise su acqua ed energia e ha contrastato direttamente il ricorso a leggi ad libitum. Che ha significato:“Trovato l’inganno… fatta la legge”. Che è il contrario delle attività in cui noi italiani invece siamo maestri. Anche perché non scriviamo leggi chiare e soprattutto ne scriviamo troppe. Con processi che non finiscono più.
    Hanno avuto un bel da fare i legali di B in tutti questi anni. Gli è toccato ritagliare norme come fa il sarto quando ti cuce addosso un vestito per vestire di immunità un cittadino italiano e i suoi ministri, che noi vorremmo coperti solo di onestà e competenza.
    L’ubriacatura “celtica” del popolo leghista affidata alle stravaganti uscite del suo leader e quella ugualmente populista di B, quello del contratto con gli italiani, sono ormai al tramonto. Si riduce sempre di più il numero di quelli che ci credono. E’ la fine di un’esperienza, l’ennesima per gli italiani, di celodurismo ridicolo e inconcludente.
    Lasciano una cattiva eredità, legata a una difficile situazione sociale, che per risalire la china avrebbe avuto bisogno di coraggiose riforme in favore del lavoro e della ricerca. Di riforme condivise, proiettate a garantire un futuro più sereno alle nuove generazioni, anche a costo di sacrifici attuali, tutti accettabili nella misura in cui ritenuti sostenibili.
    E’ un compito arduo quello che aspetta chi verrà dopo: di ricostruzione, partendo proprio dal primo articolo della Costituzione, che fa riferimento appunto al lavoro e alla sovranità, al lavoro di tutti i cittadini sovrani.

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