Francesco Cocco a domanda risponde
In vista del ballottaggio di domenica e lunedì iniziamo una sorta di corrispondenza di Democraziaoggi dalla storia, chiacchierando nel cortile della sua casa a Villanova, davanti ad un buon bicchiere di birra, con un conoscitore sopraffino della storia di Cagliari, Francesco Cocco. Partiamo dai drammatici avvenimenti del maggio 1906.
- Francesco, esiste il luogo comune che Cagliari sia sinonimo di stagnazione sociale e politica, sia cioè una città bottegaia-impiegatizia, senza una tradizione di lotta popolare. E’ così?
- I drammatici avvenimenti del maggio 1906 provano il contrario…
- Cos’è successo in quel maggio ormai lontamo?
- Il quotidiano Il Paese, nel numero del 10 maggio 1906, evoca un clima da assedio ai forni: ”…. verso le 21 fu dato l’assalto al forno di Pietro Barbis in via Cavour. I dimostranti a furia di calci e spintoni riuscirono ad atterrare la vetrina esterna, e già stavano per penetrare nell’interno quando sopraggiunsero i delegati Ferrai e Vida con buon nerbo di carabinieri e guardie, che circondarono l’ingresso del forno impedendo il passaggio dei dimostranti. Verso le 23 un gruppo di dimostranti si radunò in via Dettori e in Piazza San Sepolcro per muovere all’assalto dei forni esistenti in via Sardegna ed in via Baylle…”.
- Ma la protesta non si è fermata…
- No. Il giorno successivo, venerdì 11 maggio, viene proclamato lo sciopero generale in tutta Italia e questa circostanza può essere un facile volano per dare maggior forza alle rivendicazioni popolari in città.
- Quali le ragioni del malcontento?
- Soprattutto quelle concernenti il costo della vita che da mesi sono al centro della vita cittadina tanto che agli inizi dell’anno era stata nominata dal Consiglio comunale una commissione, presieduta dal prof. Cesare Curti, col compito di avanzare proposte in grado di porre un freno al “caro dei viveri”.
- C’erano anche altre lotte in città?
Certo. Il 24 febbraio la Lega dei lavoratori del porto, che conta più di trecento aderenti,aveva proclamato uno sciopero per ridurre le ore giornaliere di lavoro da 15 a 9 ed un aumento del salario da 3,50 a 5 lire. Il 25 marzo erano stati i commessi dei negozi a scendere in piazza per ottenere il riposo festivo. L’agitazione dei fornai alla vigilia dello sciopero generale è quindi l’ ultima di una serie di agitazioni che sembrano non aver termine.
- Torniamo all’11 maggio…
- Il giorno i lavoratori della Manifattura Tabacchi (l’88% dei dipendenti formato da donne) proclamano una manifestazione contro il “caro dei viveri”. Nel darne l’ annuncio il quotidiano “Il Paese” usa espressioni di sostanziale incoraggiamento: “Domattina alle 10 gli operai e le operaie della Manifattura dei tabacchi terranno un comizio nel bastione di San Remy per protestare contro il rincaro dei viveri. . . . nel mercato si esercita lo strozzinaggio su vasta scala: le querele, i lamenti, le proteste della stampa non hanno avuto la virtù di scuotere il grave sonno dalla testa delle autorità conniventi cogli speculatori mentre sarebbero dovuti intervenire, e molto prima d’ora senza alcun incitamento esterno, a togliere questo vergognoso stato di cose. Speriamo che al comizio di domani sorrida più lieta ventura, e la cittadinanza non mancherà di essere grata dell’esito ai promotori dell’agitazione che trova unanime il consenso ed il plauso”.
- Un commento più che favorevole, quasi militante. Ma cosa accade al comizio convocato per la domenica del 13 maggio?
- Al comizio convocato nella nuova grande terrazza del Bastione…
- Nell’agorà, in piazza, alla moda degli antichi ateniesi, una forma di democrazia partecipata, diremmo oggi, una sorta di Town Meeting popolare,,,
- Proprio così, spesso le forme antiche di partecipazione popolare assomigliano a quelle che oggi invochiamo…
- E che succede al Bastione?
- Prendono la parola il presidente della Commissione per il contenimento dei prezzi, prof. Curti, il repubblicano avv. Salvatore Diaz, il socialista avv. Efisio Orano e le sigaraie Boi, Marini e Nieddu.
- Anche donne, dunque?
- E in prima fila! Le tre donne, il giorno prima, avevano fatto parte di una delegazione che si era recata in Municipio per protestare ed avanzare proposte contro l’aumento dei prezzi e il sindaco Bacaredda, durante l’incontro, aveva rivolto loro una frase ritenuta offensiva “…. se le triglie costano due lire al chilo faccio tanto di cappello e compro baccalà”.
- Una provocazione bella e buona!
- La frase riferita nel corso del comizio eccita gli animi, anche perché si omette di riportare quel “fate come me” che Bacaredda aveva posto a premessa della sua raccomandazione. Inoltre vengono respinte tutte le richieste avanzate il giorno precedente dalla delegazione. Tra le altre l’eliminazione delle celle frigorifere che, consentendo di conservare le derrate,ostacola l’offerta finale a prezzi stracciati “a straccu barattu“). Non è neppure passata la proposta dell’abolizione della “quarta regia” che impone di versare al fisco un quarto del pescato dello stagno di Santa Gilla, con conseguente aumento del prezzo della parte messa in vendita.
- E come si chiude questa assemblea nell’agorà?
- A conclusione della grande assemblea popolare viene approvato per acclamazione il seguente ordine del giorno: ”La cittadinanza cagliaritana, radunata in comizio, delibera che sia provveduto urgentemente dal Comune di Cagliari contro il rincaro dei viveri, impegnandosi a mantenere viva l’agitazione fino a quando non sia appagato il desiderio della popolazione”.
A domani per il seguito della storia.
6 commenti
1 FEB
3 Giugno 2015 - 09:15
Necessaria la correzione di un errore quanto mai grossolano: il cav. nob. don avv. Salvatore Diaz non era assolutamente repubblicano, suo fratello Francesco era Ispettore Generale di PS addetto alla Real Casa, sua moglie era Maria Luisa Chareun discendente di una famiglia legata ai Savoia sin dallo spostamento della capitale del Ducato a Chambery e rappresentò il fulcro del sentimento monarchico cagliaritao al tempo del referendum.
2 admin
3 Giugno 2015 - 20:31
Può darsi ci sia un caso di omonimia. La nipote dell’Avv. Diaz, interpellata sul punto da Francesco Cocco, conferma la fede repubblicana del nonno Avv. Salvatore Diaz.
Andrea Pubusa
3 admin
9 Giugno 2015 - 03:37
Annalisa Cao Diaz
Carissimo Francesco. Ti ringrazio per la segnalazione. Ho provato ad intervenire nel sito di democrazia oggi ma non sono riuscita ad inviare il commento.
Lo invio a te precisando che il signore che ti ha attribuito un errore grossolano si sbaglia, lui si, di grosso.
Mio nonno, avv. Salvatore Diaz, era un repubblicano convinto e poi un vero antifascista. In occasione dei moti del 1906 ha pagato per la sua fede repubblicana con 8 mesi di galera.
La famiglia di mia nonna Chareun proveniva dalla Savoia, ma lei nacque in Sardegna perché suo padre, che era un ingegnere navale, venne chiamato per progettare il porto della Maddalena.
Il padre sposò una signora di Nulvi e poi si trasferì a Cagliari per progettare il molo di levante.
Per dire quanto mia nonna fosse d’accordo con suo marito mi fa piacere ricordare la sua felicità il giorno del referendum istituzionale: uscendo dal seggio disse “ho potuto vendicare mio marito”.
Sono orgogliosa di appartenere ad una famiglia di repubblicani e antifascisti e gli insegnamenti di mio nonno sono stati per me molto preziosi.
E’ vero che mio nonno aveva un fratello, Francesco, che è stato ispettore della real casa, ma si sa nelle famiglie non tutti la pensano allo stesso modo.
E’ anche vero però che mio nonno aveva un rapporto particolare con un cugino, Augusto, che abitava a Livorno, ed era il padre di Furio e Laura che è stata una parlamentare del PCI.
Sarei curiosa di conoscere chi ha sottoscritto il commento negativo su mio nonno perché sono convinta che “gli avversari” politici bisogna incontrarli.
Grazie ancora Francesco, un abbraccio Annalisa
4 klement
2 Luglio 2015 - 10:13
Bacaredda abbellì Cagliari mentre si tirava la cinghia. E quel baccalà di Pisapia ora in piena crisi vuole trasformare Milano in un parco acquatico riesumando i navigli, con lavori che della sostenibilità sbandierata hanno ben poco
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