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A Salsomaggiore Diliberto lancia la sua mozione archiviando la Sinistra arcobaleno e offrendo al Prc una sponda per l’unità dei comunisti. Aspetta la vittoria di Ferrero per ritrovare nella falce e martello una nicchia in cui, al riparo da ogni possibile contaminazione, coltivare il suo 2-3% senza prospettiva, com’è di tutti i resti dei partiti comunisti occidentali. Punta invece ad una sinistra più ampia Katia Bellilo, che guida la minoranza e guarda a Vendola e a Sinistra democratica per creare una sinistra più adeguata alle esigenze della società attuale. Anche a Chianciano Terme scontro tra la vecchia dirigenza del Sole che ride, che candida Grazia Francescato, e Marco Boato, orientato a un rinnovamento netto della leadership e della linea politica e a riposizionare i verdi nel centrosinistra, archiviando l’esperienza del collegamento a sinistra.
La sensazione è che da questi congressi non verranno elementi decisivi. Prevalgono lo scontro duro e le ulteriori divisioni. Sono congressi molto autoreferenziali che non parlano al Paese e che lasciano del tutto indifferenti i ceti sociali (lavoratori, ceto medio-basso, intellettualità avanzata) a cui vorrebbero riferirsi. Questi appuntamenti sembrano segnare il triste finale di dirigenze che hanno smarrito la migliore lezione del PCI, da cui pure provengono, o per i Verdi perfino la memoria delle battaglie dei movimenti ambientalisti dei decenni scorsi. Gli uni e gli altri hanno invece introiettato il peggio della storia della sinistra: l’indole rissosa e inconcludente del peggior socialismo, lo scontro interno correntizio barbaro e incivile, una propensione al sottogoverno più che alla lotta, pratiche clientelari e un offuscamento della battaglia democratica). Ci sono anche componenti aperte e recuperabili ad un’ipotesi di costruzione di una grande forza di sinistra e socialista. Ma sembrano largamente minoritarie.
Torneremo sul tema. Per ora, ecco una nota apparsa su Aprile info
Pdci e Verdi, i giorni dei congressi
di Andrea Scarchilli
Aspettando l’assise di Rifondazione comunista della settimana prossima, quella decisiva per poter iniziare a discutere del futuro e delle alleanze dei partiti della sinistra, prosegue questo fine settimana il ciclo dei congressi estivi. Dopo Sinistra democratica, da oggi a domenica è il turno del Pdci e dei Verdi.
A Salsomaggiore la tre giorni dei Comunisti italiani è iniziata con la relazione del segretario Oliviero Diliberto. Sono due le mozioni contrapposte. La favorita è quella di Diliberto, l’opposizione la fa Katia Belillo. I punti salienti della linea del primo documento li ha già riassunti il segretario nel discorso di apertura. Bocciatura completa dell’esperienza della sinistra arcobaleno: “Era una sommatoria di sigle senza anima e al contempo c’è stato chi ha fatto tutta la campagna elettorale dicendo che ‘era la premessa per andare subito dopo al partito unico della Sinistra’ nel quale i comunisti avrebbero rappresentato una ‘semplice tendenza culturale”. Il riferimento è a una frase detta dal candidato premier Fausto Bertinotti nel corso della campagna elettorale. Secondo Diliberto, quindi, bisogna spazzare via i propositi di unificare tutta la sinistra per abbracciare quella di un’unità dei partiti comunisti. A cominciare da quelli più grandi, il Pdci e Rifondazione, a cui il segretario ha lanciato un appello: “Che senso ha che esistono due partiti comunisti, vogliamo concorrere alla costruzione di un Partito comunista più grande”. Al congresso è presente l’ex ministro Paolo Ferrero, che la settimana prossima sfiderà il governatore della Puglia Nichi Vendola. L’assise del Pdci è quindi, almeno in parte, sospesa in attesa del risultato di quella di Rifondazione. Una vittoria di Ferrero, la cui linea è quella di privilegiare l’identità del partito in luogo della costruzione di un soggetto più ampio, favorirebbe i propositi di Diliberto, anche se Ferrero ha frenato indicando nella ricostruzione di Rifondazione la priorità per il futuro prossimo.
La mozione alternativa è firmata da Katia Belillo ma anche dall’europarlamentare astronauta Umberto Guidoni. Il titolo dice il più: “Una necessità per il paese: unire la sinistra”. Qui si punta, piuttosto che all’unità delle falci e martello, a quella della sinistra tutta, includendo, oltre che Rifondazione comunista, Sinistra democratica. I Verdi rimangono un po’ defilati. La convinzione è che il progetto della sinistra arcobaleno non sia stato sbagliato nella sostanza, piuttosto nella forma portata avanti dagli apparati di partito che non hanno saputo interpretare la volontà della gente.
I Verdi si sono riuniti a Chianciano Terme anch’essi, come il Pdci, fino a domenica. Le mozioni depositate sono sei, la favorita, “Ritorno al futuro”, è quella che fa capo al vecchio gruppo dirigente. Nomi di spicco tra i firmatari: Paolo Cento, Angelo Bonelli e Loredana De Petris. Grazia Francescato, ex presidente della sezione italiana del WWF e già alla guida del Sole che ride, è la candidata alla presidenza. Al documento messo a punto dal gruppo che fa capo al leader dimissionario Alfonso Pecoraro Scanio ne sono contrapposti cinque, che prendono le mosse perlopiù da realtà locali. Al principale, “Per un nuovo inizio”, ha lavorato senza firmarlo Marco Boato, che si propone di fare da ponte con gli altri quattro gruppi e formare un’opposizione il più possibile compatta.
Il principale tratto distintivo tra le due posizioni che si fronteggeranno al congresso è la visione della dirigenza attuale. Boato chiede un rinnovamento radicale che non va confuso, dice ad “Aprileonline”, con “una resa di conti. Quelli che costituivano la vecchia leadership devono continuare a lavorare con i Verdi ma in un’altra veste”. Quanto ai punti politici, Paolo Cento ha elencato quelli di “Ritorno al futuro”. Innanzitutto autonomia progettuale dei Verdi, che devono tornare a puntare più e meglio sui contenuti ecologisti. Al secondo posto, contributo per mandare in porto una nuova esperienza del centrosinistra, che sia diversa dall’Unione: non si punti solo sul programma ma si metta al primo posto un progetto di società, alternativo a quello della destra. I Verdi devono dare il loro contributo facendosi portatori dei contenuti ambientali. Sulle alleanze e l’antica diatriba tra Partito democratico e sinistra, non si dice di più. Non è un caso che il vecchio gruppo dirigente consideri questo congresso “transitorio” e ne propone un altro dopo le elezioni europee del prossimo anno. Si aspetta che siano più chiari i rapporti di forza, per il momento si cerca di scongiurare temute microscissioni.
Oltre che sulla questione della leadership, Boato si distingue da “Ritorno al futuro” perché chiede una posizione più netta sulla collocazione del partito nel centrosinistra. Va abbandonata, dice, la svolta radicale impressa dalla presidenza di Pecoraro Scanio per recuperare una posizione “nel cuore del centrosinistra e instaurare un confronto con tutte le sue componenti”. Eliminando, tuttavia, la confusione programmatica e politica con il resto della sinistra arcobaleno: i Verdi facciano i Verdi. Boato chiede poi un ritorno all’originaria forma organizzativa della Federazione, in cui le realtà locali abbiano più peso. Negli ultimi anni, dice, all’interno del Sole che ride si è assistito a troppi fenomeni deteriori in voga pure nelle altre formazioni, “il centralismo romano” e “la moltiplicazione delle tessere come i pani e i pesci”.
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