Luigi De Magistris
“Qualcosa di importante e di bellissimo sta avvenendo a Napoli…”: questo l’incipit dell’articolo intitolato “Indignazione e liberazione” di Luigi De Magistris sul Manifesto di venerdì, ma qualcosa di importante si sente nell’aria a anche a Cagliari: camarille e consorterie sono seriamente in pericolo anche qua. La riflessione su Napoli vale in qualche modo anche per noi. Leggiamo.
Qualcosa di importante e di bellissimo sta avvenendo a Napoli, considerata capoluogo nazionale della rassegnazione e della disperazione, città che sta dimostrando invece di essere esattamente il contrario, trasformandosi ogni giorno in capoluogo nazionale della rinascita e della speranza, della ricostruzione e della ripartenza.
Napoli come simbolo positivo per tutto il Paese. Lo dico non tanto in riferimento alla mia persona di candidato sindaco e lo dico a prescindere dall’esito di questa competizione elettorale: a Napoli, intorno alla mia candidatura, si è infatti polarizzato un movimento civile per il cambiamento.
Se vinciamo a Napoli vince tutto il Paese. Per il cambiamento e per il miglioramento, un patrimonio umano e sociale che con orgoglio ci consente di affermare che in parte abbiamo già vinto. Resta -ed è la sfida ultima e massima a cui siamo chiamati- la vittoria elettorale al prossimo ballottaggio, quando la destra di Cosentino, quella affarista e contigua al crimine organizzato, incarnata solo formalmente da Lettieri, dovrà essere battuta. Utilizzo un verbo perentorio (dovrà) perché non posso immaginare, se non con il cuore pieno di dolore, di vedere la mia città consegnata, dopo la Provincia e la Regione, nelle mani di chi vuole saccheggiarla e umiliarla ancora un altro po’. Napoli ha già sofferto abbastanza: 15 lunghi anni di emergenza rifiuti, di lavoro trasformato in privilegio concesso da lobby di potere in cambio del voto, di dominio del partito trasversale della spesa pubblica che ha sconquassato il bilancio comunale e distrutto il welfare, di politica e amministrazione dimentiche dell’interesse collettivo perché sensibili solo a quello personalistico privato. E’ il tempo di cambiare, è tempo di una stagione post ideologica ma idealista, che abbia al centro di tutto la risoluzione dei mali che fiaccano questa città (rifiuti e camorra, ma molto altro) e che non sono il frutto del caso, bensì il prodotto della dirigenza politico-amministrativa. In queste settimane di campagna elettorale ho visitato tutta la città: comizi (anche improvvisati), incontri, appuntamenti, concerti, passeggiate. Un tour -sempre affiancato dai giovani volontari che mi sostengono e che girano con me, indossando la pettorina con la scritta “Napoli è tua”- per tutte le zone e i quartieri, convinto che non esistano le periferie e che Napoli sia una città unica e che, soprattutto, debba tornare nelle mani dei suoi cittadini. Senza scorte al seguito, anche in aree dove il disincanto verso una ‘certa’ politica è diventato rabbia verso la politica in quanto tale e soprattutto verso lo Stato. Un bagno di umanità, la campagna elettorale, che mi ha fatto percepire quanto il desiderio e la necessità di un nuovo corso siano sentiti, come poi ha confermato il voto del primo turno. Indignazione e liberazione, non a caso, sono le parole chiave della mia sfida elettorale: trasformare l’indignazione sociale, per fortuna ancora viva, in liberazione politica della città, secondo un progetto che si fonderà su un programma elaborato grazie all’apporto dal basso e dalla rete, su una giunta di persone tecnicamente qualificate e dalla schiena dritta, su una democrazia partecipata e su un dialogo aperto a tutti, come lo sono anche io. A tutti tranne che alla camorra, alle cricche, ai corrotti, ai collusi, ai prenditori di denaro pubblico, a chi vuole discariche e inceneritori, a chi si oppone alla differenziata porta a porta, a chi pensa che il lavoro non sia un diritto, a chi vuole privatizzare l’acqua e distruggere l’ambiente, a quanti credono che lo sviluppo economico non passi per la rivalutazione artistica e culturale. È una grande sfida, che va oltre i partiti e gli equilibrismi interni ad essi, e che assume anche un valore nazionale, dunque non possiamo permetterci di perderla. Se vinciamo qui vince il Paese.
1 commento
1 michele podda
22 Maggio 2011 - 14:19
Far paragoni tra Napoli e Cagliari mi pare davvero un po’ esagerato. E’ vero che tutto il mondo è paese, ma Napoli per storia, cultura, ambiente umano e… urbano, ha caratteristiche tali per cui non può costituire un facile termine di confronto, ancor meno con Cagliari.
Con tutte le scoppolate che hanno ingoiato, trovandosi delusi persino da San Gennaro, oltre che da B. (bassolino) e da B. (l’altro santo), adesso i napoletani son decisi a qualunque scelta, pur di “farlo strano”.
Il merito è di B. (lo spirito santo) se un cambiamento è in atto nel paese e Fantola, se come credo ce la farà, dovrà ringraziare sempre lui, perchè ha desistito dal presentarsi a Cagliari a dargli qualche robusta pacca sulle spalle.
Alla fine, fra dieci giorni, purtroppo saremo daccapo ancora una volta, e dovremo muoverci con maggiore coerenza noi a Cagliari e i napoletani a Napoli, se vorremo davvero che cambi qualcosa. Altrimenti dovremo soltanto sperare nella buona sorte.
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