Andrea Pubusa
Molti, in ragione del fatto che sono titolare della Cattedra di Diritto Amministrativo a Giurisprudenza e pratico il Foro amministrativo, mi chiedono un’opinione sulla questione dell’assegnazione dei seggi e, in particolare, del premio di maggioranza.
Il centrodestra ha messo le mani avanti, dicendo di avere già la maggioranza assoluta in Consiglio, svalutando così ex ante la possibile vittoria di Massimo Zedda al ballottaggio.
L’interpretazione del centrodestra però non è pacifica, anzi esiste una recentissima giurisprudenza in senso contrario del Consiglio di stato.
Per evitare opinioni personali e salvo tornare sull’argomento, ecco cosa dice il supremo Giudice amministrativo nella sentenza della IV sezione, n. 1269 del 3 dicembre 2010.
Le argomentazioni a favore della tesi secondo cui la ripartizione avviene sulla base del risultato delle liste al primo turno “non possono essere condivise, perché, in assenza di una specifica norma al riguardo, deve privilegiarsi la soluzione più vicina al principio cardine che ha ispirato la riforma del governo locale, che è rinvenibile nel comma X dell’art. 73 del D. Lgs. n. 267 del 2000, che ha inteso assicurare, mediante la previsione del ballottaggio, al sindaco eletto almeno il 60 per cento dei seggi del consiglio comunale.
La norma è evidentemente tesa a garantire un ampio margine di governabilità negli enti locali, mediante l’investitura diretta del sindaco e la precostituzione, anche nell’ipotesi in cui il candidato sindaco consegua anche un solo voto popolare in più del suo avversario, di una vasta maggioranza in Consiglio comunale che gli consenta di portare agevolmente a termine il mandato.
Nelle elezioni amministrative il turno di ballottaggio è stato quindi previsto non solo come modalità per l’elezione diretta del sindaco, quanto, piuttosto, come metodo per la composizione dei consigli, atteso che il gruppo di liste collegate al candidato vincente beneficia del premio di maggioranza, mentre il gruppo perdente beneficia di quella relativa compattezza che gli torna utile per esercitare il proprio ruolo di opposizione e di controllo sulla maggioranza (cfr. Cons. Stato, sez. V, 17 maggio 1996, n. 576).
Va considerato invero che la fase della procedura per la elezione è disciplinata dai commi VIII, IX, X e XI dell’articolo 73 del D. Lgs. n. 267 del 2000, in base ai quali la ripartizione dei seggi in caso di ballottaggio va effettuata tenendo inderogabilmente conto degli apparentamenti successivi al primo turno (in particolare in base ai commi VIII e X, secondo periodo), sicché le diverse liste finiscono per essere considerate ai fini di tale ripartizione come un nuovo gruppo, senza distinzione tra quelle originarie e quelle apparentatesi successivamente (Consiglio Stato, sezione V, decisione n. 6123 del 2008).
Va osservato inoltre che, in base al comma IV di detto articolo 73, “l’attribuzione dei seggi alle liste è effettuata successivamente alla proclamazione dell’elezione del sindaco al termine del primo o del secondo turno”, il che va interpretato non solo nel letterale senso che le operazioni di assegnazione dei seggi vanno effettuate dopo il primo o secondo turno, ma soprattutto nel senso, implicitamente affermato dalla norma, che ciò che rileva per l’attribuzione dei seggi nel consiglio comunale, è che la suddivisione dei seggi spettanti alle liste va effettuato in base ai risultati elettorali conseguiti nel momento effettivo in cui l’attribuzione è disposta, quindi, se dopo il turno di ballottaggio, in base ai risultati ottenuti dalle liste coalizzate in tale sede.
In altre parole, poiché dei momenti di cui tenere conto nel calcolo dei voti per l’attribuzione dei seggi il comma IV del citato art. 73 ha considerato rilevante quello in cui viene concretamente individuato il Sindaco, è a tale momento che occorre avere riguardo per effettuare l’attribuzione dei seggi in consiglio comunale ad una lista o ad un collegamento di liste se il sindaco viene individuato solo a seguito di ballottaggio; è quindi in base ai risultati in tale sede ottenuti dalle liste che deve essere effettuata la ripartizione dei seggi.
Tale interpretazione appare al Collegio essere quella più in linea con l’intento del legislatore, che ha inteso assicurare la migliore governabilità dell’ente locale attraverso il collegamento tra liste con l’evidente scopo di assicurare compagini compatte ed efficaci ed evitare, per converso, alle formazioni più deboli di rappresentare un “vulnus” al funzionamento dei corpi rappresentativi dell’ente stesso (Cons. Stato, V, 20 luglio 2001 n. 4055).
Del resto, poiché nell’attribuzione dei seggi sia alla maggioranza che alla minoranza il legislatore ha sancito che si debba aver riguardo non solo ai voti conseguiti dalle liste singole, ma anche a quelli conseguiti dai raggruppamenti delle liste, non solo nel primo turno elettorale, ma anche nel successivo turno del ballottaggio, è evidente che per la specifica rilevanza che la legge ha inteso assegnare alle coalizioni tra gruppi, sarebbe contraddittorio se ad esse coalizioni non fosse data rilevanza alcuna nella decisiva fase di riparto dei seggi a seguito di ballottaggio (Cons. Stato, sezione V, 10 novembre 2005, n. 6283; 23 novembre 1996, n. 1416; 25 maggio 1998, n. 692).
Peraltro dall’espresso riferimento al turno di elezione del Sindaco contenuto nell’art. 73, comma VIII, del D. Lgs. n. 267 del 2000 (che riproduce l’articolo 7, comma 4, della legge 25 marzo 1993, n. 81 che, utilizzava la corrispondente espressione “a ciascuna lista o a ciascun gruppo di liste collegate con i rispettivi candidati alla carica di sindaco”) la prevalente giurisprudenza ha dedotto i principi che “la ripartizione dei seggi assegnati al consiglio comunale va effettuata, con il metodo D’Hondt, dapprima tra le liste o gruppi di liste collegate allo stesso candidato Sindaco, e poi tra le liste all’interno di ogni gruppo; e non è in discussione che, nel caso di ballottaggio - in vista del quale le liste possono effettuare un nuovo collegamento tra loro oltre che con il candidato Sindaco - i seggi vadano ripartiti avendo riguardo ai nuovi collegamenti tra liste e non già a quelli del primo turno” (Consiglio Stato, Sez. V, 21 settembre 2005, n. 4936) e che la ripartizione “va effettuata tenendo inderogabilmente conto degli apparentamenti successivi al primo turno” (Consiglio di Stato, Sez. V, 9 dicembre 2008 , n. 6123), in quanto “per la specifica rilevanza che la legge ha inteso assegnare alle coalizioni tra gruppi, sarebbe contraddittorio se alle coalizioni tra gli stessi non fosse data rilevanza alcuna nella decisiva fase di riparto dei seggi a seguito di ballottaggio” (Consiglio di Stato, Sez. V, 2 marzo 2009, n. 1159; 25 maggio 1998, n. 692; 23 novembre 1996, n. 1416).
Per le considerazioni in precedenza svolte deve quindi concludersi che l’assegnazione dei seggi, in caso di ricorso al ballottaggio per l’elezione del Sindaco, debba essere operata con riferimento ai risultati in tale turno conseguiti dalle liste o gruppi di liste formatisi in vista di esso e che, anche ai fini della ripartizione dei seggi di minoranza, deve aversi riguardo ai risultati conseguiti in sede di ballottaggio; pertanto non può, ai fini della ripartizione stessa, farsi esclusivo riferimento alle cifre elettorali conseguite dalle liste o loro gruppi nel primo turno elettorale, senza tenere alcun conto dei loro collegamenti ai fini del secondo turno, rilevando i voti di lista conseguiti nel primo turno al solo fine della distribuzione dei seggi all’interno delle coalizioni“.
Così il Consiglio di Stato. Come si vede, la destra ha utilizzato a fini mediatico-elettorali un orientamento giurisprudenziale, recentemente contrastato dallo stesso Consiglio di Stato. Che dire, dunque? E’ bene che i cittadini votino tranquilli: l’anatra non è zoppa. Al momento l’animale è vivace e ha l’uso perfetto di entrambi gli arti. Se Zedda vince, si vedrà. Ma certo non sarà il comitato elettorale di Fantola a decidere la questione. Esiste pur un giudice a Cagliari e a Roma!
6 commenti
1 giorgio farci
18 Maggio 2011 - 21:13
A prescindere dalla sentenza, sarebbe sufficiente la semplice legge elettorale
“Come si elegge il consiglio comunale nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti
(art. 73, Decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267)”
allora ricapitolando, nello specifico cosa dice la legge elettorale:
Qualora un candidato alla carica di sindaco sia proclamato eletto al secondo turno, alla lista o al gruppo di liste ad esso collegate che non abbiano già conseguito almeno il 60% dei seggi del consiglio, viene assegnato il 60% dei seggi, sempre che nessuna altra lista o altro gruppo di liste collegate al primo turno abbia già superato nel turno medesimo il 50% dei VOTI VALIDI.
Allora i voti si possono esprimere anche solo per un sindaco ma non per una lista, questo voto quindi è un voto VALIDO, ma non è conteggiato in una lista.
A cagliari i voti validi sono 93622.
Fantola nella sua coalizione ne ha raccolto complessivamente 45287
quindi: 45287/93622*1000 = 48,372%
è evidente che la coalizione di fantola non ha superato il 50%, e quindi il 60% dei seggi e a disposizione di chi vincerà il ballottaggio
2 Stefano
18 Maggio 2011 - 22:20
Professore, premetto di essere ignorante di questioni di diritto amministrativo quindi Le chiedo scusa in anticipo delle imprecisioni su termini e concetti. Mi permetto di scriverle perché questo tema rischia di condizionare negativamente la campagna elettorale del centrosinistra in vista del ballottaggio, e penso che stia a cuore anche a lei un risultato positivo di Massimo Zedda. E allora è giusto che si possa rispondere con motivazioni valide alle subdole insinuazioni del centrodestra e lei può dare un validissimo aiuto alla causa.
La sentenza che lei ci propone ha presupposti di fatto diversi dal “caso Cagliari”: il caso preso in esame dal C.D.S. riguarda il ricorso di un candidato sindaco che, escluso dal ballottaggio ma avendo raggiunto il 3% al primo turno, si vede comunque escluso dal riparto dei seggi dopo il secondo turno; nel nostro caso il problema è che il centrodestra interpreta i “voti validi”, citati nel comma X dell’art. 73 del D. Lgs. n. 267 del 2000, come la somma dei voti complessivi ottenuti dalle liste e non, come a mio avviso sarebbe più corretto, come il totale dei voti validamente espressi per i candidati sindaco. Una sentenza in tutto aderente alla situazione nella quale ci troviamo, e che avrà già avuto occasione di vedere, è reperibile a questo indirizzo: http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Consiglio%20di%20Stato/Sezione%205/2009/200909672/Provvedimenti/201003022_11.XML
Il dubbio che abbiamo, io ed altri, è su quale effetto possa avere una sentenza del C.D.S. nei confronti di casi simili a quelli giudicati. In definitiva il dubbio è se chi sarà chiamato ad attribuire i seggi debba tenere conto, e in quale misura, di simili pronunciamenti.
La ringrazio dello spazio in attesa di una Sua preziosa risposta.
3 admin
18 Maggio 2011 - 22:50
Da Andrea Pubusa a Giorgio e a Stefano
I vostri commenti sono degli utili contributi a conferma del fatto che l’anatra non è zoppa. Per farle perdere l’uso di un arto prezioso bisogna contrastare quanto da voi segnalato. In particolare la decisione sul caso Alba, che è identico al nostro.
Tuttavia, è bene ricondurrre la campagna elettorale sul piano strettamente politico, dove la destra presenta risultati disastrosi ed è in evidente affanno. In questa situazione spostare il tiro sulla “giurisprudenza” potrebbe fare il gioco della contropartee, benché sia corretto e necessario mettere in chiaro che sulla questione della ripartixione dei deggi molti argomenti e precedenti militano contro la tesi enunciata a fini meditico-propagandistici dai sostenitori di Fantola.
,
4 Maurizio
18 Maggio 2011 - 22:53
Buonasera professore,
è chiaro che la sentenza da lei riportata dimostra che è troppo presto per fare previsioni e per dichiarare quale sarà la maggioranza in consiglio. Non volendo entrare sulla questione politica ma solo su quella giuridica, ritengo che il suo intervento sia stato prezioso e necessario, perchè spesso l’interpretazione delle sentenze e più in generale dei meccanismi giuridici, politici e nello specifico elettorali risultano difficili e spesso incomprensibili ai più. Riuscire a riassumere in poche parole il concetto della sentenza è un arduo compito e credo che lei dall’alto delle sue conoscenze meglio di chiunque altro possa svolgerlo. Io dal basso delle mie, in qualità di ex studente della facoltà di giurisprudenza nonchè suo ex alunno, proverò a far chiarire le idee ai conoscenti e a chiunque mi rivolga domande. I grandi cambiamenti spesso partono proprio dal basso. La ringrazio ancora per il suo contributo.
Cordiali saluti
5 michele podda
19 Maggio 2011 - 13:19
Il problema sta proprio nella distinzione tra voti al SINDACO e voti alle LISTE. Poichè sembrerebbero due risultati da considerare separatamente , allora si può effettivamente dubitare di una assegnazione del 60% dei seggi alle liste del SINDACO che ottiene il 50% +1 voto, se egli non abbia la maggioranza (benchè inferiore al 60%) ANCHE nelle liste.
Diversamente potrebbe accadere che un gruppo di liste col 30% abbinate a un Sindaco col 51% andrebbero ad avere seggi per il doppio dei loro voti; e viceversa le altre liste, collegate al Sindaco col 49%, pur avendo il 60% dei voti otterrebbero soltanto la metà dei seggi a cui avrebbero diritto.
Mi pare un po’ troppo.
Azzardo un’ipotesi: non è che il premio di maggioranza si attribuisca se c’è comunque una maggioranza anche risicata, ma inferiore al 60%? E che le liste collegate al Sindaco vincitore non hanno diritto a tale premio se non raggiungono comunque il 50%? Il buonsenso indicherebbe questa spiegazione, oppure si potrebbero avere gli stravolgimenti di cui sopra.
6 Aldo Lobina
19 Maggio 2011 - 17:21
Gentilissimo Professore, forse la legge elettorale quando si riferisce al ballottaggio crea discrepanza. Da una parte prevede la possibilità di coalizioni diverse da quelle del primo turno, dall’altra fa riferimento a una percentuale del 50% di voti ricevuti da una coalizione al primo turno per negare l’eventuale premio di maggioranza all’altra. Faccio un semplice ragionamento io che non sono giurista. Vero che il ballottaggio è considerato un nuovo momento elettorale, vero che se è possibile spostare voti da una parte all’altra questi debbano essere conteggiati; ma mi permetta: è altrettanto vero che quei nuovi apparentamenti non sono decisi dagli elettori, ma dai partiti. C’è una bella differenza. Io, elettore di un partito A, potrei non voler votare tale partito inserito in un’altra coalizione. Allora… parliamo tanto di rispetto degli elettori e poi cerchiamo ragioni capziose per legittimare sistemi che danno ai dirigenti dei partiti la possibilità di alterare il mandato ricevuto al primo turno di votazione, che è quello più nitido.
Certo l’elettore sarà libero di votare o non votare la scelta che il suo partito fa collocandosi diversamente, ma , lo spirito della legge è alterato. Nessun premio di maggioranza dovrebbe essere concesso all’eventuale vincitore del ballottaggio. Del resto, se è vero che è giusto assicurare governabilità, anche attraverso premi di maggioranza, è ben vero che ci sono situazioni in cui questo possa e debba essere giustamente negato. Altrimenti non usciamo dalla politica del saltimbanco. In certi casi andrebbe previsto per legge non un premio di maggioranza, ma un bel castigo!
Tifo anche io per Zedda a Cagliari, ma non al punto di accettare quel tipo di ragionamenti, autorevoli quanto si vuole, ma per me “all’italiana”.
Lascia un commento