La campagna acquisti di Berlusconi e le incertezze dell’opposizione

11 Maggio 2011
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Alfiero Grandi

Pubblichiamo questa analisi a tutto tondo di Alfiero Grandi sulla tante occasioni per scalzare Berlusconi e sulle debolezze della opposizione.


Tante occasioni e molte speranze andate deluse.  Basta pensare al voto alla Camera del 14 dicembre. Sembrava ormai prossima la crisi di governo e invece per un pugno di votanti che hanno cambiato fronte repentinamente Berlusconi ha conservato una risicata maggioranza. Ma pur sempre una maggioranza. Non è esatto che non cambiava la sostanza della situazione, come hanno detto alcuni autorevoli commentatori dell’opposizione. Lo stop alla crisi di governo si è rivelato rapidamente l’occasione per Berlusconi per lavorare ai fianchi FLI e ridurla ai minimi termini e per fare una campagna acquisti di parlamentari per raggiungere una maggioranza più stabile. L’immagine istituzionale data è terribile. Il mercimonio all’odg. Tuttavia resta il fatto che oggi la maggioranza parlamentare c’è. Fa schifo ma c’è. Tralasciando altri episodi arriviamo alla crisi libica.
Anche la crisi Libica era un’occasione, o almeno sembrava tale. La maggioranza era divisa su aspetti fondamentali della partecipazione italiana all’intervento internazionale in Libia. Naturalmente non si può dire che la maggioranza abbia raggiunto una posizione comune degna di questo nome. Basta sentire le due campane Pdl e Lega nei dibattiti per rendersene conto. Eppure il voto comune su uno straccio di mozione parlamentare, ambigua fin che si vuole, è stato raggiunto. Segno che la Lega per ora non ha affatto deciso di mollare Berlusconi e continua ad ingoiare rospi.
Il PDL è in uno stato terribile, attraversato da faide, contrasti. Un Ministro dà della matta ad una collega. Ora c’è attesa per l’esito delle Amministrative. Anche se ha ragione Asor Rosa non si capisce perché non ci sia attesa anche per l’esito dei referendum. Paradossalmente se si tenessero tutti i referendum (compreso il nucleare che il Governo sta cercando di togliere dal mazzo perché è in grado di fare il quorum e fa paura al Governo) e il risultato fosse positivo Berlusconi sarebbe in serissime difficoltà, non meno gravi che se perdesse Milano.

La sottovalutazione del ruolo dei referendum

E’ un mistero questa sottovalutazione del ruolo propulsivo non solo del referendum sul nucleare ma anche dei due quesiti sull’acqua e anche sul legittimo impedimento. I quesiti sono giusti, il vero problema è sempre stato vincere raggiungendo il quorum, che è la vera difficoltà dall’inizio della campagna referendaria.
Qualche anima bella lamenta che la decisione di promuovere i referendum non è stata adeguatamente socializzata tra tutte le forze dell’opposizione al momento di promuoverli. Potrebbe perfino avere ragione, resta il fatto che una decisione corale questo centro sinistra (per comodità lo chiamo così) non è in grado di prenderla, basta vedere da ultimo le divaricazioni sulla Libia. Quindi chi poteva è partito promuovendo i referendum e chi non è partito, e nessuno gli ha negato la possibilità di farlo e magari farlo meglio, non può oggi che muoversi nel campo disegnato da altri che hanno comunque almeno il merito di avere iniziato.
Per di più si tratta di temi di grande peso e quindi la valutazione politica dovrebbe essere fondata sulla comprensione del peso politico e sociale dei quesiti referendari non sull’inutile domanda: chi li ha promossi ?

I diversi soggetti della sinistra in ordine sparso

Occorre una riflessione sulle occasioni mancate. Certo Berlusconi è un elemento di corruzione politica e dei costumi e pur di restare a galla non arretra di fronte a nulla, compreso compromettere l’assetto istituzionale. Ma se questo è l’avversario - e bisognerebbe ricordarlo sempre e non dimenticarlo come qualche volta accade - è l’opposizione che deve attrezzarsi per rispondere in modo adeguato agli appuntamenti e se possibile lavorare per crearli.
Due sembrano i problemi di fondo, anche se non sono i soli.
Il primo è che ogni soggetto politico del centro sinistra sembra essere tuttora impegnato più sulla sua affermazione, sulla conquista di maggiori spazi per sé che sulla costruzione di un’iniziativa volta a creare una coalizione alternativa. Prende iniziative più o meno buone ma le prende da solo e questo solo fatto fa capire agli elettori, ai simpatizzanti che siamo ancora nella fase di preparazione, non dell’iniziativa per arrivare alla crisi del Governo e all’alternativa. Naturalmente questo discorso vale proporzionalmente in rapporto alla forza dei diversi soggetti politici.
Profilo politico per una alternativa alla destra
Il secondo è che la costruzione di una coalizione alternativa alla destra, che abbia veramente voglia di vincere, ha bisogno di un profilo politico. Meglio pochi punti chiari che 100 punti ambigui, comunque uno straccio di programma deve esserci, anche per fare le primarie, per decidere chi è dentro e chi è fuori dal perimetro della possibile coalizione. Senza trascurare che qualcuno potrebbe decidere di provare ad entrarci ponendo alcune condizioni, ovviamente da discutere con la platea più ampia degli elettori.
Bersani ha detto cose condivisibili affermando che per fare le primarie occorre decidere il perimetro della coalizione e il programma di fondo che la unisce. Il modo migliore per rispondere agli strattonamenti interni al PD di un certo peso dovrebbe essere proprio dare vita concreta a questo progetto di lavoro, diventando oggettivamente il protagonista della costruzione della coalizione. Tra l’altro Bersani è forse l’unico oggi in grado di farlo, perché chiunque altro non può che cominciare rivolgendosi al PD, per ovvie ragioni. Certo essere il protagonista dell’avvio del percorso non è la garanzia di per sé di esserlo anche alla sua conclusione. Sono infatti due piani diversi, possono coincidere oppure no, ma è un rischio da correre altrimenti si continuerà a fare prove di parata senza arrivare alla conclusione.
Senza questa svolta le crisi susseguenti del governo Berlusconi rischiano di cadere addosso non solo al paese, come ognuno può vedere, ma anche all’opposizione stessa inaridendo la pianticella di speranze faticosamente cresciuta nell’ultimo periodo.
Se il governo arriverà al 2013 sarà un problema serio per l’Italia, l’economia è imballata, ci sono prospettive di lavoro che definire modeste è essere ottimisti, arriverà una stretta terribile al bilancio dello Stato che avrà pesantissime conseguenze sullo stato sociale, anche perché gli investimenti pubblici sono già ai minimi termini. Per di più l’Ocse ora ci definisce un paese in cui la disparità sociale tra ricchi e poveri è cresciuta a dismisura, raggiungendo livelli mai visti.
Se l’opposizione non vuole autocondannarsi a ricevere la peggiore eredità possibile deve tentare ora lo show down e fino ad ora quello che è veramente mancato non è il succedersi dei rischi di crisi del governo, più o meno gravi, ma la netta determinazione comune a tutta l’opposizione a chiudere questo infausto periodo del nostro paese.

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