Gianluca Scroccu
Antonio Giolitti è stato dimenticato. Eppure è stato uno degli uomini più interessanti della sinistra italiana nel dopoguerra e fino al primo centrosinistra. E si capisce la ragione di questo oblio se si pensa all’alto livello culturale e alla forte fibra morale di Giolitti in una stagione in cui cultura e rigore morale stridono con la politica.
Giolitti univa al garbo una granitica coerenza. Lasciò il PCI dopo l’invasione sovietica dell’Ungheria, ma non divenne mai antiPCI, anzi mantenne sempre buoni rapporti con questo partito, cui riconosceva tanti meriti, non ultimo quello di aver dato un contributo fondamentale alla costruzione dell’Italia democratica. Ne è prova la sua stretta collaborazione con Riccardo Lombardi, che fu negli anni ‘60 il promotore della sinistra socialista ai tempi del primo centrodinistra. Sinistra socialista, che da posizioni autonome, manteneva un contatto col partito comunista nella CGIL con Fernando Santi e nelle associazioni della sinistra. L’idea, fortemente anticipatoria, era quella di favorire un avvicinamento all’area di gov erno del PCI, onde bilanciare la resistenza alle riforme della DC. In questo senso Lombardi e Giolitti anticiparono il compromesso storico di Moro e Berlinguer, e lo fecero puntuando su un serio programma di “riforme di struttura”, come venivano chiamate allora.
Giolitti fu dunque uomo della sinistra impegnato. anche nei momenti di più aspra divisione fra PCI e PSI, sul fronte dell’unità della sinistra, che fondava sul superamento dei motivi della scissione del 1921 a seguito del crescente distacco dei comunisti italiani da Mosca. Non a caso Giolitti nel 1985 ruppe con Craxi, che invece non vide questi processi ed anzi era poco interessato ad essi. divenendo così uno dei principali responsabili non solo della morte del PSI, ma - insieme a tanti altri - l’artefice della disfatta della sinistra italiana d’ispirazione socialista. Per questo, in polemica con Bettino Craxi e la sua politica abbandona il Psi, e si riavvicina al PCI nelle cui liste nel ‘87 è eletto senatore come indipendente. Al termine della legislatura nel 1992 si ritira dalla politica attiva.
In un tempo nel quale un orizzonte socialista è più che mai necessario per affrontare i terribili problemi della pace, del lavoro, della giustizia sociale, il pensiero e la figura di Antonio Giolitti va sicuramente rivalutata e studiata. Bene fa, dunque, Gianluca Scroccu a ricordarcelo in questo suo intervento, cui segue una scheda biografica dell’uomo politico. (a.p.)
“C’è stato un grave impoverimento culturale dei partiti e della loro funzione formativa. Colpa di un divorzio tra politica e cultura, di un rapporto che si è rotto da tutte e due le parti, nel corso degli ultimi dieci o venti anni”. È uno dei passi più significativi dell’intervento del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in occasione del convegno di Roma che nei giorni scorsi ha ricordato ad un anno dalla morte la figura di Antonio Giolitti presso la sede dell’Istituto Treccani.
Il Capo dello Stato ha chiuso con Giuliano Amato ed Eugenio Scalfari una giornata intensa e carica di significato a cui hanno partecipato studiosi e di testimoni diretti dell’impegno politico e culturale di uno dei padri nobili della sinistra italiana. Le varie relazioni hanno ricostruito in maniera articolata tutta la parabola di Giolitti, dall’impegno nell’antifascismo e nella Resistenza sino all’adesione al PCI e all’elezione alla Costituente, dove sarebbe diventato uno dei giovani parlamentari più stimati da Togliatti per la preparazione culturale e la serietà. A questo impegno politico si affiancò un lavoro assiduo presso la casa editrice Einaudi, di cui fu redattore, consulente e traduttore in una stagione che lo vide lavorare fianco a fianco con personalità come Italo Calvino e Norberto Bobbio. Parlamentare eletto sempre con grandi consensi nel collegio di Cuneo, il suo drammatico distacco dal Pci avvenne dopo i fatti del 1956 e la repressione sovietica della rivolta ungherese. Successivamente sarebbe entrato nel PSI ricoprendo per quel partito la carica di Ministro del Bilancio nei governi di centro-sinistra ispirando la politica della programmazione.
Il convegno romano ha dedicato momenti molto significativi anche ad un’altra pagina spesso sottovalutata della sua esperienza politica come quella di commissario Europeo impegnato soprattutto nella ridefinizione della politica regionale dell’Unione.
Scheda biografica di Antonio Giolitti
Nipote dello statista liberale Giovanni Giolitti, dopo la laurea in legge nel 1940 si iscrisse al Partito Comunista Italiano (PCI) allora in clandestinità. Nel 1941 fu arrestato dalla polizia con l’accusa di attività eversiva, ma venne successivamente rilasciato dal Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato per insufficienza di prove. Da quel momento in poi il suo impegno nella Resistenza antifascista divenne ancora più intenso.
Insieme a Giancarlo Pajetta fondò le brigate Garibaldi, che diedero un contributo fondamentale alla lotta antinazista del Piemonte. Gravemente ferito in battaglia nel 1944, si fece curare in Francia, tornando in Italia nell’aprile del 1945 e prendendo parte al movimento di Liberazione.
Nel 1945 fu sottosegretario agli Esteri nel governo di Ferruccio Parri. Venne quindi eletto membro dell’Assemblea costituente nel 1946 e deputato del PCI dal 1948 al 1957. Nel 1957, in seguito ai fatti di Ungheria del 1956, abbandonò il PCI per aderire al Partito Socialista Italiano (PSI), con cui fu rieletto deputato dal 1958 al 1976.
Ministro del Bilancio dal 1963 al 1964, dal 1969 al 1972 e dal 1973 al 1974 nei governi di centrosinistra organico guidati da Moro, Rumor e Colombo, Giolitti fu uno dei principali ispiratori della programmazione economica. Dal 1977 al 1985 fu anche commissario presso la Comunità economica europea, con la responsabilità della politica regionale europea.
Nel 1985, in polemica con Bettino Craxi e la sua politica di rinnovamento del partito, abbandonò il PSI, e nel 1987 ritornò ad avvicinarsi al PCI, nelle cui liste fu eletto senatore come indipendente. Al termine della legislatura nel 1992 si ritirò definitivamente dalla politica attiva.
È morto lunedì 8 febbraio 2010 all’età di 95 anni..
Oltre all’impegno politico, Giolitti ebbe anche un fecondo impegno intellettuale, iniziato con la collaborazione con la Giulio Einaudi Editore. Grazie alla sua padronanza di diverse lingue (inglese, tedesco e francese) suggerì spesso la traduzione di saggi di economia. Fu lui stesso traduttore di alcuni saggi: tra di essi il libriccino di Max Weber sulla politica come professione. Negli anni Sessanta diresse, sempre per la Einaudi, la prestigiosa Serie di Politica Economica. Intorno alla sua corrente socialista, si raccolse un gruppo di audaci intellettuali riformisti, tra i quali Giorgio Ruffolo, Gino Giugni, Luciano Cafagna, Federico Coen, Franco Archibugi, Manin Carabba e Giuliano Amato. Giolitti ha anche collaborato a numerose riviste politiche e culturali, a cominciare da Il Calendario del Popolo fino a Lettera Internazionale.
Antonio Giolitti ha scritto importanti saggi politici. nel 1992 ha pubblicato Lettere a Marta (Il Mulino), un volume autobiografico di riflessioni e ricordi personali indirizzati alla nipote Marta Craveri, che spesso lo interrogava sulle vicende storiche alle quali aveva partecipato.
Nel 2006, in occasione dell’anniversario dei fatti di Ungheria, Antonio Giolitti ha ricevuto l’omaggio del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il quale, recandosi personalmente nella sua abitazione romana, ha riconosciuto che cinquant’anni prima la ragione stava dalla sua parte.
Opere
Antonio Giolitti, Riforme e rivoluzione, Einaudi, Torino, 1957.
Antonio Giolitti (a cura di), Il comunismo in Europa, Garzanti, Milano, 1960.
Antonio Giolitti, Un socialismo possibile, Einaudi, Torino, 1967.
Antonio Giolitti, Lettere a Marta. Ricordi e riflessioni, Il Mulino, Bologna, 1992.
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