”Dead” (morto), ma il pericolo viene dal Pakistan?

2 Maggio 2011
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Red

”Dead” (morto): cosi’, con il titolo a tutta pagina che accompagna la sua fotografia, l’America ha annunciato la notizia della morte di Osama Bin Laden. Ed e’ stata festa spontanea, da Washington a New York. Dal New York Times al Washington Post, dalla Abc alla Cnn, tutti i media, grandi e piccoli, hanno proposto edizioni straordinarie, mentre tanto davanti alla Casa Bianca a Washington, quanto a Times Square a New York, una folla via via sempre piu’ grande ha festeggiato la notizia data da Obama a mezzanotte, scandendo ”U-S-A” e sventolando bandiere americane.
Che dire su questa uccisione? Veniamo da una settimana di eventi mediatici, volti più a nascondere debolezze che a manifestare situazioni di forza. E questa notizia s’inqudra in questo contesto. Non c’è neppure la prova che Bin Laden sia il “grande vecchio” dell’11 settembre. Molte inchieste, ben documentate, hanno fatto emergere circostanze inquietanti, ancora non chiarite che più che in Pakistan portano agli stessi States. Ma se anche Osama fosse la mente dell’attacco alle due torri, forse la sua morte non modificherebbe granché la prospettiva. E’ vero che la soggettività dei protagonisti ha un grande peso nella storia e nelle vicende umane. Ma, a parte rari casi, la scomparsa di un leader, se l’organizzazione è forte è radicata, ne fa semplicemente nascere altri. Quindi, delle due l’una: o Al Qaeda è poco più che un’invenzione mediatica (il nemico di turno, l’uomo nero del momento) ed allora poco o nulla cambia l’uccisione di Osama, oppure è davvero un’organizzazione forte e radicata ed allora avrà una dirigenza che saprà dotarsi di un nuovo leader.
Il problema nella lotta ad Al Qaeda è il solito: togliere l’acqua su cui nuotano i suoi seguaci e su cui si alimentano le idee che li muovono. Dai discorsi di Bin Laden è emersa sempre una fiera rivendicazione di indipendenza, culturale, economica e politica, del mondo islamico. Un attacco all’imperialismo occidentale. Ed è un problema che certamente esiste per l’Occidente, non da oggi proteso ad occidentalizzare tutto e ad accapparrarsi le risorse altrui.  Tutto questo pone la necessità di politiche coraggiose e non fittizie di apertura e di rispetto e di pari dignità. Obama all’inizio del suo mandato ci ha provato, rivolgendosi direttamente agli arabi e all’Africa. Il mondo arabo forse lo ha preso sul serio ed è in rivolta alla ricerca della democrazia, che anzitutto è indipendenza, pari dignità con gli altri Stati. Su questi temi si battono gli estremismi, che in fondo, altro non sono, che la risposta e il contrappeso agli estremismi altrui. Da questo punto di vista il Bin Laden da sconfiggere non è morto in Pakistan; si annida dentro le Cancellerie occidentali, nelle loro politiche neocoloniali.

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