Red
Che paese strano il nostro! I precari son precari e gli imprenditori son soli. E così nello stesso giorno i primi scendono in piazza e i secondi si mobilitano.
I precari sono tanti. Dai ricercatori ai cervelli in fuga, dai giovani laureati in cerca disperata di occupazione stabile ai vincitori di concorso mai assunti, ai giornalisti che ogni giorno, da invisibili, raccontano l’Italia. L’esercito dei precari italiani (la Cgia di Mestre ne conta quasi 4 milioni, in aumento del 4% negli ultimi due anni) e’ sceso ieri in piazza in tutto il Paese per far sentire la sua voce e per rivendicare il futuro di una generazione a cui ogni prospettiva di vita viene interdetta dall’assenza di stabilita’ e tutele.
Dietro gli striscioni con lo slogan ‘il nostro tempo e’ adesso, la vita non aspetta’, migliaia di ragazzi hanno sfilato a Roma, a Napoli, Palermo, Milano, Torino, Firenze e nelle altre grandi citta’ italiane. In cortei vivaci e colorati, dove non si sono registrati disordini (tranne qualcuno a Padova causato dai no global) ma tanti flash mob piu’ o meno improvvisati, i lavoratori precari e gli studenti universitari hanno gridato tutto il loro malessere e reclamato i loro diritti. ”Sono laureato con 110 e lode e ho fame”, recitavano i cartelli di Vicenza, mentre decine di ricercatori travestiti da anziani lamentavano per le vie di Roma che ”quando saremo assunti saremo gia’ dei vecchi”.
”Il tema del precariato e’ il tema del futuro del nostro Paese. Non si puo’ immaginare che ci sia un futuro se ci sono intere generazioni che pensano che questo Paese non li vuole e non gli da’ nessuna prospettiva”, ha sottolineato il segretario della Cgil, Susanna Camusso, che ha animato il corteo della capitale. Il sindacato di Corso Italia e’ l’unico tra le organizzazioni dei lavoratori ad essersi schierato a fianco del comitato promotore, insieme a Pd, Idv e Sel.
Al corteo di Roma ha partecipato anche Nichi Vendola: ”Sono venuto qui per respirare aria pulita in un Paese in cui dalle classi dirigenti si promana cattivo odore. Avere 4 milioni di precari in Italia - ha osservato - significa che quasi in ogni famiglia c’e’ un inquilino scomodo, un essere umano in lista d’attesa, nelle sabbie mobili”. ”Meta’ della gente che e’ a casa adesso o in cassa integrazione o licenziata, erano quelli considerati garantiti. Oggi i padri e i figli, quelli che lavorano, sono tutti nei guai”, ha commentato il segretario del Pd, Pierluigi Bersani.
Che strano Paese è l’Italia, l’unico a contrastare la protesta e’ il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, che invece dovrebbe sostenerli. Secondo il ministro i precari vivono felici e contenti: a scendere in piazza - dice - ”non sono i precari, sono solo alcune associazioni: anzi la Cgil e’ l’unica organizzazione che appoggia”. Ma i dati gli danno torto. La crisi economica si e’ abbattuta sul mondo del lavoro colpendo innanzitutto proprio i giovani, denuncia la Confartigianato. Negli ultimi due anni la riduzione del numero degli occupati sotto i 35 anni e’ stata di quasi un milione (934.600 unita’ in meno tra il III trimestre 2008 e il III trimestre 2010) con una flessione, calcola la confederazione degli artigiani, del 13,1%.
Che strano Paese è l’Italia! Se per i precari “Il nostro tempo e’ adesso”, per la Confindustria gli imprenditori “Sono solo di fronte alla crisi”.
Soli di fronte alla crisi e abbandonati dalla politica, gli imprenditori devono mobilitarsi ed agire in prima persona per dare quelle risposte che, in un Paese “troppo diviso”, sono finora mancate. Il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, chiama a raccolta il mondo delle imprese, “ogni singolo imprenditore ed ogni singola associazione”, per mettere a punto un’agenda di priorità che rimetta in carreggiata il Paese. In un videomessaggio sul sito internet dell’associazione, il portavoce degli industriali parla di “momento straordinario”, caratterizzato da infinite difficoltà, di fronte al quale serve “un’iniziativa eccezionale”. L’occasione saranno le Assise generali di Bergamo in calendario il 6 e 7 maggio, momento di riflessione ma anche di elaborazione di un nuovo piano di azione.
“Il momento è drammatico, ma non non vogliamo abbandonare la speranza, lasciare il campo, perdere lo spirito di proposta e di spinta per la politica e per la società”, aveva detto giorni fa in un’intervista. E proprio ricalcando quelle frasi arriva ora il messaggio via web: “mai come in questi momenti gli imprenditori si sentono soli - scandisce la Marcegaglia - In un paese che stenta sempre di più a crescere, di fronte a nuove ondate di sconvolgimenti internazionali che mutano le fondamenta di Paesi a noi vicini come il Nord Africa e il Medio Oriente, mentre l’Europa si divide sul rigore tra pochi paesi forti e molti a rischio, quando la lotta per la competitività sui mercati mondiali che diventa sempre più aspra, con prezzi delle materie prime sempre più instabili, gli imprenditori si sentono soli di fronte a tante difficoltà”. L’urgenza è tale da rendere però inutile ora “scaricare le colpe” su altri. Ognuno deve rimboccarsi le maniche, mettere a punto proposte sui temi dell’impresa che sono quelli di tutto il Paese: le relazioni industriali, la produttività della scuola, il welfare, le infrastrutture, il fisco, il Mezzogiorno, la ricerca e innovazione. Ma soprattutto ogni imprenditore deve puntare a “dare l’esempio”.
“L’Italia di oggi è un Paese diviso - denuncia Marcegaglia - e dal mondo delle imprese deve venire un esempio per tutti. Dobbiamo far capire che si può convergere su poche scelte chiare, su priorità condivise per ridare all’impresa la capacità di crescere, di creare lavoro, coesione sociale e proiezione nel mondo”. Le Assise saranno dunque l’occasione per “far sentire forte la nostra voce per dare messaggio chiaro al Paese sulle cose da fare”. “Il caldo invito che vi rivolgo - insiste la presidente chiudendo il suo intervento - è che partecipiate tutti con forza e determinazione a questa grande occasione di libertà. E’ una grande opportunità per decidere l’Italia che vogliamo. Uniamo esperienze, passioni, voci e intelligenze. Non è il momento di scaricare sugli altri le colpe”.
Insomma, nella crisi non solo i precari son precari, ma anche gli imprenditori. E Montezemolo vuole il voto degli uni e degli altri. Berlusconi è avvisato. Ed anche noi: la destra vuol succedere a se stessa.
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