L’unico nucleare sicuro è quello che non c’è

7 Aprile 2011
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Alfiero Grandi - del Comitato nazionale VOTA SI’ PER FERMARE IL NUCLEARE

La tragedia del Giappone ha imposto a tutti un ripensamento sul nucleare. Naturalmente il gattopardo è sempre all’opera. Non è solo l’ottusità di alcuni Ministri italiani che li ha spinti a fare dichiarazioni improvvide, poi rettificate di fronte all’evidente emozione e agli interrogativi maturati nell’opinione pubblica italiana e mondiale.
Non c’è da fidarsi del Governo italiano, un misto di pasticcioni e di affaristi legati alla lobby nuclearista. La sospensione per un anno delle decisioni operative sul nucleare non vuol dire nulla, è solo la conferma che la speranza del Governo è che nel frattempo cambi il clima nell’opinione pubblica per tentare di riprendere il cammino nucleare italiano.
L’unico nucleare sicuro è quello che non c’è.
L’unico modo per costringere il Governo a chiudere per sempre con il nucleare è vincere il referendum abrogativo che si svolgerà nel prossimo giugno, sia realizzando il quorum, sia ottenendo la maggioranza dei SI all’abrogazione della legge 99/2009 che è la base per il ritorno al nucleare in Italia.
La tragedia del Giappone pone diversi problemi di fondo.
Anzitutto occorre una riflessione sulle cosiddette catastrofi naturali. I terremoti e lo tsunami sono certamente fenomeni naturali drammatici da cui non è facile difendersi. Anche se il Giappone ha sviluppato nei decenni scorsi una sensibilità sulle iniziative necessarie per contenere fenomeni naturali incontrollabili, la costruzione delle centrali nucleari è una scelta poltica ed economica che ha esposto l’ambiente e le popolazioni ai colpi dei fenomeni naturali.
Terribile fenomeno naturale è lo tsunami, non la costruzione delle centrali nucleari che invece è una terribile imprudenza umana. Proprio lo tsunami in Giappone ha reso chiara questa distinzione.
Il nucleare non è un’industria energetica che offre una ragionevole sicurezza. Gli incidenti gravi come quello del Giappone comprensibilmente colpiscono di più l’opinione pubblica e del resto è più difficile nasconderli come si è fatto tante volte per quelli meno gravi.
In realtà il nucleare non è sicuro per l’ambiente e la salute non solo quando avvengono incidenti gravi, ma anche quando c’è lo stillicidio di centinaia di incidenti minori, per fortuna non sempre con rilascio di radioattività. Non è sicuro neppure durante il funzionamento normale perché un recente studio tedesco, confermando precedenti indagini, ha accertato che i bambini che abitano vicino alle centrali, ad esempio, sono colpiti dalla leucemia 2,2 volte di più.
Dopo un mare di chiacchiere, spesso strumentali, sul rapporto tra le generazioni, costruendo il nucleare quelle oggi viventi lascierebbero a quelle future in eredità per periodi linghissimi centrali dismesse contaminate e scorie radioattive.
Non è vero che il nucleare è conveniente. Premesso che anche l’uranio è disponibile in quantità limitate come le energie fossili e che l’aumento del consumo ne farebbe diminuire le riserve disponibili, occorre fare bene i conti. Costruire una centrale ex novo, con i possibili sistemi di relativa sicurezza, vuol dire fare un investimento che nessun privato al mondo è disponibile a sostenere senza un intervento pubblico di sostegno, come dimostra anche l’esempio americano. Per esempio una centrale Epr costerebbe almeno 8 miliardi di euro e l’energia elettrica prodotta solo per questo costerebbe più di quella prodotta oggi. Non a caso il Canada, nuclearista, ha rifiutato di costruire 2 centrali EPR perché troppo costose.
Alla costruzione delle centrali nucleari vanno aggiunti altri costi che di solito non vengono calcolati perché messi a carico della collettività come il decomissioning e la gestione delle scorie radioattive, parte delle quali restano attive per centinaia di migliaia di anni. Se venissero calcolati tutti i costi veri il prezzo dell’energia elettrica prodotta con il nucleare sarebbe più alto delle fonti tradizionali e di molte di quelle rinnovabili. Il nucleare inoltre comporta enormi investimenti concentrati, un giro di affari impressionante e ovviamente pericoloso per ovvie ragioni.
Va aggiunto che il nucleare è una tecnologia tuttaltro che innovativa e che riguarda solo la produzione di energia elettrica, che è poco più del 20% dell’energia consumata in Italia. In realtà il risparmio energetico da solo ha ampi margini e consentirebbe di ridurre in modo rilevante il consumo attuale di energia e di non utilizzare intere centrali. Inoltre le fonti rinnovabili sono in parte già oggi convenienti, come l’eolico o il più tradizionale idroelettrico, mentre altre lo saranno entro alcuni anni, come il fotovoltaico.
Quindi la crisi del nucleare pone inevitabilmente il problema di costruire un’alternativa qui ed ora. Dopo il referendum del 1987 fu fatto l’errore di non dare attuazione ad una linea energetica alternativa credibile e questo ha lasciato spazio al rilancio del nucleare. Ora occorre non fare lo stesso errore perchè occorre dare ai cittadini un’alternativa al nucleare.
Da un lato i cambiamenti climatici ci devono spingere ad iniziative coraggiose, dall’altro c’è l’esigenza di non ricorrere a fonti pericolose come il nucleare. Questo ci obbliga a costruire finalmente una politica energetica alternativa che, gradualmente, superi l’uso delle fonti fossili. La Germania si sta dando obiettivi ambiziosi, come ad esempio usare fino al 90 % di fonti rinnovabili nel 2050. In questo quadro ci sono prospettive importanti di ricerca, di investimenti innovativi, di occupazione, realizzabili con l’impiego di meno risorse e maggiori risultati.
Il nucleare ci impone un cambio di passo, un’alternativa energetica, che dovrebbe essere il primo punto di un’alternativa politica ed economica e il referendum ha il merito di contribuire a invocarla.
In realtà il nucleare, le scelte che comporta, spinge a proporre un diverso modello di sviluppo. Che è il problema in campo dopo la crisi finanziaria.

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