Rosamaria Maggio - Cidi Cagliari
Pubblichiamo questo interessante contributo di Rosamaria Maggio -Presidente CIDI di Cagliari all’Incontro con la Commissione parlamentare Bicamerale per l’Infanzia e l’Adolescenza, promosso dall’on. Amalia Schirru il 29 marzo 2011.
La Commissione Bicamerale per Infanzia e l’Adolescenza deve avere a riferimento anche il mondo della scuola. Così non è: in questo incontro sono l’unica che la rappresenta (peraltro attraverso l’associazione di cui sono responsabile).
La conseguenza di questo approccio fa sì che il mondo dell’infanzia e dell’adolescenza sia spesso rappresentato, anche legittimamente, dai soggetti coinvolti con il suo carico di problematicità, facendo riferimento a situazioni di disagio, di marginalità preferendo un approccio o preventivo o successivo atto a risolvere situazioni di oggettiva difficoltà.
Spesso quindi si tratta di interventi “medicali”, curativi.
Non si può negare la complessità del mondo dell’infanzia e dell’adolescenza, ma è tale per sua natura oltre che per i cambiamenti intervenuti in questi ultimi decenni.
La crisi della famiglia tradizionale, le modifiche intervenute in quel modello educativo (separazioni-figli unici-madri che lavorano), la presenza bambini/adolescenti migranti hanno modificato la popolazione scolastica e ne ha cambiato la composizione e le problematiche.
Né vanno trascurati i cambiamenti che riguardano le forme di conoscenza dei bambini e dei ragazzi anche per effetto dei linguaggi digitali.
Questi aspetti dovrebbero invitare la Commissione a tener conto del pianeta scuola, un luogo sensibile per sua natura ad individuare questi cambiamenti, spesso in difficoltà nell’affrontare e risolvere i problemi.
Occorre chiedersi se la situazione delle politiche sociali a sostegno della famiglia ovvero la presenza dei servizi educativi sul territorio nazionale per l’infanzia da 0 a 6 anni sia sufficiente e potenziarne la presenza. Si rammenta, ad esempio, che l’asilo nido è poco diffuso (frequentato da circa il 10% dei bambini da 0 a 3 anni) con forti differenze sul territorio nazionale, spesso condizionato nei suoi orientamenti pedagogici. E’ un servizio a domanda individuale gestito dagli enti territoriali e da privati, che incide fortemente sul bilancio familiare.
In Sardegna la situazione è ancora più penalizzante. Nel 2005 gli asili nido riuscivano a raggiungere il 3,8 % del fabbisogno contro il 16% dell’Emilia Romagna.
Nel 2009 la media nazionale si è attestata sul 13,8% , lontana dagli obiettivi dell’Europa per il 2010 che auspicava che un bambino su tre frequentasse un asilo nido.
Non è inutile sottolineare che i bambini che hanno frequentato l’asilo nido sono in grado di dare risultati migliori in matematica ed italiano come emerge da una ricerca promossa dalla Fondazione Agnelli; la frequenza degli asili nido rappresenta quindi la prima forma di prevenzione contro la dispersione e l’insuccesso scolastico.
Quanto alla scuola dell’infanzia essa rappresenta il primo grado dell’istruzione.
Sul territorio nazionale è cresciuta fino a raggiungere il 97% della potenziale utenza, anche se le sue caratteristiche, la qualità, i modelli didattici sono assai differenti da territorio a territorio e da gestore a gestore.
Sarebbe quindi necessaria una politica educativa che sia rivolta ai bambini da 0 a 6 anni attraverso un serio riassetto dei servizi educativi.
Quanto poi agli altri gradi dell’istruzione, si sottolinea l’esigenza di ancorare le politiche sociali ai temi dell’età dell’adolescenza, che vive una stagione di oggettiva difficoltà.
In questa età non vanno trascurati i temi della multi/interculturalità, del disagio, dei diversamente abili che non trovano risposte nelle politiche scolastiche.
Sono venuti meno o sono fortemente ridotti supporti quali il sostegno, il tempo pieno, la cooperazione; è aumentato il numero degli studenti per classe.
La scuola può essere luogo di accoglienza, di integrazione e di apprendimento se debitamente sostenuta.
I nostri bambini ed i nostri ragazzi possono imparare a diventare cittadini se sostenuti in questa impresa.
Il sostegno alle diversità e al disagio, pure necessario, va fatto accompagnando la scuola, che però deve essere messa in grado di svolgere il suo ruolo.
Dagli interventi delle associazioni e cooperative del terzo settore è emerso che nel nostro territorio vi sono competenze altamente specialistiche nei vari settori del disagio, delle disabilità, delle devianze con punte di eccellenza e di buone pratiche dovute anche alla importante legge della Regione Sardegna n. 162/98.
Non va dimenticato però che i nostri ragazzi, quelli in situazione di regolarità e non, trascorrono tanta parte della loro giornata a scuola.
Occorre quindi che un Piano nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, concertato con le Regioni e gli altri EELL che hanno specifiche competenze, definiti il Livelli essenziali delle prestazioni, tenga conto della possibilità di interconnettere le varie competenze e specialità degli operatori del terzo settore con tutti gli operatori della scuola, al fine di massimizzare i risultati degli interventi ed uscire da questa evidente frammentazione, discontinuità, spreco di risorse, favorendo l’incrocio di tutte le sinergie in campo.
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