La legge vieta? No problem: “adattiamola”

12 Luglio 2008
1 Commento


Andrea Pubusa

Il parere di Onida, che ha consentito a Soru di promulgare la Statutaria, introduce un novum assoluto nel panorama costituzionale: il potere del Presidente della Regione di “adattamento” delle leggi.
Andiamo con ordine. Facciamo – come si dice a scuola - l’analisi del testo? Leggiamo il parere. «La promulgazione è un atto del tutto vincolato, e deve essere omesso solo se il referendum si sia svolto validamente e abbia dato risultato sfavorevole alla legge, in quanto in questo caso il procedimento deliberativo non si è concluso in modo positivo. Si veda infatti l’art. 15, quarto comma, dello statuto, secondo il quale “la legge sottoposta a referendum non è promulgata se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi” (ove evidentemente il si presuppone che si sia svolto un referendum valido con esito sfavorevole)». Questo un punto centrale del parere che ha consentito al Presidente della Regione di promulgare. Ma è così? In realtà, basta rivoltare l’art. 15, ossia argomentare a contrario come dicono i giuristi, per capire che questo articolo in realtà stabilisce che “la legge è promulgata se è approvata dalla maggioranza dei voti validi”. Insomma, se c’è stato referendum, esso deve aver approvato il testo della legge. E perché? Perché il testo deliberato dal Consiglio non è ancora legge. Pertanto, in ogni ipotesi in cui il testo di legge sottoposto a referendum non venga approvato dal corpo elettorale non diventa legge e non ci può essere promulgazione. Quindi la legge non è promulgata anche in caso d’invalidità del referendum, che, proprio per la sua invalidità, non può approvare alcunché. Esattamente l’opposto di quanto si dice nel parere.
Avete dubbi? Leggete la formula della promulgazione. Eccola all’art. 12: “Il Consiglio regionale ha approvato; il referendum indetto… ha dato risultato favorevole; il Presidente della Regione promulga…”. Cosa vuol dire favorevole? Anzitutto favorevole a cosa? Evidentemente al testo della legge sottoposta al referendum. E se il referendum è invalido? Può dare risultato favorevole? Qui il parere rinviene un ostacolo alla promulgazione. Ma niente paura! Si tratta semplicemente di una “difficoltà pratica”, che tuttavia “può essere superata”. Come dire che ogni qualvolta la legge non consente un certo comportamento, siamo di fronte non ad un divieto, ma solo ad una difficoltà pratica che può essere saltata, superata appunto. E come? Nientemeno che “adattando la formula prescritta dall’art. 12 in coerenza con la realtà dei fatti”. Ossia facendo dire alla legge ciò che ci fa comodo. Facilissimo, basta modificare la legge! Certo, si può fare con altra legge. Berlusconi docet. Ma qui c’è un novum assoluto. Il Presidente può “adattare” da sè la legge. Secondo Onida può modificare l’art. 12 in questo modo: “il referendum indetto… è stato dichiarato non valido”. Quindi si ammette che, nel caso di referendum invalido, non si può dire ch’esso “ha dato risultato favorevole”, come prescrive la legge perché si possa promulgare. All’inizio del parere si è detto che l’attività del Presidente è vincolata e meramente esecutiva della legge ed ora gli si consiglia addirittura non semplicemente di interpretare la legge, ma perfino di “adattarla”, cioè di modificarla, sostituendosi al Consiglio regionale! Insomma, un bel salto logico ad anche un salto indietro nel tempo, quando il principe era legibus solutus e con la sua volontà poteva modificare la legge, adattandola, caso per caso, al suo volere. Certo a tutto avremmo pensato. Ma alla previsione di un potere legislativo in capo al Presidente mai. E ancor meno avremmo immaginato che la fonte di questo stravagante ampliamento dei poteri presidenziali potesse essere un parere, per quanto con firma autorevole! Insomma, un Presidente-legislatore non per Statuto ma per parere! E Soru ha esercitato il potere in pieno, togliendo addirittura dalla formula prescritta dall’art. 12 il riferimento al referendum. Non ditelo a Berlusconi, che sennò il Presidente del Consiglio dei Ministri, quando incontra una “difficoltà pratica” nella legge, anziché modificarla in Parlamento come solitamente fà, chiede un parere a Ghedini o a Pecorella e la “adatta”.

1 commento

  • 1 Benedetto Ballero
    12 Luglio 2008 - 19:39

    Il (già) presidente della Corte Costituzionale Onida ha dato un parere che, ne sono certo, non amerà che venga diffuso nella comunità dei costituzionalisti.
    Anche egli infatti, come tutti gli assertori della “doverosità” della promulgazione della legge statutaria, per arrivare al risultato voluto ha abilmente sovrapposto i principi di un istituto (referenduma abrogativo), su quelli di un altro (referendum approvativo).
    E non è un caso che i propugnatori della promulgazione, per sostenere la loro tesi, modifichino pure la definizione tradizionale dell’istituto, trasformandola da referendum costitutivo-approvativo, in referendum oppositivo-sospensivo.
    Si dimentica però che nel referendum costituzionale (oltre che in quello su statuti regionali e leggi statutarie) la richiesta di referendum è uno strumento attribuito dal Costituente alle minoranze parlamentari - che nessun potere hanno invece nel referendum abrogativo- con il quale poter costringere la maggioranza che vuole la riforma, a dimostrare, prima che il testo votato in Assemblea possa diventare legge, che su di esso vi è anche il consenso dei cittadini.
    Il voto maggioritario dei cittadini, infatti, come ricorda uno dei Padri Costituienti,Costantino Mortati, costituisce il momento perfezionativo dell’atto complesso.
    Senza voto popolare il testo votato dal Parlamento ( o dal Consiglio Regionale), che ancora non è legge, non si perfeziona e non può mai divenire un atto legislativo.
    La differenza con il referendum abrogativo, indetto per abrogare una legge già in vigore, sta nel fatto che invece il referendum costituzionale/statutario è indetto per dimostrare che anche i cittadini condividono il voto dato dai loro rappresentanti.
    L’astensione non può quindi avere il significato che ha nel referendun abrogativo.
    Solo un referendum valido,perciò, quale che sia il numero dei votanti, e con la prevalenza dei SI, può consentire la promulgazione della legge.
    Non può consentirla invece un referendum non valido che rende mancante quel voto popolare che è essenziale per il perfezionamento dell’atto.
    A conferma di ciò va ricordato che l’istituto del referndum approvativo, proprio per queste sue caratteristiche, non consente che venga fissato un quorum.
    Se pertanto si considerasse vigente in Sardegna, come ha fatto la Corte d’Appello di Cagliari, la presenza del quorum, questa è di certo costituzionalmente illegitttima, come del resto la stessa Corte d’Appello ha già ritenuto.
    Nè la legge attuativa dell’art. 138 della Costituzione, nè le leggi delle 14 Regioni che hanno legiferato in materia hanno previsto un quorum.

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