Un conflitto per il petrolio

27 Marzo 2011
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Valentino Parlato - Il Manifesto

In questi giorni il sito del nostro manifesto è inondato di lettere, messaggi, interventi dei nostri lettori. E’ certamente un buon segno: siamo una comunità viva, che non vuole stare da parte, tranquilla e rassegnata. Ciascun messaggio ha un suo proprio valore e dovremmo passare – come ancora oggi – da una risposta generale, generica a precise risposte ai singoli messaggi.
In questi giorni la questione che sollecita più lettere è l’intervento militare in Libia, con il rischio (sul quale ho le mie responsabilità) di dividersi tra gheddafiani e no. Io penso che dovremmo interessarci a Gheddafi, alla sua parabola, ai suoi propositi, ma, oggi, soprattutto stare attenti alla guerra, nella quale anche il nostro paese è coinvolto. Penso che noi del manifesto conserviamo ancora la massima che ribellarsi è giusto. E, pertanto dobbiamo dare molta attenzione alla ribellione dei giovani libici, che ha fatto e fa sperare in una «primavera araba». Però con realismo: in Egitto è stata approvata una costituzione che non corrisponde affatto alla ribellione dei giovani egiziani. In Tunisia c’è ancora confusione. In entrambi i paesi la ribellione non è diventata rivoluzione. In Libia la storia appare ancora più complicata e, a peggiorare la situazione, c’è stato l’intervento militare della Francia, dell’Inghilterra e (non tanto convinta) degli Usa. Contro: la Germania, la Russia, l’India, la Cina, il Brasile. Dobbiamo chiederci: questo intervento militare aiuta o danneggia i ribelli? E non ha finalità molto diverse da quella del sostegno dei ribelli? E’ inevitabile pronunciare la parola petrolio. E vien ancora da chiedersi. Non sarebbe stato più utile un intervento diplomatico? E ancora: questo intervento militare di potenze straniere non indebolisce la posizione dei ribelli?
Avanzati tutti questi interrogativi a me viene da dire che la guerra è sempre mortale e dannosa e – nel caso libico – rafforzerebbe le ragioni repressive di Gheddafi. Discutiamone ancora.
Un’altra questione sulla quale non posso non intervenire è sull’interrogativo posto da alcuni su il manifesto quotidiano comunista. Dico subito che all’interno del nostro collettivo non c’è ancora nessuno che voglia togliere quella scrittarella, che figura in testa alla nostra prima pagina. Ma qualche lettore ci dice: ma meritate ancora quella definizione? Rispondo che cerchiamo, con sforzo, di meritarla. L’idea del comunismo non è ancora tramontata. Anzi può diventare più attuale.

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