Nucleare. La prudenza del governo? Fumo negli occhi

19 Marzo 2011
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Luca Fazio

Il governo tira il freno a mano sul nucleare. Incalzato dal disastro giapponese e da un dibattito sempre piu’ acceso, l’esecutivo affida al ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, cui fanno eco le prese di posizione di Berlusconi, Bossi e, ancora di piu’, della Prestigiacomo (”e’ finita, bisogna uscirne”), il compito di togliere il piede dall’acceleratore dell’atomo. Romani ha scelto un contesto energetico, l’inaugurazione del cavo sottomarino Lazio-Sardegna di Terna, per giocare la carta della prudenza: ”Quello che e’ successo in Giappone, un momento di riflessione lo deve dare”, ha detto, invitando il ‘’sistema Paese, il governo, i tecnici a fermarsi un attimo e capire cosa sia meglio fare”.
Ma sono credibili queste ritrattazioni? Ecco la risposta al quesito in questa interessante intervista di
Luca Fazio ad Alfiero Grandi, apparsa  su Il Manifesto di ieri. Grandi è
 uno dei portavoce del “Comitato Vota Sì per fermare il nucleare”.

- Il governo dispensa un briciolo di ragionevolezza solo per disinnescare il referendum di giugno?
- All’inizio di questo disastro giapponese i ministri si sono distinti per dichiarazioni grottesche, in tutto il mondo solo loro hanno sottovalutato quello che stava succedendo, purtroppo anche un uomo di scienza come Umberto Veronesi. Per lui vale la battuta di Giorgio Nebbia: sarà un bravissimo oncologo ma non capisce niente di nucleare. Il loro è un ripensamento tattico ma è troppo tardi perché ormai quello che sta accadendo è inaudito, stanno solo cercando di prendere tempo per poi tornare alla carica. Ma questa tragedia lascerà sicuramente un segno nell’opinione pubblica e credo che il raggiungimento del quorum oggi sia a portata di mano. Ecco il motivo del «ripensamento»: per questo governo il ritorno al nucleare non era solo un bluff, non faceva parte delle promesse elettorali mai mantenute, spingeva in questa direzione una lobby nuclearista che va dall’Enel alla Confindustria. Inoltre, il governo Berlusconi, preso com’è dalla foga revisionista, cova anche una logica di rivalsa ideologica nei confronti dei referendum.

- In altre occasioni l’opinione pubblica ha dimostrato di sapersi abituare al peggio, non teme le insidie di questa linea ipocrita del governo che vuole raffreddare il dibattito?
- Non mi fido di loro nemmeno se parlassero di sospensione del programma nucleare. Hanno una strada sola davanti: devono abrogare la legge 99/2009 sul ritorno al nucleare e i decreti attuattivi, altrimenti noi non molleremo la presa. Il loro tentativo di gettare fumo negli occhi è evidente, ma questo governo anche quando dice cose ragionevoli è totalmente inaffidabile come interlocutore. Quindi dobbiamo andare a votare il referendum, è l’unico modo sicuro per liberarsi di quella legge.

- Berlusconi adesso dice che bisogna rimettersi alle decisioni della Ue. Anche lui teme il referendum?
- Berlusconi ha capito perfettamente che se si raggiunge il quorum significa che le persone prendono in mano anche le schede sul legittimo impedimento, e rischierebbe di diventare un voto sulla sua persona. Ecco perché è così prudente. Il vero nodo adesso è come penserà di uscirne, non credo proprio che il suo sia un ripensamento sincero sul nucleare, ancora una volta sta pensando ai suoi interessi, per questo forse assisteremo presto a una novità politica.

- Il centrosinistra è diventato decisamente antinuclearista. L’appoggio del partiti al referendum non rischia di innescare una battaglia di tipo ideologico, dove invece bisognerebbe avere la lucidità di rimanere sul merito della questione?
-Il problema c’è, anche perché nel cosiddetto terzo polo c’è ancora una componente filo nucleare. Ma il referendum è una cosa particolare, non possiamo certo ignorare il ruolo dei partiti, sarebbe un disastro se il Pd non si fosse pronunciato a riguardo, certo sarebbe meglio che i partiti si impegnassero a restare nel merito della questione invece che ingaggiare una disputa fra schieramenti.

- Anche perché con un tipo come Berlusconi sarebbe rischioso.
- Appunto. Ma non credo che ci sia il rischio di trasformare il referendum in un contenzioso tutto politico in senso stretto, avverto un grande rispetto nei confronti di chi in questi anni ha saputo conquistarsi sul campo i titoli per portare avanti questa battaglia che è decisiva per il futuro. L’Italia dei Valori, che ha promosso la raccolta di firme, per esempio ha chiesto al nostro comitato di illustrare il referendum durante la loro iniziativa in piazza Navona. E’ un segnale importante il fatto che un partito non rivendichi una sorta di primazia.

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